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Ricorso inammissibile 231: genericità e tardività

Una società condannata per responsabilità amministrativa ai sensi del D.Lgs. 231/2001 ricorre in Cassazione. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile 231, poiché un motivo era tardivo (non sollevato in appello) e l’altro generico (mera ripetizione di doglianze già respinte). La Corte conferma che il vantaggio per l’ente era un chiaro risparmio di spesa, validando la condanna.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile 231: La Cassazione e i Motivi Tardivi o Generici

Quando un’azienda si trova a dover affrontare una condanna per la responsabilità amministrativa degli enti prevista dal D.Lgs. 231/2001, la strategia difensiva nei successivi gradi di giudizio diventa cruciale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i requisiti di ammissibilità dei ricorsi, sanzionando con l’inammissibilità i motivi presentati in modo tardivo o generico. Analizzare questo caso ci permette di capire perché un ricorso inammissibile 231 non è solo una sconfitta processuale, ma una lezione sull’importanza della specificità e della tempestività nell’azione legale.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna dell’Ente al Ricorso in Cassazione

Una società a responsabilità limitata veniva condannata dalla Corte di Appello per un illecito amministrativo previsto dall’art. 25-undecies del D.Lgs. 231/2001. La condanna, che confermava quella di primo grado, era legata a reati ambientali commessi dal suo amministratore. Pur essendo il reato della persona fisica prescritto, la responsabilità dell’ente rimaneva in piedi.

L’azienda ha quindi proposto ricorso per cassazione, basandolo su due principali doglianze:
1. La violazione dell’art. 6 del D.Lgs. 231/2001, sostenendo che i giudici di merito non avessero verificato l’effettiva adozione e attuazione di un modello organizzativo idoneo a prevenire i reati.
2. La mancanza di prova riguardo alla sussistenza di un ‘interesse o vantaggio’ per la società derivante dalla condotta illecita dell’amministratore.

La Decisione della Suprema Corte: Un Ricorso Inammissibile 231

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente il ricorso, dichiarandolo inammissibile per entrambi i motivi sollevati. Questa decisione non entra nel merito delle questioni, ma si ferma a una valutazione preliminare sulla correttezza formale e sostanziale dell’impugnazione. La conseguenza è stata la conferma della condanna e l’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla società ricorrente.

Le Motivazioni: Perché il ricorso è stato respinto?

La Suprema Corte ha fornito motivazioni distinte e molto chiare per ciascuna delle doglianze, offrendo importanti principi di diritto processuale.

Il Motivo Tardivo: L’Importanza di Sollevare le Questioni in Appello

Il primo motivo di ricorso, relativo alla presunta violazione dell’art. 6 del D.Lgs. 231, è stato dichiarato inammissibile per tardività. La Corte ha rilevato che questa specifica lamentela non era stata sollevata nei motivi di appello. Secondo un principio consolidato, non è possibile presentare per la prima volta in Cassazione una doglianza su una violazione di legge avvenuta nel giudizio di primo grado se non la si è contestata nel secondo grado. Farlo equivale a presentare un motivo tardivo, che non può essere esaminato.

Il Motivo Generico: La Necessità di una Critica Specifica alla Sentenza

Il secondo motivo, riguardante la mancanza di ‘interesse o vantaggio’ per l’ente, è stato dichiarato inammissibile per genericità. La Cassazione ha osservato che la ricorrente si era limitata a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e correttamente respinte dalla Corte di Appello.

Quest’ultima aveva chiaramente motivato la sussistenza del vantaggio per la società, individuandolo in un concreto risparmio di spesa. Tale risparmio derivava da due condotte specifiche: lo spegnimento di una cella frigorifera e il mancato utilizzo di etichette per i controlli sui materiali pericolosi. Questi erano considerati ‘vantaggi obiettivi riconoscibili’ per l’ente.

Un ricorso per cassazione non può essere una semplice riproposizione dei motivi d’appello; deve invece consistere in una critica argomentata e puntuale della sentenza impugnata, evidenziando gli errori di diritto commessi dal giudice precedente. Poiché il ricorso della società non si confrontava in modo critico con questa motivazione, è stato giudicato generico e, quindi, inammissibile.

Le Conclusioni: Lezioni Pratiche per la Difesa dell’Ente

Questa ordinanza ribadisce due principi fondamentali per chiunque affronti un contenzioso relativo alla responsabilità degli enti.

In primo luogo, la strategia difensiva deve essere costruita sin dal primo grado di giudizio e tutte le censure devono essere riproposte in modo specifico in ogni fase di impugnazione. Dimenticare un motivo in appello ne preclude la discussione in Cassazione.

In secondo luogo, l’impugnazione deve essere una critica mirata e non una ripetizione. È necessario ‘smontare’ le argomentazioni della sentenza che si contesta, dimostrando perché sono errate in fatto o in diritto. Limitarsi a ripetere la propria versione non è sufficiente e conduce a un ricorso inammissibile 231, con conseguente spreco di tempo e risorse e la conferma della condanna.

È possibile presentare per la prima volta in Cassazione un motivo di ricorso non sollevato in appello?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che è inammissibile un motivo di ricorso che deduca una violazione di legge avvenuta nel giudizio di primo grado se questa non è stata specificamente contestata nei motivi di appello. In tal caso, il motivo è considerato tardivo.

Cosa rende ‘generico’ un motivo di ricorso per la responsabilità dell’ente ai sensi del D.Lgs. 231/2001?
Un motivo di ricorso è considerato generico quando si limita a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel precedente grado di giudizio, senza confrontarsi criticamente e specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata. Non basta ripetere, bisogna contestare punto per punto la decisione del giudice.

Come è stato identificato l’interesse o vantaggio per la società nel caso di specie?
L’interesse o vantaggio per la società è stato individuato in un concreto risparmio di spesa. Nello specifico, il risparmio derivava dallo spegnimento di una cella frigorifera e dal mancato utilizzo delle etichette per i controlli sui materiali pericolosi, vantaggi oggettivi e riconoscibili per l’ente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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