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Ricorso in Cassazione: motivi manifestamente infondati

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per truffa. I motivi sono stati giudicati manifestamente infondati in quanto mere reiterazioni di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. La Suprema Corte ha ribadito la correttezza della decisione impugnata, che aveva logicamente argomentato sia sulla sussistenza del reato sia sul diniego della particolare tenuità del fatto e delle attenuanti generiche, basandosi sui precedenti dell’imputato e sulla gravità della condotta. Questo caso evidenzia come il ricorso in Cassazione non possa essere utilizzato per un riesame dei fatti.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: quando i motivi sono generici e infondati

Il ricorso in Cassazione rappresenta l’ultimo baluardo della giustizia, un rimedio straordinario che permette di contestare una sentenza per vizi di legittimità e non di merito. Ma cosa accade quando i motivi presentati sono solo una ripetizione di argomentazioni già respinte nei gradi precedenti? Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce i limiti di questo strumento, dichiarando inammissibile un ricorso per truffa proprio a causa della sua manifesta infondatezza e genericità.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un agente immobiliare condannato per il reato di truffa ai sensi dell’art. 640 del codice penale. La Corte d’Appello aveva confermato la sua responsabilità, ritenendo provati gli artifizi e raggiri utilizzati per danneggiare un cliente. L’imputato ha quindi deciso di presentare ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali:

1. La contestazione della sua responsabilità penale, sostenendo una violazione di legge e un vizio di motivazione.
2. Il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
3. Il diniego delle circostanze attenuanti generiche.

L’Analisi della Corte: il ricorso in Cassazione inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato i tre motivi e li ha respinti tutti, giudicandoli manifestamente infondati. Vediamo nel dettaglio il ragionamento seguito dai giudici.

Primo Motivo: La Genericità delle Censure

Il primo motivo è stato liquidato come una semplice riproposizione di argomenti già ampiamente discussi e disattesi dalla Corte territoriale. I giudici hanno sottolineato che il ricorrente non ha mosso una critica specifica alla logica della sentenza d’appello, ma si è limitato a ripetere le sue doglianze. La Corte d’Appello, al contrario, aveva fornito una motivazione logica e non contraddittoria, individuando con precisione tutti gli elementi costitutivi della truffa. Un ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti.

Secondo e Terzo Motivo: La Discrezionalità del Giudice di Merito

Anche i motivi relativi alla particolare tenuità del fatto e alle attenuanti generiche sono stati ritenuti infondati. La Cassazione ha ricordato che la valutazione sulla sussistenza di queste condizioni rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale valutazione, basata sui criteri dell’art. 133 c.p. (gravità del reato, capacità a delinquere), può essere censurata in sede di legittimità solo se la motivazione è totalmente assente o manifestamente illogica. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente negato entrambi i benefici sulla base di elementi concreti: la presenza di precedenti specifici, la gravità della condotta e il comportamento successivo al reato. La mancanza di elementi positivi a favore dell’imputato ha giustificato pienamente il diniego.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità. In primo luogo, il ricorso in Cassazione deve contenere motivi specifici che si confrontino criticamente con la sentenza impugnata, non limitarsi a una sterile ripetizione di argomenti già respinti. La mancanza di specificità rende il ricorso inammissibile. In secondo luogo, le valutazioni discrezionali del giudice di merito, come quelle sulla concessione delle attenuanti o sull’applicazione dell’art. 131-bis c.p., sono insindacabili in Cassazione se supportate da una motivazione coerente e logica. La Suprema Corte non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato le prove e conosciuto direttamente il caso.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito: il ricorso in Cassazione è uno strumento tecnico che richiede rigore e specificità. Non è una terza occasione per ridiscutere i fatti. La decisione di rigettare un ricorso perché manifestamente infondato, in quanto riproduttivo di censure già esaminate, rafforza il ruolo della Cassazione come custode della corretta applicazione del diritto (ius constitutionis) e non come giudice del fatto. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la redazione di un ricorso efficace richiede un’attenta analisi della motivazione della sentenza d’appello per individuare reali vizi di legittimità, piuttosto che insistere su punti già motivatamente respinti.

Quando un motivo di ricorso in Cassazione viene considerato generico e inammissibile?
Un motivo di ricorso è considerato generico e quindi inammissibile quando si limita a riproporre le stesse censure già adeguatamente esaminate e respinte dal giudice d’appello, senza un effettivo confronto critico con le ragioni di fatto e di diritto esposte nella sentenza impugnata.

Perché la Corte non ha concesso l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto?
La Corte ha confermato il diniego perché i giudici di merito avevano correttamente valutato la situazione, ritenendo non applicabile tale causa di non punibilità a causa della presenza di precedenti penali specifici dell’imputato, della gravità delle modalità della condotta e del suo comportamento successivo al reato.

Su quali basi un giudice può negare le circostanze attenuanti generiche?
Un giudice può negare le circostanze attenuanti generiche basandosi sulle stesse ragioni che giustificano il diniego della particolare tenuità del fatto e, più in generale, sull’assenza di elementi positivi a favore dell’imputato. La valutazione si basa sui criteri dell’art. 133 del codice penale ed è una decisione discrezionale del giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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