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Ricorso inammissibile art. 336 c.p.: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13435/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile art. 336 c.p. (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) contro una sentenza della Corte d’Appello. I motivi del ricorso sono stati ritenuti manifestamente infondati e generici, poiché i giudici di merito avevano già fornito una motivazione logica e coerente sulla responsabilità penale dell’imputato, escludendo implicitamente l’applicabilità della causa di non punibilità per reazione ad atti arbitrari.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile art. 336 c.p.: L’Importanza della Specificità dei Motivi

La Corte di Cassazione svolge un ruolo cruciale come giudice di legittimità, assicurando l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. Una recente ordinanza ci offre uno spunto fondamentale sull’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e non generici. Analizziamo una decisione che ha dichiarato un ricorso inammissibile art. 336 c.p. (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), confermando la condanna emessa nei gradi di merito e sottolineando i requisiti di ammissibilità di un’impugnazione.

Il Contesto del Caso: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato previsto dall’art. 336 del codice penale. L’imputato, dopo la conferma della sentenza in secondo grado da parte della Corte d’Appello di Palermo, ha deciso di proporre ricorso per cassazione, contestando la propria responsabilità penale. I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, avevano ritenuto provata la condotta criminosa, motivando in modo dettagliato sia l’elemento materiale (la violenza o minaccia) sia quello soggettivo (la volontà di coartare il pubblico ufficiale).

I Motivi del Ricorso: Perché è stato Presentato Appello?

L’imputato ha basato il suo ricorso su censure che, secondo la sua difesa, avrebbero dovuto portare all’annullamento della condanna. In particolare, le argomentazioni miravano a contestare la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove operata dai giudici di merito. Un punto centrale, sebbene sollevato in modo non del tutto esplicito, riguardava la potenziale applicabilità della scriminante prevista dall’art. 393-bis c.p., che esclude la punibilità per chi reagisce a un atto arbitrario di un pubblico ufficiale.

L’Analisi della Cassazione sul Ricorso Inammissibile art. 336 c.p.

La Suprema Corte, nell’esaminare il ricorso, non è entrata nel merito delle questioni sollevate, fermandosi a una valutazione preliminare di ammissibilità. La decisione di rigettare l’istanza si fonda su un principio cardine del processo penale: la specificità dei motivi di ricorso.

La Genericità dei Motivi come Causa di Inammissibilità

I giudici di legittimità hanno qualificato i motivi del ricorso come “manifestamente infondati e generici”. Questo significa che le censure presentate non erano in grado di scalfire la coerenza e la logicità del ragionamento seguito dalla Corte d’Appello. Un ricorso per cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi precedenti o a presentare una generica doglianza sulla valutazione delle prove, ma deve individuare vizi specifici (come vizi di legge o vizi di motivazione) nella sentenza impugnata.

La Valutazione dei Giudici di Merito

La Corte ha ribadito che i giudici di merito avevano svolto correttamente il loro compito. Le sentenze di primo e secondo grado avevano fornito una motivazione “logica, coerente e puntuale” sia sull’integrazione degli elementi costitutivi del reato contestato, sia sulle ragioni che ostacolavano il riconoscimento della scriminante della reazione ad atto arbitrario. La Cassazione ha sottolineato che, pur non menzionandola esplicitamente in modo esteso, la Corte d’Appello aveva implicitamente escluso l’applicabilità dell’art. 393-bis c.p. attraverso la sua argomentazione complessiva sulla penale responsabilità.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte di Cassazione si basa sulla constatazione che il ricorso non ha superato il vaglio di ammissibilità. I motivi addotti sono stati considerati incapaci di mettere in discussione la solidità dell’impianto motivazionale delle sentenze di merito. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Come previsto dalla legge in questi casi, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i ricorsi inammissibili.

Conclusioni: Cosa Insegna Questa Ordinanza

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale per chiunque intenda impugnare una sentenza penale: la necessità di formulare motivi di ricorso specifici, pertinenti e non generici. Non è sufficiente manifestare un generico dissenso con la decisione dei giudici; è indispensabile individuare con precisione i vizi logici o giuridici che inficerebbero la sentenza. In assenza di tali requisiti, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria, senza che la Corte entri nel merito della questione.

Per quali ragioni la Corte di Cassazione può dichiarare un ricorso inammissibile?
La Corte può dichiarare un ricorso inammissibile quando i motivi presentati sono manifestamente infondati e generici, cioè non contestano in modo specifico le argomentazioni logiche e coerenti della sentenza impugnata.

In questo caso, perché i motivi del ricorso contro la condanna per il reato ex art. 336 c.p. sono stati considerati generici?
Sono stati considerati generici perché si limitavano a censure non specifiche, senza affrontare puntualmente le motivazioni logiche con cui i giudici di merito avevano affermato la sussistenza degli elementi materiale e soggettivo del reato.

La Corte ha considerato l’applicabilità della scriminante della reazione ad un atto arbitrario (art. 393-bis c.p.)?
Sì, la Corte ha ritenuto che i giudici di merito, nel motivare puntualmente le ragioni della condanna, avessero implicitamente ma chiaramente escluso la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della scriminante prevista dall’art. 393-bis c.p.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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