Ricorso in Cassazione: I Limiti alla Valutazione di Recidiva e Attenuanti
L’ordinanza n. 22479/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del Ricorso in Cassazione, specialmente quando si contestano valutazioni di merito come la sussistenza della recidiva e la concessione delle attenuanti generiche. La Corte ha ribadito con forza un principio fondamentale: il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sui fatti, ma di garante della corretta applicazione della legge. Analizziamo nel dettaglio questa decisione.
I Fatti del Caso
Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Venezia, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione lamentando due aspetti principali della sentenza impugnata. In primo luogo, contestava il riconoscimento della recidiva, sostenendo che non ne sussistessero i presupposti. In secondo luogo, si doleva della mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare una riduzione della pena.
L’Analisi della Corte sul Ricorso in Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi di ricorso, dichiarandoli entrambi inammissibili e manifestamente infondati. La decisione si basa sulla netta distinzione tra il giudizio di merito, affidato ai tribunali e alle corti d’appello, e il giudizio di legittimità, proprio della Cassazione.
La Questione della Recidiva nel Ricorso in Cassazione
Riguardo al primo motivo, la Corte ha chiarito che la valutazione sulla sussistenza della recidiva è un tipico apprezzamento di merito che sfugge al sindacato di legittimità, a meno che la motivazione del giudice non sia palesemente illogica. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente applicato i principi giurisprudenziali, valutando non solo la gravità dei fatti, ma il rapporto concreto tra il reato in giudizio e le condanne precedenti. L’obiettivo di tale analisi, basata sui criteri dell’art. 133 del codice penale, è verificare se la condotta passata indichi una “perdurante inclinazione al delitto” che ha influenzato la commissione del nuovo reato. La motivazione della Corte di merito è stata ritenuta logica e coerente, rendendo la doglianza inammissibile.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Anche il secondo motivo, relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche, è stato respinto. La Cassazione ha ricordato il suo consolidato orientamento secondo cui il giudice di merito non è obbligato a prendere in esame analiticamente tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli. È sufficiente che la sua decisione si fondi sugli elementi ritenuti decisivi. In questa vicenda, la Corte d’Appello aveva motivato il diniego sulla base di due fattori cruciali: l'”ostinazione nel perseverare nell’azione delittuosa” e i “numerosi precedenti penali” dell’imputato. Questi elementi, indicativi di una “negativa personalità”, sono stati considerati sufficienti a superare qualsiasi altro potenziale fattore a favore dell’imputato, rendendo la decisione incensurabile in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nel ruolo della Corte di Cassazione. Essa non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sui fatti del processo. Il suo compito è verificare che la decisione impugnata sia giuridicamente corretta e sorretta da una motivazione logica, coerente e non contraddittoria. Poiché, nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione esente da vizi logici sia sulla recidiva sia sulle attenuanti, basandola sulla personalità e sulla storia criminale del ricorrente, la Suprema Corte non ha potuto fare altro che dichiarare il ricorso inammissibile.
Conclusioni
Questa pronuncia consolida un principio chiave del nostro sistema processuale: il Ricorso in Cassazione non è un’ulteriore opportunità per ridiscutere i fatti. Le valutazioni discrezionali del giudice di merito, come quelle sulla recidiva e sulle attenuanti generiche, sono insindacabili in sede di legittimità se adeguatamente motivate. La decisione sottolinea come la personalità dell’imputato e la sua storia pregressa siano elementi determinanti che il giudice può e deve considerare. Per la difesa, ciò significa che le contestazioni in Cassazione devono concentrarsi su vizi di legge o illogicità manifeste della motivazione, piuttosto che tentare di ottenere una nuova e diversa valutazione del merito.
Perché il motivo di ricorso sulla recidiva è stato dichiarato inammissibile?
Perché la valutazione sulla sussistenza della recidiva è un giudizio di fatto riservato al giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione è manifestamente illogica, cosa che non è stata riscontrata nel caso di specie, dove la decisione si basava correttamente sulla personalità dell’imputato e sui suoi precedenti.
Su quali basi un giudice può negare le circostanze attenuanti generiche?
Il giudice può negare le attenuanti generiche basando la sua decisione su elementi ritenuti decisivi e rilevanti. In questo caso, l’ostinazione nel perseverare nell’azione criminosa e i numerosi precedenti penali, indicativi di una personalità negativa, sono stati considerati sufficienti per giustificare il diniego, senza necessità di analizzare ogni singolo elemento favorevole.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte non entra nel merito delle questioni sollevate. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una condanna al pagamento di tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22479 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22479 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a VENEZIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/07/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la sussistenza della recidiva non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato;
che il giudice di merito – a pag. 5 della sentenza impugnata – ha fatto corretta applicazione dei principi della giurisprudenza di legittimità secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’ arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice”;
considerato che il secondo motivo di ricorso, che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 5 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, nel caso di specie l’ostinazione nel perseverare nell’azione delittuosa e la sussistenza di numerosi precedenti penali denotativi di una negativa personalità del ricorrente, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2024
Il Consigliere Estensore