Ricorso Inammissibile per Bancarotta: La Cassazione Mette un Punto Fermo
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 47149 del 2024 offre un’importante lezione sulla procedura penale, specificando i limiti dei ricorsi presentati dinanzi alla Suprema Corte. In questo caso, il tema centrale è il ricorso inammissibile per bancarotta, una decisione che conferma la condanna per due imputati e ribadisce il ruolo della Cassazione come giudice di legittimità, non di merito. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.
I Fatti del Processo
La vicenda processuale ha origine da una sentenza del Tribunale di Bari che aveva dichiarato due soggetti penalmente responsabili per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Uno dei due imputati era stato condannato anche per bancarotta fraudolenta documentale. Oltre alla pena detentiva, erano stati condannati al risarcimento dei danni in favore della parte civile.
Successivamente, la Corte d’Appello di Bari aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado. In particolare, aveva prosciolto uno degli imputati dall’accusa di bancarotta documentale, riducendo di conseguenza la sua pena, ma confermando nel resto la decisione del Tribunale.
Il Ricorso alla Suprema Corte
Non soddisfatti della decisione di secondo grado, gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, tentando di ottenere un annullamento della condanna. Tuttavia, il loro tentativo si è scontrato con i rigidi paletti che regolano l’accesso al giudizio di legittimità.
La Decisione: Analisi del Ricorso Inammissibile per Bancarotta
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili. Questa decisione non è entrata nel merito delle accuse, ma si è basata su una questione puramente procedurale. La Corte ha osservato che i motivi presentati dagli imputati non erano altro che una riproposizione delle stesse censure già formulate e respinte dalla Corte d’Appello.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha chiarito che un ricorso per Cassazione, per essere ammissibile, deve confrontarsi specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, evidenziando eventuali errori di diritto. Nel caso di specie, i ricorrenti si sono limitati a reiterare le loro doglianze senza contestare in modo puntuale le motivazioni con cui la Corte d’Appello le aveva rigettate.
Inoltre, il ricorso mirava a ottenere una diversa valutazione del materiale probatorio, un’attività che è preclusa alla Corte di Cassazione. La Corte, infatti, è un giudice di “legittimità”, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare i fatti come un terzo grado di giudizio. La richiesta di una nuova interpretazione delle prove è stata quindi considerata un tentativo inammissibile di trasformare il giudizio di legittimità in un giudizio di merito.
Le Conclusioni
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato conseguenze economiche dirette per i ricorrenti. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per Cassazione non è un’ulteriore opportunità per discutere i fatti, ma uno strumento per correggere errori di diritto. Chi intende adire la Suprema Corte deve formulare censure specifiche e pertinenti, pena l’inammissibilità del ricorso e le relative sanzioni pecuniarie.
Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano una mera ripetizione delle censure già formulate e respinte dalla Corte d’Appello. Inoltre, i ricorrenti chiedevano una diversa valutazione delle prove, attività non consentita alla Corte di Cassazione, che è giudice di legittimità e non di merito.
Quali sono state le conseguenze per i ricorrenti dopo la dichiarazione di inammissibilità?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Di quali reati erano stati condannati gli imputati?
Gli imputati erano stati condannati in via definitiva per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale. In primo grado, uno di loro era stato condannato anche per bancarotta fraudolenta documentale, ma è stato successivamente prosciolto da questa specifica accusa in appello.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47149 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47149 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a ALTAMURA il 29/01/1975 NOME nato a ALTAMURA il 20/04/1975
avverso la sentenza del 29/09/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Bari ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Bari del 21 luglio 2020 che aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME ed NOME per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale ed il solo NOME COGNOME anche per la condotta di bancarotta fraudolenta documentale e li aveva condannati alla pena ritenuta di giustizia, nonché al risarcimento del danno, liquidato in sentenza, in favore della parte civile; in particolare, la Corte di appello ha prosciolto NOME COGNOME dall’imputazione di bancarotta fraudolenta documentale, riducendo nei suoi confronti la pena;
che i motivi di ricorso sono inammissibili, in quanto diretti a reiterare le censure già formulate dagli imputati con i loro gravami senza tuttavia confrontarsi con gli argomenti posti dalla Corte di appello a fondamento del loro rigetto invocare una diversa valutazione del materiale istruttorio non consentita in questa sede di legittimità;
che all’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 27/11/2024.