Ricorso Inammissibile in Cassazione: Il Caso di Bancarotta Fraudolenta
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla corretta formulazione dei ricorsi per Cassazione, evidenziando come la genericità e la ripetitività dei motivi portino inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile. Analizziamo la decisione della Suprema Corte in un caso di bancarotta fraudolenta per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e i requisiti di specificità richiesti a chi impugna una sentenza.
I Fatti del Processo
Un imprenditore veniva condannato sia in primo grado sia in appello per il reato di bancarotta fraudolenta, previsto dall’art. 216 della Legge Fallimentare. La condanna si basava su una serie di elementi probatori che delineavano un quadro di gestione fraudolenta della società, tra cui l’occultamento della documentazione contabile, l’utilizzo di sedi fittizie, un atteggiamento sfuggente da parte dell’imputato, un passivo societario significativo a fronte di un attivo inesistente e una totale assenza di collaborazione con gli organi della procedura.
Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandolo a tre distinti motivi.
I Motivi del Ricorso e la Dichiarazione di Inammissibilità
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nell’analisi dei motivi di ricorso presentati dalla difesa. La Corte li ha ritenuti inammissibili per ragioni precise che meritano di essere approfondite.
La Critica alla Genericità e Ripetitività del ricorso inammissibile
I primi due motivi di ricorso contestavano la valutazione di responsabilità e il mancato riconoscimento di una circostanza attenuante specifica. La Suprema Corte ha liquidato queste doglianze come una ‘pedissequa, quanto generica, reiterazione’ di argomenti già sollevati e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello. In altre parole, la difesa si era limitata a riproporre le stesse questioni senza sviluppare una critica argomentata e specifica contro le motivazioni della sentenza di secondo grado. Questo approccio viola il dovere di formulare motivi di ricorso specifici, che devono attaccare con precisione i punti della decisione che si ritengono errati.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Anche il terzo motivo, relativo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il giudice di merito, nel motivare il diniego delle attenuanti, non è tenuto a esaminare analiticamente ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole, ma è sufficiente che faccia riferimento agli elementi ritenuti decisivi per la sua valutazione.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione fonda la propria decisione su un principio cardine del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, di fatto, chiedeva alla Suprema Corte di compiere una nuova valutazione delle prove, un’operazione preclusa in sede di legittimità. Il compito della Cassazione non è quello di stabilire se i giudici dei gradi precedenti abbiano ‘giudicato bene’, ma solo se abbiano ‘giudicato secondo la legge’, ossia applicando correttamente le norme e fornendo una motivazione logica e non contraddittoria.
L’ordinanza sottolinea come i motivi del ricorso fossero volti a sollecitare una ‘rilettura’ alternativa degli elementi di fatto, attività che, come chiarito da una sentenza delle Sezioni Unite citata nel provvedimento, esula dai poteri della Corte. Di fronte a una motivazione della Corte d’Appello ritenuta logica e coerente, che aveva valorizzato plurimi indici di fraudolenza, il tentativo di rimettere in discussione il merito della vicenda si è rivelato infruttuoso.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: un ricorso non può essere una semplice riproposizione delle difese svolte in appello. È necessario, invece, che esso contenga una critica specifica, puntuale e argomentata delle presunte violazioni di legge o dei vizi di motivazione presenti nella sentenza impugnata. Tentare di ottenere dalla Cassazione un terzo grado di giudizio sul fatto è una strategia destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi sono generici, costituiscono una mera ripetizione di argomenti già respinti in appello, non individuano specifiche violazioni di legge o vizi di motivazione, oppure quando chiedono alla Corte una nuova valutazione delle prove, che non rientra nelle sue competenze.
È sufficiente riproporre gli stessi argomenti dell’appello per un ricorso in Cassazione?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione definisce tale pratica una ‘pedissequa… reiterazione’. Il ricorso deve contenere una critica specifica e argomentata rivolta direttamente contro la motivazione della sentenza impugnata, non la semplice riproposizione di tesi già disattese.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti del processo?
No. L’ordinanza afferma chiaramente che una ‘rilettura degli elementi di fatto’ esula dai poteri della Corte di Cassazione. Il suo compito è il ‘sindacato di legittimità’, ovvero verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria, senza entrare nel merito della valutazione delle prove.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2434 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2434 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a RUVO DI PUGLIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, che ha confermato la condanna riportata in primo grado dal predetto in ordine al reato di c all’art. 216 primo comma n. 2 r.d. n. 267/42;
ritenuto che il primo e il secondo motivo di ricorso, che contestano la correttezza de motivazione posta a base del giudizio di responsabilità e della reiezione della richiest riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’ultimo comma dell’art. 219 L.F., sono indeducibili in questa sede perché fondati su ragioni che si risolvono nella pedissequa, quant generica, reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla corte merito, dunque non specifiche, soltanto apparenti ed, in violazione del dovere di assolvere l tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (cfr. particolare pag. 5-7 sent. impugnata, a riguardo dell’omessa ostensione della documentazione contabile, connotata da plurimi indici di fraudolenza, costituiti da sedi fittizie e dallo sf contegno del prevenuto; la significativa entità del passivo accumulato dalla procedura, a fron dell’insussistenza di attivo e della benchè minima collaborazione dell’attuale ricorrente);
ritenuto che, in ogni caso, detti motivi siano volti a sollecitare una rivalutazion alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità, e a pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate da giudici di merito;
rammentato che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilett degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclus riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, R 207944);
considerato che il terzo motivo di ricorso, che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 7-8 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui n è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenua generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle p o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o c rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione;
Rilevato che, in conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 6 dicembre 2023