Ricorso Inammissibile 599-bis: La Cassazione e i Limiti del Concordato in Appello
Il concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta una scelta strategica per l’imputato che, rinunciando ai motivi d’appello, può ottenere una ridefinizione della pena. Tuttavia, questa scelta processuale ha conseguenze significative sulla possibilità di impugnare la decisione successiva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili di tale istituto, dichiarando un ricorso inammissibile 599-bis e chiarendo quando e come è possibile contestare una sentenza frutto di accordo.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato in primo grado per il reato di furto aggravato con strappo, decideva di accedere al rito del concordato in appello. La Corte d’Appello di Napoli, recependo l’accordo tra le parti, emetteva una sentenza che confermava la responsabilità penale e ridefiniva la sanzione. Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando una presunta omessa motivazione da parte del giudice d’appello in merito alla sua effettiva responsabilità, con conseguenze sulla determinazione della pena. Questa doglianza, tuttavia, si scontrava con la natura stessa dell’accordo stipulato.
La Decisione della Corte sul Ricorso Inammissibile 599-bis
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure procedere con le formalità di un’udienza pubblica. La decisione si fonda su un principio consolidato: l’accesso al concordato in appello implica una rinuncia a contestare il merito della sentenza di primo grado. L’imputato, accettando l’accordo, cristallizza la propria responsabilità e la qualificazione giuridica del fatto, concentrando la negoziazione unicamente sull’entità della pena. Pertanto, un ricorso basato sulla presunta carenza di motivazione in punto di colpevolezza è intrinsecamente inammissibile.
Le Motivazioni
La Cassazione ha articolato la sua decisione distinguendo nettamente la fisionomia del concordato in appello da quella del patteggiamento tradizionale (art. 444 c.p.p.).
Limiti all’Impugnazione e Rinuncia ai Motivi
L’ordinanza chiarisce che l’impugnazione di una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis è consentita solo per un novero ristrettissimo di motivi. Questi includono:
1. Vizi della volontà: se il consenso dell’imputato all’accordo è stato viziato.
2. Mancato consenso del PM: se vi sono stati problemi procedurali nel consenso del pubblico ministero.
3. Contenuto difforme: se la decisione del giudice si discosta da quanto pattuito tra le parti.
Qualsiasi motivo relativo alla responsabilità, alla valutazione delle prove o alla qualificazione giuridica del reato è escluso, poiché si considera oggetto di rinuncia implicita nell’accordo stesso. Scegliere il concordato significa accettare la condanna nel merito, barattando la possibilità di un’assoluzione con la certezza di una pena concordata.
L’unica eccezione: l’Illegalità della Pena
L’unico vizio che la Cassazione può rilevare, anche d’ufficio, è quello relativo all’illegalità della sanzione inflitta. Ciò si verifica quando la pena non rientra nei limiti edittali previsti dalla legge per quel reato o è di una specie diversa da quella contemplata. Nel caso di specie, il ricorrente non aveva sollevato alcuna questione di questo tipo, concentrandosi invece su un aspetto – la motivazione sulla responsabilità – a cui aveva già rinunciato.
Le Conclusioni
La pronuncia in esame rafforza un importante monito per la difesa: il concordato in appello è uno strumento vantaggioso ma definitivo. La sua adozione chiude le porte a quasi ogni possibilità di ricorso ulteriore, salvo i rari casi di vizi procedurali nell’accordo o di palese illegalità della pena. La dichiarazione di ricorso inammissibile 599-bis diventa la conseguenza inevitabile per chi tenta di rimettere in discussione elementi già coperti dall’accordo. La decisione della Cassazione, pertanto, non solo definisce i limiti tecnici dell’istituto, ma sottolinea anche la necessità di una ponderata valutazione strategica prima di intraprendere questa via processuale.
È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’ (art. 599-bis c.p.p.)?
Sì, ma solo per motivi molto specifici, quali vizi nella formazione della volontà di accordo, nel consenso del pubblico ministero, o se la pronuncia del giudice è difforme dall’accordo. Non si possono contestare la responsabilità penale o la qualificazione giuridica del fatto.
Qual è la principale differenza tra il ricorso contro una sentenza di ‘concordato in appello’ e una di ‘patteggiamento’?
Nel concordato in appello (art. 599-bis), l’accordo si fonda sulla rinuncia ai motivi di impugnazione, limitando drasticamente le possibilità di ricorso in Cassazione. Nel patteggiamento classico (art. 444), che si svolge in primo grado, le possibilità di ricorso sono leggermente più ampie, potendo riguardare anche la corretta qualificazione giuridica del fatto.
Cosa succede se si propone un ricorso per motivi non consentiti contro una sentenza ex art. 599-bis c.p.p.?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come stabilito in questo caso, la Corte di Cassazione condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45527 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45527 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il 18/07/1982
avverso la sentenza del 04/07/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc. pen. dalla Corte di appello di Napoli, in relazione ai reati di furto aggravato con strappo, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo, relativo alla omessa motivazione sulla responsabilità dell’imputato con effetto sulla determinazione della pena, non consentito. È stato precisato, infatti, che il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. è ammissibile solo quando deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e ai vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170-01; Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME Rv. 276102-01). Il concordato in appello, d’altro canto, ha una diversa fisionomia rispetto all’applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. – derivante dal diverso contenuto dell’accordo che, nel primo caso, si innesta sulla rinuncia ai motivi di impugnazione (con conseguente impossibilità di contestare la responsabilità e la qualificazione giuridica del fattd), mentre nel secondo abbraccia anche i termini dell’accusa (da cui deriva la possibilità di proporre ricorso per cassazione anche per ciò che concerne la qualificazione giuridica) – con la conseguenza che le ipotesi di annullamento della sentenza ex art. 599-bis cod. proc. pen. sono sicuramente più limitate rispetto a quelle previste dall’art. 448-bis dello stesso codice, dato che riguardano essenzialmente l’illegalità della pena che costituisce l’unica ipotesi in cui, indipendentemente dall’inammissibilità del ricorso per cassazione, sempreché non sia tardivo, la Corte di legittimità deve procedere d’ufficio all’annullamento della sentenza impugnata (così, Sez. 6, n. 41254 del 04/07/2019, Leone, Rv. 277196-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione deve, pertanto, essere pronunciata «senza formalità», ai sensi di quanto disposto dall’art. 610, comma 5 -bis, cod. proc. pen.
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e –
non sussistendo ragioni di esonero – al pagamento della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 21 novembre 2024.