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Ricorso inammissibile: accordo pena in appello

Un imputato, dopo aver concordato una pena in appello ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., ha presentato ricorso in Cassazione lamentando l’insufficiente motivazione sulla quantificazione della stessa. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’accordo processuale liberamente stipulato tra le parti non può essere unilateralmente modificato o contestato in sede di legittimità riguardo la misura della pena, a meno che questa non sia palesemente illegale.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Natura Vincolante del Patteggiamento in Appello

Quando un imputato e la pubblica accusa raggiungono un accordo sulla pena in appello, questo patto processuale assume un carattere quasi definitivo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti stretti entro cui è possibile contestare tale accordo, confermando che un ricorso inammissibile è la conseguenza quasi certa per chi tenta di rimettere in discussione la misura della pena concordata. Questo principio, fondato sull’art. 599-bis del codice di procedura penale, sottolinea la natura negoziale e vincolante dell’istituto del “concordato in appello”.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Bari che, in riforma di una precedente decisione del Tribunale di Foggia, aveva rideterminato la pena per un imputato accusato del delitto di ricettazione (art. 648 c.p.). La nuova pena, pari a un anno e otto mesi di reclusione e 1250 euro di multa, era il frutto di una richiesta concorde delle parti. L’accordo prevedeva l’esclusione della recidiva e il riconoscimento delle attenuanti generiche. Nonostante avesse acconsentito a questa pena, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge per due motivi: l’omessa motivazione sulla riduzione della pena in misura di 1/6 anziché del massimo di 1/3 per le attenuanti, e più in generale, l’omessa motivazione sulla commisurazione della sanzione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto le doglianze dell’imputato, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: l’accordo processuale liberamente stipulato tra le parti, una volta recepito nella decisione del giudice, non può essere più messo in discussione unilateralmente. L’imputato, avendo scelto la via del concordato in appello, ha di fatto rinunciato a contestare nel merito la quantificazione della pena, accettandola come parte di un accordo vantaggioso.

Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Inammissibile?

La Corte di Cassazione ha spiegato che il ricorso era basato su “motivi non consentiti”. La scelta di accedere all’istituto del concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.) comporta l’accettazione della pena come risultante di un negozio processuale. Di conseguenza, non è più possibile, in sede di legittimità, dolersi della misura della pena o della motivazione del giudice su di essa, poiché la fonte della decisione non è più una valutazione autonoma del giudice, ma l’accordo stesso.

La giurisprudenza citata dalla Corte è chiara: il ricorso in Cassazione avverso una sentenza di “patteggiamento in appello” è ammissibile solo in casi eccezionali e specifici:

1. Vizi nella formazione della volontà: Se si dimostra che il consenso dell’imputato o del pubblico ministero era viziato.
2. Contenuto difforme: Se la sentenza del giudice si discosta da quanto concordato tra le parti.
3. Illegalità della pena: Se la sanzione inflitta è illegale, ovvero non prevista dalla legge per quel tipo di reato o inflitta al di fuori dei limiti edittali.

Nessuna di queste circostanze ricorreva nel caso di specie. Le lamentele dell’imputato riguardavano esclusivamente la valutazione discrezionale sulla misura della pena, un aspetto che rientra pienamente nell’oggetto dell’accordo e che, per tale ragione, non può più essere oggetto di censura.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza rafforza la stabilità e la certezza giuridica del concordato in appello. Per gli avvocati e i loro assistiti, essa rappresenta un monito importante: la decisione di patteggiare in appello deve essere ponderata con estrema attenzione. Se da un lato offre il vantaggio di una pena certa e potenzialmente più mite, dall’altro chiude la porta a future contestazioni sulla sua quantificazione. Una volta firmato l’accordo, la pena diventa “legge tra le parti” e può essere messa in discussione solo per vizi genetici dell’accordo stesso o per palese illegalità, rendendo ogni altro tentativo di impugnazione un ricorso inammissibile.

È possibile impugnare in Cassazione una pena concordata in appello ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p.?
No, di regola non è possibile impugnare la misura della pena concordata. Il ricorso è inammissibile perché l’accordo liberamente stipulato tra le parti, una volta ratificato dal giudice, non può essere unilateralmente modificato o contestato riguardo alla sua quantificazione.

Quali sono gli unici motivi validi per ricorrere in Cassazione contro una sentenza di concordato in appello?
Il ricorso è ammesso solo se riguarda vizi nella formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, un contenuto della sentenza difforme rispetto a quanto concordato, o l’illegalità della sanzione inflitta (ad esempio, una pena non prevista dalla legge o fuori dai limiti edittali).

Perché la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in questo caso specifico?
La Corte lo ha dichiarato inammissibile perché i motivi proposti dall’imputato non erano consentiti. Egli contestava la mancata motivazione sulla riduzione della pena, un aspetto che rientrava pienamente nell’accordo da lui stesso accettato. Tale doglianza non rientrava in nessuna delle eccezioni che consentono l’impugnazione di una sentenza basata su un concordato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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