Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18871 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 06/05/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18871 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME
CC – 06/05/2025
R.G.N. 4358/2025
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nata a Cosenza il 13/05/1976
avverso la sentenza del 01/10/2024 della Corte d’appello di Catanzaro
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
Rilevato che con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza in data 19 novembre 2021 del Tribunale di Crotone con la quale era stata affermata la penale responsabilità della COGNOME in relazione al contestato reato di concorso in rapina (artt. 110, 628 cod. pen.) consumato in data 25 agosto 2007.
Rilevato che la difesa dell’imputata ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte territoriale deducendo violazione di legge e vizi di motivazione alla luce della inattendibilità per contraddittorietà delle dichiarazioni rese dalla persona offesa oltre che per l’inidoneità della minaccia asseritamente proferita dalla COGNOME ad incutere timore nella persona offesa, nonchØ per inosservanza o erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.
Considerato che il motivo di ricorso che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità in relazione al reato di rapina e, conseguentemente, la configurabilità del reato stesso, non Ł consentito dalla legge in sede di legittimità perchØ costituito da mere doglianze in punto di fatto avendo i Giudici del merito indicato con motivazione congrua e logica le ragioni (v. pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata) per le quali hanno ritenuto provato che l’azione delittuosa oggetto di contestazione Ł stata posta in essere dall’imputata;
che , in tema di prove, la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che, come tale, non può essere rivalutata in sede di legittimità,
salvo che il giudice sia incorso in manifeste contraddizioni (Sez. 2, n. 41505 del 24/09/2013, COGNOME, Rv. 257241), vizio nel caso di specie non riscontrato;
che in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965);
che di conseguenza corretta risulta essere la qualificazione giuridica della condotta dell’imputata consentendo la stessa di integrare gli elementi oggettivo e soggettivo del contestato reato di rapina;
considerato altresì che il motivo di ricorso, con il quale si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’art. 131bis cod. pen., non Ł consentito in sede di legittimità poichØ, oltre ad essere caratterizzato da assoluta genericità per indeterminatezza, essendo privo dei requisiti prescritti, a pena di inammissibilità del ricorso, dall’ art. 581, comma 1, cod. proc. pen., esso non risulta essere stato previamente dedotto come motivo di appello, secondo quanto Ł prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pag. 1 e 2).
Rilevato , pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME