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Ricorso in Cassazione: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso avverso una condanna per rapina. La Suprema Corte ribadisce che il ricorso in Cassazione non può riesaminare i fatti o la credibilità dei testimoni, già valutati dai giudici di merito, né può introdurre motivi di appello non presentati nei gradi precedenti.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: La Differenza tra Fatto e Diritto

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso in Cassazione, ribadendo un principio cardine del nostro sistema processuale: la Suprema Corte è giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che non può riesaminare i fatti del processo, ma solo verificare la corretta applicazione delle norme di diritto. Il caso analizzato riguarda una condanna per rapina in concorso, dove l’imputata ha tentato di contestare in Cassazione la valutazione delle prove e la credibilità della persona offesa, vedendosi respingere il ricorso perché inammissibile.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna per Rapina al Ricorso

Una donna veniva condannata in primo e secondo grado per il reato di concorso in rapina, commesso nel 2007. La Corte d’Appello di Catanzaro aveva confermato la sentenza del Tribunale di Crotone, ritenendo provata la sua responsabilità penale. La difesa dell’imputata decideva quindi di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, sperando di ribaltare il verdetto.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa basava il ricorso su tre principali argomenti:
1. Inattendibilità della persona offesa: Si sosteneva che le dichiarazioni della vittima fossero contraddittorie e quindi non attendibili.
2. Inidoneità della minaccia: Si contestava che la minaccia proferita fosse realmente in grado di incutere timore nella vittima, elemento costitutivo del reato di rapina.
3. Applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Si lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Questi motivi, tuttavia, si scontrano con la natura stessa del giudizio di legittimità.

L’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione: La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, spiegando nel dettaglio perché nessuna delle doglianze potesse essere accolta.

La Valutazione dei Fatti è Riservata al Giudice di Merito

La Suprema Corte ha chiarito che contestare la credibilità della persona offesa o l’idoneità della minaccia costituisce una “mera doglianza in punto di fatto”. I giudici di primo e secondo grado avevano già valutato questi aspetti, fornendo una motivazione logica e congrua nelle loro sentenze. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o contraddittoria, vizio non riscontrato in questo caso.

I Motivi Nuovi non sono Ammessi in Cassazione

Per quanto riguarda la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p., la Corte ha rilevato un vizio procedurale decisivo. Questo specifico motivo non era stato presentato nel precedente atto di appello. L’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale vieta di sollevare in Cassazione questioni che non siano state dedotte in appello. Pertanto, anche questo motivo è stato dichiarato inammissibile.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni dell’ordinanza si fondano su principi consolidati. La Corte ha ribadito che il giudizio di Cassazione non è un “terzo grado” di merito. Il suo compito è assicurare l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. Le censure che attaccano la “persuasività” o l'”adeguatezza” della motivazione di merito, o che sollecitano una diversa lettura delle prove, esulano dalle sue competenze. Il ricorso è stato quindi respinto perché tentava di ottenere un nuovo giudizio sui fatti, mascherandolo da violazione di legge.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza è un monito per chi intende presentare un ricorso in Cassazione: è fondamentale concentrarsi esclusivamente sui vizi di legittimità. Non è possibile sperare di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti o la valutazione delle prove già compiuta nei gradi di merito. La decisione sottolinea inoltre l’importanza di articolare compiutamente tutti i motivi di doglianza già in sede di appello, poiché la loro omissione ne preclude la deducibilità davanti alla Suprema Corte, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile contestare la credibilità di un testimone con un ricorso in Cassazione?
No, la valutazione della credibilità dei testimoni e delle persone offese è una questione di fatto riservata ai giudici di merito (primo e secondo grado). Può essere contestata in Cassazione solo se la motivazione della sentenza impugnata presenta contraddizioni manifeste e illogicità evidenti.

Cosa succede se un motivo di ricorso non è stato presentato nel precedente grado di appello?
Il motivo di ricorso viene dichiarato inammissibile. La legge (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.) stabilisce che non si possono presentare alla Corte di Cassazione motivi che non siano già stati dedotti nell’atto di appello.

Perché il ricorso è stato considerato basato su “mere doglianze in punto di fatto”?
Perché le contestazioni dell’imputata non riguardavano errori nell’applicazione della legge, ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove (come le dichiarazioni della persona offesa), un’attività che è preclusa alla Corte di Cassazione, la quale è giudice di legittimità e non di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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