Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 18459 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 18459 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Carolei il 12.02.1958; avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro del 06/05/2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurat generale COGNOME NOME che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilit del ricorso;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza di cui in epigrafe, la corte di appello di Catanz confermava la sentenza del tribunale di Cosenza del 19.12.2022, di condanna in ordine ai reati ex artt. 44 lett. b) del DPR 380/01 e 93 e 95 del 380/01.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso COGNOME NOME mediante il suo difensore, deducendo plurimi motivi di impugnazione.
Con il primo motivo deduce che i fatti contestati rientrerebbero nel previsione di cui all’art. 34 bis del DPR 380/01, siccome riferibili a opere ad un precedente titolo abilitativo e si sottolinea altresì come le pr opere rientrerebbero nelle tolleranze costruttive ivi contemplate.
Con il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 37 e 44 lett. del DPR 380/01. Si tratterebbe di opere soggette a SCIA e lo stesso ricorren avrebbe presentato una SCIA in sanatoria e non un permesso di costruire in sanatoria, come sostenuto in sentenza. Di qui il vizio di motivazione in ord alla sussistenza del reato. Si osserva che troverebbe applicazione l’art. 3 DPR 380/01, che non contempla un termine per la risposta della autorità comunale sulla istanza di sanatoria per cui il silenzio della predetta au deve ritenersi quale silenzio inadempimento ex art. 19 comma 6 bis della L 241/1990. Erroneo allora sarebbe l’inquadramento della istanza di sanatori nell’art. 36 comma 3 del DPR 380/01 e la qualificazione del silenzio serba dall’ufficio comunale quale silenzio rigetto della istanza di sanatori ribadisce quindi il vizio di motivazione – per non avere la corte considerat censure difensive – quanto alla qualificazione del silenzio della P.A. c rigetto della predetta domanda, da qualificarsi piuttosto come silenzio asse ai sensi del nuovo art. 36 bis del Dlgs. 380/01. Vi sarebbe altresì una parziale difformità integrante illecito amministrativo ex art. 44 comma 2 d DPR 380/01. Sarebbe carente la motivazione anche in ordine al capo b). Non si sarebbe verificata la necessità o meno, per le opere realizzate, d previa autorizzazione dell’ufficio competente. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con il terzo motivo deduce il vizio di violazione di legge e motivazione in ordine all’art. 131 bis cod. pen., stante l’omessa valutazion riguardo.
Con il quarto motivo si deduce l’intervenuta prescrizione dei reati.
Il primo motivo è inammissibile, siccome nuovo. Si premette che il ricorrente non ha contestato in ricorso il riepilogo delle conclusioni riport in sentenza, sussistendo un onere di specifica contestazione del riepilogo del stesse, così come dei motivi di appello, contenuto nella sentenza impugnata allorquando si ritenga che non sia stata menzionata la medesima questione come già proposta in sede di gravame; in mancanza della predetta
contestazione, il motivo deve pertanto ritenersi proposto per la prima volta in cassazione, e quindi tardivo (cfr. in tal senso, con riferimento alla omessa contestazione del riepilogo dei motivi di gravame, Sez. 2, n. 31650 d 03/04/2017 Ud. (dep. 28/06/2017 ) Rv. 270627 – 01). Invero, in sentenza s riporta che la prima censura riguardava l’intervenuta integrazione di sile assenso in tema di sanatoria, la seconda afferiva alla sussistenza di un m illecito amministrativo e la terza alla violazione dell’art. 95 del DPR 380/0 sufficiente a questo punto osservare che le difformità “tollerabili” citate difesa richiamando l’art. 34 bis DPR 380/01 riguardano interventi che sian realizzati in difformità dal titolo abilitativo, ma nel corso della sua vig non, come sembra paventarsi nel caso di specie, rispetto ad un titolo as risalente nel tempo e quindi ormai cessato nella sua operatività. Le tollera altresì di cui ai commi 1 bis e 2 bis dell’art. 34 bis citato riguard interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, cui non attengono quell questione. Puramente assertiva e dunque indinnostrata è la tesi peraltro de mera realizzazione di tali interventi minimi, a fronte di opere ben più rilev come appresso indicate.
8. Quanto al secondo motivo, esso, nella parte in cui si ripropone critica la tematica del silenzio assenso, deve ritenersi inammissibile. P parte in cui pare sostenere la esistenza di un mero illecito amministrativo osservato, innanzitutto, che la risposta della corte è stata nel senso esclusione di tale tesi con richiamo, a riprova, della circostanza per c stesso ricorrente avrebbe presentato una richiesta di permesso in sanator che si ricollega ad illecito penale. La risposta circa la rilevanza delle tale da non ridursi ad un illecito amministrativo bensì penale, è dunque chi oltre che corretta ed esistente. Ed appare giuridicamente corretto anch richiamo ad una intervenuta istanza di permesso in sanatoria quale riprov proveniente dallo stesso ricorrente. Al riguardo allora, la obiezione difen per cui in realtà si sarebbe trattato di una istanza di sanatoria ex ar quindi afferente un illecito amministrativo, così da inficiarsi la pre motivazione, appare manifestamente infondata, trattandosi di una mera asserzione di parte, priva di ogni allegazione a sostegno. In proposito ricordato, altresì, che il vizio del travisamento della prova, fondato su dichiarativi, e, si deve ritenere, anche su quelli documentali, imp l’allegazione integrale dell’atto (cfr. Sez. 6, n. 9923 del 05/12/2011 14/03/2012) Rv. 252349 S), che risulta mancante nel caso di specie. In alt termini, manca la allegazione, da parte del ricorrente, di documentazion comprovante la avvenuta presentazione di una domanda di sanatoria per
illecito edilizio di rilievo amministrativo – ex art. 37 citato – piutt penale, ex art. 36 DPR 380/01.
Deve anche aggiungersi in ordine alla questione sollevata e sopr evidenziata, che, a fronte, per quanto sopra osservato, di una coer sebbene succinta motivazione sulla qualificazione giuridica delle opere, vie in rilievo, con la censura difensiva che propone la integrazione da parte stesse di un mero illecito amministrativo, una questione di rilievo giuri per la quale vale il principio, altresì, per cui il vizio di motivazion configurabile riguardo ad argomentazioni giuridiche delle parti. Queste ulti infatti, come ha più volte sottolineato la Suprema Corte, o sono fondat allora il fatto che il giudice le abbia disattese (motivatamente o meno luogo al diverso motivo di censura costituito dalla violazione di legge; o infondate, e allora che il giudice le abbia disattese non può dar luogo ad a vizio di legittimità della pronuncia giudiziale, avuto anche riguardo al dis di cui all’art. 619 comma 1 cod. proc. pen. che consente di correggere, necessario, la motivazione quando la decisione in diritto sia comunq corretta (cfr. in tal senso Sez. 1, n. 49237 del 22/09/2016 Rv. 271451 NOME). E allora, riguardo al caso concreto, è indubbio e va ribadito ch le opere realizzate, quali una copertura in lamiera, una sopraelevazione de porzione di una falda di un tetto, e una pavimentazione con massetto calcestruzzo, edificate su un manufatto preesistente, sono interventi alter lo stato dei luoghi, come tali richiedenti il permesso di costruire, atte anche a seguire la tesi difensiva circa la originaria sussistenza di un edilizio per il manufatto su cui insistono tali opere, trattandosi comunqu titolo ormai risalente nel tempo e dalla cessata efficacia, ciò avrebbe imp il necessario rilascio di un nuovo permesso. Deve aggiungersi, p completezza, che secondo la contestazione, che non trova smentite né in sentenza né con specifiche censure difensive munite di allegazione, in realtà tratta di interventi operati su un manufatto già a sua volta privo di perm e dunque abusivo. Per cui, a maggior ragione, gli interventi sono di ril penale, con esclusione altresì di ogni discorso, anche solo teorico, in term parziale difformità rispetto a quanto già consentito con titolo abilitativo ripete, insussistente e comunque decorso nella sua efficacia). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto poi alla dedotta carenza della motivazione anche in ordine al capo b relativo agli artt. 93 e 94, del DPR 380/01, per cui non si sarebbe verifi dai giudici la necessità o meno, per le opere realizzate, di una pr autorizzazione dell’ufficio competente in presenza di interventi che la di assume già autorizzati (tale è il gravame riepilogato in sentenza di seco grado e non contestato), si deve premettere che la sentenza costituisce
4 GLYPH
i
tutto coerente ed organico, con la conseguenza che, ai fini del controllo critico sulla sussistenza di un valido percorso giustificativo, ogni punto non può essere autonomamente considerato, dovendo essere posto in relazione agli altri, con la conseguenza che la ragione di una determinata statuizione può anche risultare da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto richiamo, sia pure implicito (v. Sez. 4, n. 4491 del 17/10/2012 (dep. 2013), Pg in proc. COGNOME e altri, Rv. 255096, conf. Sez. 5, n. 8411 del 21/5/1992, COGNOME ed altri, Rv. 191487). Consegue che la motivazione, che sostiene la necessità dell’autorizzazione di cui al combinato disposto degli artt. 93 e 95 del DPR 380/01, nel quadro di una appurata realizzazione di opere prive del necessario permesso di costruire (diversamente da quanto assunto dalla difesa anche a sostegno della presente censura) e connotate altresì dalla loro consistenza in sopraelevazioni e dall’uso di calcestruzzo, appare corretta oltre che adeguata e non “manifestamente” illogica. Invero, a fronte di affermate opere (prima descritte) prive del necessario titolo edilizio e quindi in alcun modo correlate a precedente manufatto (peraltro anche esso privo di titolo per quanto sopra osservato, e dunque abusivo), la predetta motivazione appare in linea con l’indirizzo per cui, in materia di reati antisismici, integra l contravvenzione di cui all’art. 95 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, la realizzazione di qualsiasi intervento edilizio in zona sismica in violazione della normativa di settore, anche se consistente nella costruzione di semplici “volumi tecnici”, con la sola eccezione delle opere di manutenzione ordinaria, in quanto il reato tutela la sicurezza e l’incolumità pubblica. (Sez. 3, n. 17707 del 31/01/2019, Rv. 275568 – 01). Né ad essa si oppone alcuna specifica confutazione, necessaria per l’onere di specificità dell’impugnazione, illustrativa delle ragioni della non necessità, in tale quadro, del rispetto dell normativa di riferimento. Si rammenta, a tale ultimo riguardo, il requisito della specificità dei motivi di impugnazione, che implica non soltanto l’onere di dedurre le censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (cfr. tra le altre, Sez. 3, n. 5020 de 17/12/2009, COGNOME Rv. 245907, Sez. 4, n. 24054 del 01/04/2004, Distante, Rv. 228586; Sez. 2, n. 8803 del 08/07/1999, COGNOME, Rv. 214249). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Consegue la manifesta infondatezza del motivo così proposto
5 GLYPH
(7
Quanto al terzo motivo esso è nuovo alla luce del non contestato riepilogo dei motivi di gravame di cui alla sentenza impugnata.
Quanto alla prescrizione, dedotta con l’ultimo motivo, si osserva ch tenuto conto delle intervenute sospensioni essa matura alla data 16.11.2024 e che stante la inammissibilità dei suesposti motivi la stessa no è rilevabile in questa sede. Invero costituisce principio sancito dalle Se Unite di questa Corte e a maggiore ragione valevole per la prescrizio maturata dopo la sentenza impugnata, quello per cui l’inammissibilità d ricorso per cassazione preclude la possibilità di rilevare d’ufficio, ai sens artt. 129 e 609 comma secondo, cod. proc. pen., l’estinzione del reato prescrizione maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza appello, ma non rilevata né eccepita in quella sede e neppure dedotta co motivi di ricorso. (In motivazione la Corte ha precisato che l’art. 129 proc. pen. non riveste una valenza prioritaria rispetto alla disciplina inammissibilità, attribuendo al giudice dell’impugnazione un autonomo spazio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che presidiano i div segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposizione di valida impugnazione). (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266818 – 01; nel medesimo senso anche Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268966 – 01)
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritien pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguen onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sost spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Cort costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non v ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de
Ammende.
Così deciso il 03/04/2025