Ricorso inammissibile bancarotta: la discrezionalità del giudice nella determinazione della pena
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema del ricorso inammissibile per bancarotta fraudolenta, mettendo in luce i limiti del sindacato di legittimità sulla determinazione della pena. La decisione sottolinea un principio fondamentale del nostro ordinamento: la graduazione della sanzione penale è un’attività che rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, a patto che sia sorretta da una motivazione congrua e logica. Analizziamo nel dettaglio la vicenda processuale e le conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di un’imputata per il reato di bancarotta fraudolenta, sia distrattiva che documentale. La sentenza, emessa a seguito di rito abbreviato dal Tribunale di Civitavecchia, era stata parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di Roma solo per quanto riguarda la pena principale e accessoria, confermando nel resto la condanna. L’imputata, non soddisfatta della decisione, proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a due specifici motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso e la Difesa
La difesa dell’imputata ha articolato il ricorso su due punti principali:
1. Violazione di legge: Si contestava il mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto all’aggravante contestata. Secondo la ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe errato nel non concedere una diminuzione di pena più consistente.
2. Vizio di motivazione: Si lamentava un’errata quantificazione della pena, ritenuta eccessiva rispetto alla reale gravità dei fatti commessi. La difesa sosteneva che la motivazione della Corte territoriale fosse carente e illogica su questo punto.
Inoltre, il difensore depositava una memoria difensiva insistendo per l’accoglimento del ricorso.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso Inammissibile per Bancarotta
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda sulla manifesta infondatezza di entrambi i motivi proposti, ritenuti non idonei a superare il vaglio di ammissibilità.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha spiegato in modo chiaro e puntuale le ragioni della sua decisione. Innanzitutto, i giudici hanno rilevato come i motivi del ricorso fossero generici e non si confrontassero realmente con il contenuto della sentenza impugnata e con la consolidata giurisprudenza della stessa Corte.
Nel dettaglio:
* Sulle attenuanti generiche: La Corte ha evidenziato che il giudice d’appello aveva correttamente motivato il diniego della prevalenza delle attenuanti, sottolineando l’assenza di elementi favorevoli concreti che la difesa avrebbe dovuto specificamente indicare. Non è sufficiente una mera richiesta, ma è necessario fornire al giudice elementi tangibili su cui fondare una valutazione positiva.
* Sulla quantificazione della pena: La Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello esaustiva. I giudici di merito avevano giustificato l’entità della pena facendo riferimento a criteri specifici, come il comportamento complessivo dell’imputata e l’ingente valore dei beni oggetto di distrazione.
La Corte ha poi ribadito un principio cardine: la graduazione della pena, inclusa la valutazione delle circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato nel rispetto dei principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole). Il controllo della Corte di Cassazione non può trasformarsi in un nuovo giudizio di merito, ma è limitato alla verifica della logicità e della coerenza della motivazione. Se la motivazione esiste e non è palesemente illogica o contraddittoria, la decisione del giudice di merito sulla pena è insindacabile in sede di legittimità.
Conclusioni
L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma che un ricorso per Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere critiche specifiche e pertinenti alla motivazione della sentenza impugnata, non potendosi limitare a riproporre genericamente le stesse questioni già discusse nei gradi di merito. In secondo luogo, ribadisce la vasta portata della discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena. Affinché la Cassazione possa intervenire, non è sufficiente che l’imputato ritenga la pena ‘eccessiva’, ma è necessario dimostrare un vero e proprio ‘vizio di motivazione’, ossia un’argomentazione assente, palesemente illogica o contraddittoria, cosa che nel caso di specie non è stata ravvisata.
Perché il ricorso dell’imputata è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché entrambi i motivi presentati (mancata prevalenza delle attenuanti e pena eccessiva) sono stati giudicati manifestamente infondati. Le argomentazioni non si confrontavano specificamente con le ragioni esposte nella sentenza della Corte d’Appello e con la giurisprudenza consolidata.
Può la Corte di Cassazione ridurre una pena considerata troppo alta?
Generalmente no. La quantificazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione può annullare la decisione sulla pena solo se la motivazione è del tutto assente, palesemente illogica o contraddittoria, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente.
Cosa deve fare la difesa per ottenere la prevalenza delle circostanze attenuanti?
La difesa non può limitarsi a una richiesta generica. Deve indicare al giudice elementi favorevoli concreti e specifici che giustifichino una riduzione della pena. La sentenza impugnata aveva infatti sottolineato proprio l’assenza di tali elementi per negare la prevalenza delle attenuanti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1387 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1387 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 06/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 24/04/1976
avverso la sentenza del 26/04/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
-Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma del 26 aprile 2023 che, nel riformare parzialmente quanto alla pena principale ed accessoria, ha nel resto confermato la pronunzia di condanna del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Civitavecchia a seguito di rito abbreviato, per il delitto di cui agli artt. 216, 219 e 223 legge n. 267/1942 (bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale).
Rilevato che in data 17 novembre 2023 è pervenuta memoria difensiva del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME il quale ulteriormente argomentando a insistito per l’accoglimento del ricorso.
-Considerato che il primo motivo di ricorso- con il quale si deduce violazione di legge per mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata aggravante – ed il secondo motivo -con il quale si lamenta vizio di motivazione in relazione alla quantificazione della pena da ritenersi eccessiva in proporzione alla gravità del fatto commesso- risultano entrambi manifestamente infondati non confrontandosi con il contenuto della sentenza impugnata e con la giurisprudenza di questa Corte.
Rilevato al riguardo che nella specie l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento alla assenza di elementi favorevoli in concreto che la difesa avrebbe dovuto indicare per il giudizio di prevalenza; attraverso motivazione esaustiva in fatto sulla necessità di discostarsi dai limiti edittali (comportamento della imputata ed entità dei beni distratti).
Considerato infine che l’indirizzo consolidato di questa Corte stabilisce che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per la indicazione della pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243).
-Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma in data 6 dicembre 2023
Il consigliere estensore
Il Presidente