Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2445 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2445 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a FONDI il 30/10/1970 NOME nato a FONDI il 22/08/1968
avverso la sentenza del 16/01/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME COGNOME che ha chiesto dinammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Latina – che ha dichiarato NOME e NOME COGNOME quali soci accomandanti e gestori di fatto della società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del 21/01/2019, colpevoli di bancarotta fraudolenta documentale – ha riqualificato il fatto ai sensi dell’art. 217 L.F., rideterminando la pena principale e la durata delle sanzioni accessorie fallimentari.
Ricorrono per cassazione gli imputati, per il tramite del comune difensore, avvocato NOME COGNOME che, con un unico ricorso, svolge due motivi, enunciati nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod.proc.pen..
2.1. Con il primo motivo, denuncia vizi della motivazione, omessa e insufficiente con riferimento alla sollecitata causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis cod. pen.: la Corte di appello ha del tutto obliterato il terzo motivo di gravame, limitandosi alla riqualificazione favorevole del fatto ai sensi dell’art. 217 L.F., senza curarsi di replicare all’ istanza difensiva che invocava il riconoscimento della predetta causa di esclusione della punibilità.
2.2. Vizi della motivazione, perché illogica e insufficiente, vengono denunciati con il secondo motivo, con riguardo al diniego della circostanza attenuante di cui all’art. 219 L.Fall.. La Corte di appello ha fornito una motivazione solo apparente, limitandosi a rilevare l’impossibilità di ricostruzione del patrimonio societario a causa del mancato deposito delle scritture contabili, in tal modo finendo per negare la applicabilità della suddetta circostanza attenuante sulla base di un presupposto che di per sé non ne esclude la sussistenza, atteso che nel caso di bancarotta semplice, mancando i parametri utili per la determinazione del danno, soccorrono altri elementi di valutazione indicativi della modesta entità dello stesso che avrebbero dovuto essere presi in esame. La Corte di appello ha erroneamente valorizzato, quale fatto ostativo, la omissione dei libri contabili, sorvolando su elementi positivi idonei a consentire l’applicazione dell’attenuante in parola.
3. Ha depositato memoria integrativa il difensore dei ricorrenti, insistendo nell’ammissibilità e fondatezza dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
1.In primo luogo, deve porsi in rilievo che, sia nell’articolare i motivi di ricorso per cassazione che nell’esplicitare le ragioni dell’appello, le impugnazioni hanno svolto argomentazioni poste confusamente a sostegno sia della richiesta di
riconoscimento della lieve entità del fatto, che dell’invocata circostanza attenuante del danno lieve, o meglio, è stato speso il medesimo argomento per sostenere la fondatezza di entrambe le pretese, afferenti a istituti che, però, fondano su diversi presupposti e hanno differente natura giuridica.
1.1.In particolare, l’argomento privilegiato dal ricorrente è quello – coerente con la sola attenuante del danno di lieve entità – costituito dal richiamo al consolidato canone ermeneutico a tenore del quale per esso deve intendersi il danno complessivo prodotto dalla condotta di bancarotta, e non il mero passivo societario, cionondimeno, senza allegare le ragioni per le quali il danno patrimoniale arrecato sarebbe da considerare di particolare tenuità, ai sensi dell’art.art.219, comma 2 I.f., e senza confrontarsi, su tale punto, con la sentenza impugnata, che, invece, ha posto alla base del diniego della circostanza attenuante, la ‘consistente’ passività’ aziendale, e non solo, come afferma il ricorrente, limitandosi a rilevare l’impossibilità di ricostruzione del patrimonio societario a causa del mancato deposito delle scritture contabili. 1.2. Sotto tale profilo il ricorso risulta, dunque, manifestamente infondato, oltre che genericamente declinato poiché difetta della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823)
2. I ricorrenti non prospettano, invece, né l’hanno prospettata con il gravame di merito, alcuna specifica argomentazione a sostegno dell’invocata causa di esclusione della punibilità sul 131-bis cod. pen. solo genericamente evocata. 2.1. Cosicchè, l’assenza di motivazione nella sentenza impugnata, sul punto, denunciata dal ricorrente, non è censurabile in questa sede, a fronte di un motivo di appello evidentemente inammissibile per genericità. Invero, al fine di verificare se la denunciata omissione risulti rilevante ai fini della valida prospettazione del vizio in sede di legittimità, non è sufficiente il mero dato del mancato esame dei motivi, dovendo il giudice di legittimità altresì verificare “se non si tratti di motivi manifestamente infondati o altrimenti inammissibili o comunque non concernenti un punto decisivo” (Sez. 2 n. 31278 del 15/05/2019, Rv. 276982). In tema d’impugnazioni, è, infatti, inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la ‘sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile “ab origine” per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio.
3.Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge ( art. 616 cod.proc.pen ) la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento,
in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso ieR a, 05 dicembre 2024
Il Consigliere