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Ricorso in Cassazione: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due imputati condannati per violazione della legge sugli stupefacenti. La Suprema Corte ribadisce che il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per una nuova valutazione dei fatti o per contestare la congruità della pena, a meno che la decisione dei giudici di merito non sia palesemente arbitraria o illogica. Di conseguenza, le condanne sono confermate e i ricorrenti sanzionati.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione Inammissibile: I Limiti al Giudizio di Legittimità

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità, chiarendo quali motivi possono essere validamente presentati e quali, invece, sono destinati a essere dichiarati inammissibili. Attraverso l’analisi di un caso relativo a reati in materia di stupefacenti, la Suprema Corte ribadisce la sua funzione di garante della corretta applicazione della legge, e non di terzo grado di giudizio nel merito dei fatti. Comprendere questa distinzione è cruciale per chiunque si approcci al sistema giudiziario penale e valuti l’opportunità di presentare un ricorso in Cassazione.

I Fatti del Processo

Due soggetti, condannati in primo grado e in appello per plurime violazioni della legge sugli stupefacenti, decidevano di presentare ricorso alla Suprema Corte di Cassazione tramite il loro difensore. La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza del settembre 2023, aveva confermato la loro responsabilità penale, rideterminando la pena per uno degli imputati e confermandola per l’altro. Insoddisfatti della decisione, i due imputati hanno cercato di ottenere l’annullamento della sentenza di condanna.

Le Doglianze e il Ricorso in Cassazione

I motivi del ricorso presentati erano sostanzialmente identici per entrambi gli imputati e si articolavano su due punti principali:

1. Errata affermazione della responsabilità penale: I ricorrenti lamentavano una violazione e falsa applicazione della legge penale, contestando di fatto la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti che avevano portato alla loro condanna.
2. Errata applicazione del trattamento sanzionatorio: Veniva contestata anche la determinazione della pena, ritenuta eccessiva o non adeguatamente motivata dalla Corte d’Appello.

Questi motivi, sebbene formalmente presentati come vizi di legittimità, celavano in realtà la richiesta di una nuova valutazione del merito della vicenda, un’operazione preclusa alla Corte di Cassazione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, fornendo una chiara spiegazione delle ragioni che limitano il suo campo d’azione.

La Valutazione del Fatto: Competenza Esclusiva del Giudice di Merito

La Corte ha sottolineato che le censure relative alla responsabilità penale, pur mascherate da vizi di legge, miravano a una riconsiderazione del materiale probatorio e a una diversa valutazione dei fatti. Questo tipo di giudizio rientra nella competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Suprema Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse congrua, adeguata e priva di vizi logici, basata su corretti criteri di inferenza e massime di esperienza condivise. Pertanto, ogni tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti è stato respinto.

I Limiti alla Censura sul Trattamento Sanzionatorio nel Ricorso in Cassazione

Anche per quanto riguarda la determinazione della pena, il ricorso è stato giudicato infondato. La Corte di merito aveva fornito una motivazione adeguata: per il primo imputato, aveva considerato la presenza di un solo precedente e la sua successiva astensione da attività criminali; per il secondo, aveva valutato la gravità dei fatti. La Cassazione ha richiamato un suo consolidato orientamento (sentenza n. 5582/2014), secondo cui è inammissibile la censura che mira a una nuova valutazione della congruità della pena, se la sua determinazione non è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. La scelta della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che non può essere sindacato in sede di legittimità se correttamente motivato.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi. Questo ha comportato non solo la conferma definitiva della condanna per entrambi gli imputati, ma anche la loro condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza rappresenta un monito fondamentale: il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio. È uno strumento destinato a controllare la corretta applicazione del diritto e la logicità della motivazione, non a rimettere in discussione i fatti o la discrezionalità del giudice di merito, quando esercitata entro i binari della legalità e della logica.

È possibile contestare la ricostruzione dei fatti davanti alla Corte di Cassazione?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o valutare nuovamente le prove. Questo compito spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello), a meno che la motivazione della sentenza impugnata non sia palesemente illogica o contraddittoria.

Si può chiedere alla Corte di Cassazione una riduzione della pena perché ritenuta troppo alta?
No, la valutazione sulla congruità della pena è una prerogativa del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione su questo punto è inammissibile, a meno che la pena non sia il risultato di un’applicazione palesemente arbitraria o di un ragionamento illogico da parte del giudice.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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