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Ricorso inammissibile: bancarotta fraudolenta

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un imprenditore condannato per bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale. I motivi del ricorso sono stati giudicati generici e mirati a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Conferma la Condanna per Bancarotta Fraudolenta

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove ridiscutere i fatti. In questo caso, è stato dichiarato ricorso inammissibile quello di un imprenditore condannato per bancarotta fraudolenta, con conseguente condanna al pagamento di spese e di una sanzione. Analizziamo insieme la vicenda e le ragioni di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Distrazione di Beni e Contabilità Assente

Un imprenditore era stato condannato in primo grado e in appello per gravi reati fallimentari. Nello specifico, le accuse erano di bancarotta fraudolenta distrattiva e bancarotta documentale.

Le condotte illecite contestate erano precise:
1. Distrazione di beni: L’imprenditore aveva venduto alcuni veicoli aziendali, ma invece di incassare il prezzo, lo aveva compensato con un presunto credito che, secondo i giudici, era inesistente.
2. Pagamenti indebiti: Erano state erogate somme di denaro alla moglie del ricorrente, la quale, però, non svolgeva alcuna attività lavorativa effettiva per l’azienda fallita.
3. Mancata tenuta delle scritture contabili: L’imprenditore non aveva istituito e tenuto i libri contabili obbligatori, rendendo impossibile ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari.

Di fronte a questa condanna, l’imprenditore ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione.

I Motivi del Ricorso e il Ruolo della Cassazione

L’imprenditore ha basato il suo ricorso su tre motivi principali:
* La richiesta di riqualificare la bancarotta distrattiva in bancarotta preferenziale, un reato meno grave.
* La contestazione della sussistenza della bancarotta documentale.
* La lamentela per la mancata concessione delle attenuanti generiche.

È cruciale ricordare che la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove o decidere chi ha ragione sui fatti, ma verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e motivato la loro decisione in modo logico e coerente.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto tutti i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle richieste dell’imprenditore, ma si ferma prima, constatando che il ricorso stesso era mal posto. Secondo la Corte, l’imprenditore non ha evidenziato vizi di legittimità (cioè errori di diritto) nella sentenza d’appello. Al contrario, ha semplicemente proposto una ricostruzione alternativa dei fatti e una diversa valutazione delle prove, sperando in un esito a lui più favorevole. Questo tipo di doglianza è inammissibile in sede di Cassazione.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che i primi due motivi di ricorso non criticavano l’iter logico-giuridico della sentenza impugnata, ma si limitavano a offrire una lettura diversa degli elementi di prova, senza nemmeno denunciare un travisamento della prova stessa. La Corte d’Appello aveva chiaramente motivato la sua decisione, spiegando perché la pretesa creditoria fosse inesistente, perché i pagamenti alla moglie fossero indebiti e perché la mancata tenuta delle scritture contabili integrasse il reato di bancarotta documentale. Anche il terzo motivo, relativo alle attenuanti generiche, è stato liquidato come un generico e assertivo tentativo di ottenere un diverso apprezzamento di merito, non consentito in questa sede.

Le conclusioni

La dichiarazione di inammissibilità ha avuto conseguenze significative per il ricorrente. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione viene irrogata quando l’inammissibilità del ricorso è talmente evidente da far presumere una colpa da parte di chi lo ha proposto. La decisione, quindi, serve da monito: le impugnazioni, specialmente davanti alla Corte di Cassazione, devono essere fondate su solidi argomenti giuridici e non possono trasformarsi in un pretesto per ritentare di convincere un nuovo giudice sulla propria versione dei fatti.

Perché il ricorso dell’imprenditore è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non sollevava questioni di legittimità (errori di diritto), ma si limitava a proporre una ricostruzione alternativa dei fatti e una diversa valutazione delle prove. Questo tipo di riesame del merito non è consentito davanti alla Corte di Cassazione.

Quali erano le condotte specifiche che hanno portato alla condanna per bancarotta fraudolenta?
L’imprenditore è stato condannato per aver venduto veicoli aziendali compensando il prezzo con un credito inesistente, per aver erogato somme di denaro alla moglie che non lavorava per l’azienda e per non aver tenuto le scritture contabili obbligatorie, rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio societario.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Oltre alla conferma della condanna, il ricorrente è stato obbligato a pagare le spese del procedimento e a versare una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un ricorso palesemente infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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