Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Rigetta l’Appello per Motivi Generici
Presentare un ricorso in Cassazione richiede non solo la convinzione di aver subito un’ingiustizia, ma anche la capacità di articolare le proprie ragioni in modo chiaro, specifico e pertinente. Un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta di un’impugnazione che non soddisfa questi requisiti. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la genericità dei motivi possa portare a una secca bocciatura, confermando la condanna e aggiungendo ulteriori spese per il ricorrente.
Il Caso: Dalla Condanna per Bancarotta al Ricorso in Cassazione
La vicenda riguarda un amministratore condannato dalla Corte di Appello di Milano per bancarotta fraudolenta, sia per distrazione di beni che per irregolarità documentali. Non accettando la sentenza, l’imputato ha deciso di presentare ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, affidando le sue speranze a tre distinti motivi di doglianza.
Tuttavia, l’esito non è stato quello sperato. La Corte ha rapidamente liquidato l’appello, dichiarandolo inammissibile in toto e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro.
I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte
L’analisi della Corte si è concentrata sulla qualità degli argomenti presentati dal ricorrente. Vediamoli nel dettaglio:
Primo Motivo: Genericità sulla Posizione di Amministratore
Il ricorrente contestava la sua responsabilità sostenendo di non essere il liquidatore della società. La Corte ha ritenuto questa argomentazione del tutto inefficace. La sentenza di condanna, infatti, si basava sul suo ruolo di amministratore di fatto, un punto che il ricorso non ha affrontato in maniera compiuta e specifica. Inoltre, i tentativi di riqualificare il reato come omesso versamento di imposte o contributi sono stati giudicati anch’essi generici e non adeguatamente supportati.
Secondo e Terzo Motivo: Critiche Indistinte alla Pena
Gli altri due motivi di ricorso criticavano la determinazione della pena e l’applicazione delle pene accessorie. Anche in questo caso, la Cassazione ha bollato le censure come generiche. La Corte ha sottolineato che la pena detentiva era stata fissata al minimo edittale e che la sua graduazione rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Un ricorso in sede di legittimità non può contestare tale valutazione se la sentenza è, come in questo caso, congruamente motivata.
Analisi del Ricorso Inammissibile: la Posizione della Cassazione
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: un ricorso inammissibile è tale quando non si confronta specificamente con la motivazione della sentenza impugnata. Non basta esprimere un generico dissenso; è necessario individuare i vizi logici o giuridici specifici del ragionamento del giudice precedente e argomentare in modo puntuale. L’appello si è rivelato un esercizio sterile, basato su affermazioni generiche e non idonee a scalfire la solidità della decisione di merito.
le motivazioni
La decisione della Corte di Cassazione si fonda su una logica procedurale rigorosa. In primo luogo, il ricorso è stato considerato privo di specificità perché non ha affrontato il cuore della motivazione della condanna, ovvero la qualifica di amministratore di fatto del ricorrente, che è indipendente dalla nomina formale di un liquidatore. La responsabilità penale era stata affermata sulla base del suo effettivo potere gestorio, un punto che il ricorso ha eluso.
In secondo luogo, la Corte ha ribadito il suo consolidato orientamento secondo cui la determinazione della pena è una prerogativa del giudice di merito. Salvo casi di manifesta illogicità o violazione di legge, la Cassazione non può riesaminare questa scelta discrezionale. Poiché la pena era stata applicata nel minimo e la sentenza era motivata, le critiche generiche del ricorrente non potevano trovare accoglimento. L’evidente infondatezza e genericità dei motivi ha quindi configurato una colpa nell’impugnazione, giustificando la condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.
le conclusioni
In conclusione, l’ordinanza della Cassazione conferma che la presentazione di un ricorso deve essere un atto giuridico ponderato e tecnicamente ineccepibile. L’esito negativo di questo caso serve da monito: le impugnazioni basate su doglianze generiche, fattuali o che non si confrontano direttamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata sono destinate a essere dichiarate inammissibili. Questo non solo rende definitiva la condanna, ma comporta anche un aggravio di spese per il ricorrente, evidenziando l’importanza di un’attenta e professionale redazione degli atti processuali.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono generici, si limitano a contestare i fatti senza individuare vizi di legge e non si confrontano in modo specifico e critico con le ragioni esposte nella motivazione della sentenza che si intende impugnare.
L’amministratore di fatto può essere condannato per bancarotta fraudolenta?
Sì, la sentenza impugnata aveva fondato la condanna proprio sulla qualità di amministratore di fatto del ricorrente. La Corte di Cassazione ha ritenuto inefficace il motivo di ricorso che non contestava specificamente questo punto, confermando che la responsabilità penale prescinde dalla nomina formale quando vi è un esercizio effettivo dei poteri gestionali.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nell’aver presentato un’impugnazione palesemente infondata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21355 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21355 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a GUARDAVALLE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
rilevato che NOME COGNOME ha presentato ricorso avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Milano che ne ha confermato la responsabilità per i fatti di bancarott fraudolenta a lui contestati;
ritenuto che il primo motivo di ricorso è: versato in fatto (segnatamente con riguardo ai delitti di bancarotta per distrazione e documentale) e privo della necessaria specificità in quant (nonostante la nomina di altro soggetto come liquidatore) non si confronta compiutamente con la motivazione che ha fondato la condanna del ricorrente pure sulla sua qualità di amministratore di atto; del tutto generico in ordine alla prospettata qualificazione sub specie dell’ad. 10-ter d. Igs. 74/2000 e dell’ad. 2 I. 638/1983 del fatto contestato a titolo di bancarotta impropria;
considerato che il secondo ed il terzo motivo di ricorso – i quali, tramite assedi generici denunciano vizi di motivazione in relazione, rispettivamente, alla determinazione del trattamento sanzionatorio e all’irrogazione delle pene accessorie – contengono asserti del tutto generici e del tutto inidonei a censurare la sentenza impugnata (essendo stata la pena detentiva peraltro irrogata nel minimo), il che esime dal dilungarsi per rilevare che la graduazione dell pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e, ove congruamente argomentata, come nella specie, non è sindacabile in sede di legittimità (Sez. 2, n. 2.3903 del 15/07/2020 COGNOME, Rv. 279549 – 02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01);
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/02/2024.