Ricorso in Cassazione: I Pericoli dei Motivi Nuovi e della Genericità
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, una fase delicata governata da regole procedurali estremamente rigorose. Una recente sentenza della Suprema Corte (n. 15137/2024) ci rammenta due principi fondamentali: la necessità di formulare motivi specifici e il divieto di introdurre questioni nuove mai sollevate in appello. Analizziamo come la Corte ha applicato questi principi in un caso di tentata estorsione aggravata, dichiarando l’impugnazione inammissibile.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine da una sentenza della Corte di Appello che, riformando parzialmente una decisione di primo grado, aveva condannato un’imputata per due episodi di tentata estorsione aggravata. La difesa ha proposto ricorso per Cassazione basandosi principalmente su due argomentazioni:
1. Il ruolo dell’imputata sarebbe stato del tutto marginale e inconsapevole, limitandosi a eseguire “direttive del marito” senza la volontà di minacciare o estorcere.
2. L’insussistenza dell’aggravante delle più persone riunite, poiché, a dire della difesa, non vi sarebbe stata la presenza simultanea dei correi sul luogo del delitto.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale, sancendo che il ricorso non possedeva i requisiti minimi per essere esaminato. Di conseguenza, l’imputata è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Analisi della Sentenza sulla Genericità del Ricorso in Cassazione
La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi distinti, uno per ciascun motivo di ricorso.
La Genericità del Primo Motivo: Mancato Confronto con la Sentenza d’Appello
Riguardo al presunto ruolo marginale dell’imputata, la Cassazione ha bollato il motivo come inammissibile per “genericità”. La Corte d’Appello, infatti, aveva motivato in modo puntuale, sulla base di intercettazioni telefoniche, come l’imputata avesse svolto un “ruolo primario e fondamentale”, essendo l’autrice diretta delle minacce volte a coartare la volontà della persona offesa.
Il ricorso della difesa, secondo la Cassazione, non si è confrontato adeguatamente con questa specifica motivazione. Invece di contestare nel dettaglio le conclusioni del giudice d’appello basate sulle prove, si è limitato a riproporre una tesi difensiva già vagliata e respinta. Questo rende il motivo di ricorso generico e, di conseguenza, inammissibile.
L’Inammissibilità del Secondo Motivo: il Divieto di “Nova” in Cassazione
Ancora più netta è stata la decisione sul secondo motivo, relativo all’aggravante. La Corte ha rilevato che questa censura era stata sollevata “tardivamente”, ovvero per la prima volta in sede di legittimità.
La giurisprudenza costante, richiamata nella stessa sentenza (Cass. n. 13826/2017), stabilisce che non è possibile dedurre davanti alla Cassazione vizi o questioni che non siano stati precedentemente sottoposti al vaglio della Corte d’Appello. Il giudizio di Cassazione è un controllo di legittimità sulla decisione impugnata; non può trasformarsi in una sede dove introdurre per la prima volta argomenti che dovevano essere sviluppati nel merito, ovvero nel secondo grado di giudizio. La questione dell’aggravante, non essendo stata motivo di appello, non poteva quindi essere discussa per la prima volta in Cassazione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
Questa sentenza offre due lezioni cruciali per la pratica legale. In primo luogo, un ricorso in Cassazione efficace non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni respinte in appello, ma deve attaccare specificamente e logicamente il ragionamento della sentenza impugnata, dimostrando dove e perché il giudice abbia errato nell’applicazione della legge. In secondo luogo, la strategia difensiva deve essere costruita sin dal primo grado, assicurandosi di sollevare tutte le eccezioni e i motivi di contestazione nel giudizio d’appello. Omettere un’argomentazione in quella sede significa, nella maggior parte dei casi, perdere per sempre la possibilità di farla valere davanti alla Suprema Corte, con conseguenze irreversibili per l’esito del processo.
È possibile presentare per la prima volta un motivo di ricorso davanti alla Corte di Cassazione?
No, la sentenza chiarisce che non sono deducibili per la prima volta in sede di legittimità (davanti alla Cassazione) vizi che non siano stati sollevati in precedenza come motivo di appello.
Cosa rende un motivo di ricorso “generico” e quindi inammissibile?
Un motivo è ritenuto generico quando non si confronta specificamente con la puntuale motivazione della sentenza impugnata. Nel caso di specie, la difesa non ha contestato efficacemente le prove (intercettazioni) che la Corte d’Appello aveva utilizzato per definire il ruolo della ricorrente come primario e non marginale.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, come disposto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15137 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15137 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nata a Catanzaro il DATA_NASCITA
avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria in data 22/6/2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che la ricorrente è stata ammessa alla richiesta trattazione orale in presenza;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME:
udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;
udite le conclusioni con le quali l’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO difensore di COGNOME NOME, ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che il primo motivo di ricorso proposto da COGNOME NOME avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria in data 22/6/2003
P
che ha riformato la sentenza del Tribunale di Locri, dichiarando estinti per prescrizione alcuni reati e rideterminando la pena inflitta all’imputata per due episodi di tentata estorsione aggravata, è inammissibile per genericità perché non si confronta con la puntuale motivazione fornita dal giudice di appello ( cfr. pag. 18 della sentenza impugnata) circa il ruolo tutt’altro che marginale svolto dalla COGNOME nella vicenda estorsiva.
In particolare la Corte di appello ha evidenziato che dalle intercettazioni risultava che la COGNOME, non si era limitata “a dare esecuzione alla direttive del marito”, senza avere consapevolezza dell’attività estorsiva, usando toni scherzosi e privi di contenuto minaccioso, ma avesse svolto un ruolo primario e fondamentale nell’esecuzione dei delitti rendendosi autrice diretta delle minacce nei confronti della persona offesa, al fine di coartarne la volontà.
Quanto alla censura con la quale si contesta la configurabilità della aggravante delle più persone riunite, sul presupposto che non vi sarebbe stata la simultanea presenza dei correi sul luogo e nel momento dell’estorsione, essa inammissibile per essere stata tardivamente sollevata, dovendosi qui ribadire che non sono deducibili per la prima volta in sede di legittimità vizi non dedotti in precedenza come motivo di appello (Sez.. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Rv. 269745).
Uniformandosi a tali orientamenti che il Collegio condivide, va dichiarata inammissibile l’impugnazione; ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Sentenza a motivazione semplificata
Roma, 20 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente
NOME COGNOME
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NOME COGNOME