Ricorso Inammissibile in Cassazione: il Caso della Bancarotta Fraudolenta
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito i principi fondamentali che regolano l’ammissibilità dei ricorsi, dichiarando un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. Questa decisione offre spunti cruciali sull’importanza della specificità e della pertinenza dei motivi di impugnazione, specialmente in un contesto complesso come quello dei reati fallimentari. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia per comprendere perché non tutte le doglianze possono superare il vaglio della Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Un imprenditore, condannato in primo e secondo grado per bancarotta fraudolenta, decideva di presentare ricorso per Cassazione. La Corte d’Appello di L’Aquila aveva confermato la sua responsabilità penale per aver commesso reati di bancarotta patrimoniale e documentale. L’imputato, tramite il suo difensore, articolava il ricorso su tre motivi principali, contestando sia la qualificazione giuridica dei fatti relativi alla bancarotta documentale, sia la valutazione delle prove per la bancarotta patrimoniale, lamentando infine un generale vizio di motivazione della sentenza impugnata.
Perché la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Suprema Corte ha esaminato i tre motivi di ricorso, ritenendoli, per ragioni diverse ma convergenti, non meritevoli di accoglimento e, in definitiva, inammissibili. Vediamo nel dettaglio le criticità riscontrate per ciascun punto.
Il Primo Motivo: la Bancarotta Documentale
L’imputato contestava la configurazione del reato di bancarotta documentale. Sosteneva che gli fosse stata erroneamente addebitata la sottrazione della contabilità, mentre la sentenza evidenziava una consegna tardiva e incompleta della documentazione al curatore fallimentare. La Cassazione ha definito questo motivo ‘manifestamente infondato’. I giudici hanno chiarito che la fattispecie di bancarotta documentale ‘generica’ (prevista dall’art. 216, comma 1, n. 2 della legge fallimentare) non richiede necessariamente la sottrazione fisica dei documenti. Anche la consegna di una contabilità incompleta, tardiva e con palesi irregolarità, come nel caso di specie, integra pienamente il reato, in quanto ostacola la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
Il Secondo e Terzo Motivo: Genericità e Reiterazione
Per quanto riguarda la bancarotta patrimoniale e il vizio di motivazione, la Corte ha liquidato le censure come ‘aspecifiche’, ‘meramente reiterative’ e ‘generiche’. L’imputato si era limitato a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte in appello, senza confrontarsi in modo critico e puntuale con le ragioni esposte nella sentenza impugnata. Inoltre, lamentava l’omessa valutazione di non meglio precisate ‘risultanze processuali’, senza però indicarle specificamente né allegarle al ricorso. La Corte ha ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, il ricorso in Cassazione non può limitarsi a denunciare un presunto malgoverno delle regole di valutazione della prova, né può formulare critiche generiche alla motivazione senza sostenerle con argomentazioni specifiche e pertinenti.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel principio di autosufficienza e specificità del ricorso. Non è compito della Suprema Corte riesaminare il merito della vicenda o compiere una nuova valutazione delle prove. Il suo ruolo è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso, per essere ammissibile, deve individuare con precisione il vizio denunciato e dimostrare in che modo esso abbia inciso sulla decisione. Le critiche vaghe, le semplici riproposizioni di argomenti già esaminati o il tentativo di ottenere una terza valutazione del merito sono destinati a scontrarsi con una declaratoria di inammissibilità.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame è un monito fondamentale per chiunque intenda impugnare una sentenza di condanna davanti alla Corte di Cassazione. La redazione del ricorso richiede un’analisi approfondita e critica della sentenza di secondo grado, evidenziando vizi specifici di legittimità e non semplici divergenze sull’interpretazione dei fatti. La genericità e la ripetitività delle argomentazioni non solo non portano all’accoglimento del ricorso, ma ne determinano l’inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questo caso conferma che la via del ricorso in Cassazione è stretta e richiede un rigore argomentativo non eludibile.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi sono manifestamente infondati, generici, meramente ripetitivi di censure già proposte, oppure non si confrontano specificamente con la motivazione della sentenza impugnata.
La consegna tardiva e incompleta dei libri contabili costituisce reato di bancarotta documentale?
Sì, la Corte ha confermato che la fattispecie di bancarotta documentale generica si configura non solo con la sottrazione, ma anche con la consegna tardiva, incompleta e irregolare della documentazione contabile, poiché tale condotta impedisce la ricostruzione del patrimonio e degli affari dell’impresa.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove del processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di merito e non può effettuare una nuova valutazione delle prove. Il ricorso può denunciare un vizio di motivazione, ma deve farlo attraverso argomentazioni specifiche che ne dimostrino l’illogicità o la contraddittorietà, senza limitarsi a proporre una diversa lettura dei fatti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31597 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31597 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/11/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di L’Aquila ne ha confermato la condanna per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale.
Considerato che il primo motivo è manifestamente infondato, atteso che i giudici di merito hanno correttamente ritenuto la fattispecie di bancarotta documentale generica prevista nella seconda parte dell’art. 216 comma 1 n. 2) legge fall., in quanto tale era la fattispecie contesta all’imputato come reso evidente dal tenore dell’imputazione sub b) e rimanendo irrilevante la superflua contestazione dello scopo alternativo di danno o di profitto. Parimenti priva di preg è l’obiezione per cui in realtà all’imputato sarebbe stato contestato di aver sottratto la contabi posto che la sentenza ha solo precisato che la consegna della documentazione da parte dell’imputato al curatore è stata tardiva rispetto ai termini di legge e incompleta, ma ha alt evidenziato le discrasie, le irregolarità e le lacune riscontrate nella parte effettivam consegnata.
Considerato che i rilievi svolti con il secondo motivo in merito alla bancarotta patrimonia sono aspecifici e meramente reiterativi delle censure proposte con il gravame di merito. In proposito il ricorrente non si è infatti compiutamente confrontato con la motivazione dell sentenza, lamentando l’omessa considerazione di risultanze processuali solo genericamente evocate e comunque non riportate o allegate al ricorso.
Considerato che parimenti generiche sono infine le doglianze proposte con il terzo motivo, tanto più che per costante giurisprudenza non è deducibile il vizio di violazione di legge riferimento al prospettato malgoverno delle regole di valutazione della prova, mentre, quanto al vizio di motivazione, il ricorso si limita a denunciarlo, ma non sostiene tale deduzione co argomentate e specifiche argomentazioni.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/ 2024