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Ricorso in Cassazione: motivi generici inammissibili

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso in Cassazione avverso una condanna per coltivazione di stupefacenti. I motivi sono stati giudicati generici, ripetitivi e basati su questioni di fatto, non di diritto. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Quando i Motivi Vengono Ritenuti Inammissibili

Presentare un ricorso in Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma è un percorso irto di ostacoli procedurali. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come la genericità e la natura fattuale dei motivi possano portare a una dichiarazione di inammissibilità, con conseguenze significative per il ricorrente. Il caso in esame riguarda un imputato condannato per la coltivazione di una vasta piantagione di sostanze stupefacenti che ha visto il suo tentativo di appello finale respinto prima ancora di essere discusso nel merito.

I Fatti del Processo

Il procedimento trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di un individuo per un reato legato agli stupefacenti. Nello specifico, l’imputato era stato ritenuto responsabile della gestione di una piantagione di notevoli dimensioni, da cui si sarebbe potuta ricavare un’ingente quantità di sostanza illecita. Non accettando la decisione dei giudici di secondo grado, l’imputato ha deciso di presentare un ricorso in Cassazione, affidando ai suoi motivi di impugnazione la speranza di un annullamento della condanna.

La Decisione della Corte di Cassazione e i Motivi del Ricorso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. L’imputato aveva basato la sua difesa su diversi punti, tra cui:

* La contestazione della propria responsabilità penale.
* L’irrilevanza di alcune prove richieste.
* La richiesta di qualificare il reato come ‘fatto di lieve entità’.
* La mancata concessione delle attenuanti generiche.

Tuttavia, la Suprema Corte ha ritenuto che nessuno di questi motivi fosse valido per un giudizio di legittimità. I giudici hanno osservato che le argomentazioni presentate non erano altro che una sterile ripetizione di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi profili di diritto.

Le Motivazioni: Perché il ricorso in Cassazione è stato respinto

Il fulcro della decisione risiede nella natura stessa del giudizio di Cassazione. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il suo compito non è quello di riesaminare i fatti del processo, ma di verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici di merito. I motivi del ricorrente sono stati qualificati come ‘mere doglianze in punto di fatto’, ovvero critiche alla ricostruzione degli eventi, che esulano completamente dalle competenze della Cassazione.

La Corte ha specificato che la sentenza d’appello aveva già fornito risposte logiche e giuridicamente corrette a tutte le questioni sollevate:

1. Esclusione del fatto di lieve entità: La Corte d’Appello aveva correttamente giustificato tale esclusione basandosi sull’importanza della piantagione e sull’ingente quantità di stupefacente ricavabile, elementi che denotano una notevole gravità del fatto.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Anche su questo punto, la decisione era stata legittimamente fondata sulla ‘negativa personalità del ricorrente’, un parametro previsto dall’art. 133 del codice penale che il giudice può utilizzare per valutare l’opportunità di concedere una riduzione di pena.

In sostanza, il ricorso in Cassazione è stato giudicato generico e riproduttivo, privo dei requisiti di specificità e pertinenza giuridica necessari per superare il vaglio di ammissibilità.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La dichiarazione di inammissibilità ha reso definitiva la condanna dell’imputato. Oltre a ciò, la Corte lo ha condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: un ricorso in Cassazione deve essere redatto con estrema perizia tecnica, concentrandosi esclusivamente su vizi di legittimità (violazione di legge o vizi logici della motivazione) e non su una diversa interpretazione dei fatti. Tentare di trasformare la Suprema Corte in un terzo grado di merito è una strategia destinata al fallimento, con conseguenze economiche non trascurabili per chi la intraprende.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti di un processo?
No. L’ordinanza conferma che la Corte di Cassazione non è un giudice di merito e non può riesaminare i fatti. Il suo compito è limitato a verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici, meramente riproduttivi di argomentazioni già respinte in appello e si configuravano come ‘doglianze in punto di fatto’, ossia critiche alla ricostruzione degli eventi, materia che non può essere trattata in sede di legittimità.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, la condanna è diventata definitiva. Inoltre, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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