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Ricorso inammissibile: autonomia del giudice di merito

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20290/2025, ha dichiarato il ricorso inammissibile presentato da due imputati contro una sentenza della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha ribadito che la determinazione del trattamento sanzionatorio è una prerogativa discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se priva di illogicità manifeste, confermando la condanna al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione ribadisce l’insindacabilità della pena

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema dei limiti al controllo di legittimità sulla determinazione della pena, stabilendo che un ricorso inammissibile non può basarsi su critiche generiche alla valutazione discrezionale del giudice di merito. Questa decisione, emessa dalla Settima Sezione Penale, offre importanti spunti di riflessione sull’autonomia dei giudici di primo e secondo grado e sui requisiti necessari per un valido ricorso in Cassazione.

I fatti del processo

Due soggetti avevano presentato ricorso alla Suprema Corte avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. I motivi del ricorso vertevano principalmente su due aspetti del trattamento sanzionatorio: il riconoscimento della recidiva e la negazione delle circostanze attenuanti generiche. I ricorrenti lamentavano, in sostanza, che la Corte d’Appello avesse errato nel quantificare la pena, applicando criteri a loro dire ingiusti.

La decisione della Corte e il principio del ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un principio consolidato nel nostro ordinamento: la valutazione relativa al trattamento sanzionatorio, in ogni suo aspetto, rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Ciò significa che la scelta di concedere o negare le attenuanti generiche, così come il giudizio sulla recidiva, non può essere messa in discussione davanti alla Cassazione, a meno che la decisione del giudice inferiore non sia viziata da palesi illogicità o contraddizioni.

I giudici di legittimità hanno sottolineato che i ricorrenti non avevano neppure indicato quali fossero, nel concreto, le presunte illogicità della sentenza impugnata, limitandosi a una critica generica e non consentita. Di conseguenza, il ricorso inammissibile è stata la naturale conclusione del procedimento.

Le motivazioni della Corte

La motivazione della Suprema Corte è chiara e perentoria. Il ruolo della Cassazione non è quello di un terzo grado di giudizio nel merito, ma di un organo che controlla la corretta applicazione della legge. Pertanto, ogni valutazione che attiene alla ricostruzione dei fatti o alla discrezionalità del giudice (come la quantificazione della pena) è esclusa dal suo sindacato.

Nel caso specifico, i ricorsi sono stati ritenuti carenti dei requisiti minimi per essere esaminati. Non è sufficiente contestare una decisione; è necessario dimostrare che essa sia il frutto di un ragionamento palesemente errato o contraddittorio. In assenza di tali elementi, il ricorso si risolve in una mera richiesta di nuova valutazione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità. La conseguenza diretta è stata la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno a favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per scoraggiare la presentazione di ricorsi infondati.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un orientamento giurisprudenziale stabile e rafforza l’autonomia del giudice di merito nella determinazione della pena. Per gli operatori del diritto, emerge la chiara indicazione che un ricorso in Cassazione deve essere fondato su vizi specifici e dimostrabili della sentenza impugnata, quali l’errata applicazione della legge o una motivazione manifestamente illogica. Le critiche generiche all’operato del giudice di secondo grado non trovano spazio e comportano unicamente la declaratoria di inammissibilità e l’imposizione di sanzioni pecuniarie. Questa decisione serve da monito sulla necessità di una redazione attenta e motivata degli atti di impugnazione, per evitare di incorrere in un ricorso inammissibile.

La Corte di Cassazione può modificare l’entità di una pena decisa da un altro giudice?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare la decisione sulla quantità della pena. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente, ma la valutazione su aspetti come la concessione di attenuanti o l’aumento per la recidiva spetta esclusivamente al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello), a meno che la sua decisione non sia palesemente illogica o contraddittoria.

Cosa significa che un ricorso è ‘inammissibile’?
Significa che il ricorso non può essere esaminato nel suo contenuto perché manca dei requisiti richiesti dalla legge. Nel caso specifico, i motivi presentati erano generici e criticavano aspetti (come la determinazione della pena) che rientrano nella discrezionalità del giudice di merito, rendendo così il ricorso non valido per un esame da parte della Cassazione.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la persona che lo ha presentato viene condannata a pagare le spese del procedimento e una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione ha lo scopo di disincentivare la presentazione di impugnazioni infondate o puramente dilatorie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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