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Ricorso in Cassazione: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso presentato da due imputati contro una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorso in Cassazione è stato respinto per la manifesta infondatezza e genericità dei motivi, che non rispettavano i rigorosi limiti imposti dalla legge. La Corte ha ribadito che la valutazione delle prove non può essere contestata come vizio procedurale, ma solo come vizio di motivazione, entro precisi confini.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: i motivi di inammissibilità secondo la Suprema Corte

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma l’accesso a questa fase è tutt’altro che scontato. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci ricorda quali sono i requisiti di specificità e pertinenza che un ricorso deve avere per superare il vaglio di ammissibilità. In caso contrario, il risultato è una declaratoria di inammissibilità con condanna alle spese e al pagamento di una sanzione. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti del Caso

Due persone, condannate dalla Corte d’Appello, decidevano di presentare ricorso alla Corte di Cassazione tramite i loro difensori. Le doglianze erano diverse: il primo ricorrente lamentava un vizio di motivazione riguardo alla sua responsabilità e un’errata applicazione di una circostanza aggravante. La seconda ricorrente, invece, denunciava un’errata applicazione dell’articolo 192 del codice di procedura penale, che disciplina la valutazione della prova, e una palese illogicità della motivazione.

Entrambi chiedevano l’annullamento della sentenza impugnata, sostenendo che la Corte d’Appello avesse commesso degli errori nel giudicarli colpevoli.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. Secondo i giudici, i motivi presentati erano “manifestamente infondati”, “assolutamente privi di specificità” e “del tutto assertivi”. In sostanza, i ricorsi non erano stati formulati in modo da rispettare i rigorosi paletti imposti dalla legge per l’accesso al giudizio di legittimità.

Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la specificità del ricorso in Cassazione

La Corte ha spiegato in dettaglio perché i ricorsi non potessero essere accolti. Il punto centrale della decisione risiede nella natura stessa del ricorso in Cassazione, che non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità).

Il Divieto di “Sconfinare” nel Merito

Per quanto riguarda il motivo sollevato dalla seconda ricorrente (violazione dell’art. 192 c.p.p.), la Corte ha richiamato un principio consolidato, espresso anche dalle Sezioni Unite (sentenza Filardo n. 29541/2020). La violazione delle regole sulla valutazione della prova non può essere denunciata come un errore procedurale (violazione di legge ex art. 606, co. 1, lett. c), c.p.p.), perché non è una norma la cui inosservanza è sanzionata con la nullità, l’inutilizzabilità, l’inammissibilità o la decadenza.

Censurare la valutazione delle prove significa, in realtà, criticare la motivazione della sentenza. Tale critica è permessa in Cassazione, ma solo entro i limiti del cosiddetto “vizio motivazionale” (art. 606, co. 1, lett. e), c.p.p.), che riguarda la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione. Tentare di mascherare una critica nel merito come un vizio procedurale è una strategia destinata a fallire.

La Genericità degli Altri Motivi

Anche gli altri motivi, sia quelli sulla responsabilità che quello sulla circostanza aggravante, sono stati giudicati generici e aspecifici. Il ricorrente, secondo la Corte, si era limitato a riproporre questioni già esaminate e correttamente risolte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi adeguatamente con le argomentazioni logiche e giuridiche contenute nella sentenza impugnata. La Corte ha sottolineato come la motivazione dei giudici di merito fosse congrua e immune da vizi, avendo correttamente identificato le aggravanti del reato (l’uso della violenza su cose per introdursi in un’abitazione e il concorso di tre persone nel reato).

Conclusioni

Questa ordinanza è un’importante lezione pratica sui requisiti del ricorso in Cassazione. Per evitare una declaratoria di inammissibilità, è fondamentale che i motivi siano specifici, pertinenti e che non tentino di trasformare il giudizio di legittimità in un’ulteriore valutazione dei fatti. Le censure devono essere mirate a individuare precise violazioni di legge o vizi logici evidenti nella motivazione, senza limitarsi a una generica contestazione della decisione di merito. La mancata osservanza di questi principi non solo rende vana l’impugnazione, ma comporta anche significative conseguenze economiche per i ricorrenti.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se i motivi proposti sono manifestamente infondati, generici, assertivi o non specifici. Inoltre, è inammissibile se si tenta di contestare la valutazione dei fatti (merito) anziché denunciare una violazione di legge o un vizio di motivazione nei limiti previsti dalla normativa.

È possibile contestare la valutazione delle prove (art. 192 c.p.p.) in Cassazione come violazione di legge processuale?
No. Secondo l’insegnamento consolidato della Corte di Cassazione, la violazione delle regole sulla valutazione della prova (art. 192 c.p.p.) non costituisce un motivo di ricorso per violazione di legge processuale, poiché non è sanzionata a pena di nullità, inutilizzabilità o inammissibilità. Può essere censurata solo come vizio di motivazione (mancanza, illogicità) entro i limiti stabiliti dall’art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, il cui importo è determinato dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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