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Ricorso in Cassazione: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentata estorsione. Il motivo del ricorso in Cassazione si basava sulla contestazione della valutazione dei fatti e dell’attendibilità della persona offesa, argomenti che esulano dal giudizio di legittimità. La Corte ha ribadito che non può effettuare una nuova analisi delle prove, confermando la decisione dei giudici di merito e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Inammissibile se Contesta i Fatti

L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre uno spunto fondamentale per comprendere i limiti del ricorso in Cassazione nel nostro ordinamento. Con la sua decisione, la Suprema Corte ribadisce un principio cardine: il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, non di un terzo grado di merito. Il caso in esame riguarda un ricorso avverso una condanna per tentata estorsione, dichiarato inammissibile perché mirava a una rivalutazione delle prove, compito esclusivo dei tribunali di primo e secondo grado.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato in primo grado e in appello per il reato di tentata estorsione, presentava ricorso alla Corte di Cassazione. L’unico motivo di impugnazione sollevato riguardava un presunto vizio di motivazione della sentenza d’appello. Nello specifico, il ricorrente contestava la ricostruzione dei fatti e l’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, ritenendole non sufficienti a fondare un giudizio di colpevolezza.

L’obiettivo della difesa era, in sostanza, ottenere dalla Suprema Corte una nuova e diversa valutazione degli elementi probatori già ampiamente esaminati dalla Corte d’Appello di Genova, che aveva confermato la sentenza di primo grado.

La Decisione della Corte e il Limite del Ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un pilastro del diritto processuale penale: il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per chiedere una “rilettura” dei fatti del processo. I giudici hanno sottolineato che il motivo presentato era “aspecifico ed articolato esclusivamente in fatto”, uscendo così dai confini del giudizio di legittimità.

La Corte non ha il potere di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, né può adottare nuovi parametri per la ricostruzione dei fatti. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e completa.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, la Corte ha spiegato che la sentenza della Corte d’Appello era esaustiva e in linea con le risultanze processuali. I giudici di secondo grado avevano già indicato una “pluralità di elementi idonei a dimostrare la penale responsabilità” del ricorrente. Trattandosi di una “doppia conforme” (decisione identica in primo e secondo grado), la motivazione d’appello riprendeva logicamente quella del primo giudice, formando un corpo argomentativo solido e privo di vizi.

La Corte ha inoltre specificato che la ricostruzione basata sulle dichiarazioni della persona offesa era stata valutata dai giudici di merito in modo “logico, congruo e lineare”. Non erano emersi elementi di contrasto significativi né un interesse della vittima a rendere false accuse. Pertanto, gli apprezzamenti di fatto compiuti dai giudici di merito erano insindacabili in sede di legittimità, non presentando profili di contraddittorietà o manifesta illogicità.

Le Conclusioni

La conclusione della Corte è netta: il ricorso, essendo basato su censure di merito, doveva essere dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Questa ordinanza è un monito importante: chi intende presentare un ricorso in Cassazione deve concentrarsi su vizi di legittimità (errori nell’applicazione della legge o vizi logici della motivazione), non sulla speranza di ottenere una terza valutazione delle prove. La stabilità delle decisioni giudiziarie si fonda anche su questa chiara ripartizione di competenze tra i diversi gradi di giudizio.

Per quali motivi un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se, come in questo caso, si limita a contestare la valutazione dei fatti e delle prove effettuata dai giudici di merito, anziché denunciare vizi di legittimità, ovvero errori nell’applicazione della legge. La Cassazione non può riesaminare le prove.

Che cos’è il principio della “doppia conforme”?
Si parla di “doppia conforme” quando la sentenza della Corte d’Appello conferma integralmente la decisione del tribunale di primo grado. Questa circostanza, pur non impedendo il ricorso, rafforza la solidità delle motivazioni, come evidenziato dalla Corte in questo provvedimento.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente se il suo ricorso viene dichiarato inammissibile?
In base al provvedimento, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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