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Ricorso in Cassazione: motivi generici e inammissibilità

Una persona, condannata per simulazione di reato, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione contestando la propria responsabilità e la severità della pena. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso in Cassazione inammissibile, stabilendo che i motivi presentati miravano a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, e che le altre doglianze erano generiche e ripetitive. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Quando i Motivi Vengono Dichiarati Inammissibili

Il ricorso in Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, un momento cruciale in cui si può contestare una sentenza per vizi di legittimità. Tuttavia, l’accesso a questa tutela non è incondizionato. Come dimostra una recente ordinanza della Suprema Corte, la formulazione di motivi generici o volti a un riesame dei fatti conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguenze significative per il ricorrente. Analizziamo insieme un caso emblematico.

Il caso in esame: dalla condanna all’appello in Cassazione

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un’imputata per il reato di simulazione di reato, previsto dall’art. 367 del codice penale. Dopo la conferma della condanna da parte della Corte d’Appello, la difesa decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. I motivi dell’impugnazione si concentravano su tre punti principali:

1. La contestazione della sussistenza della responsabilità penale, chiedendo di fatto una riconsiderazione alternativa dei fatti.
2. La mancata applicazione delle attenuanti generiche.
3. L’eccessiva severità della pena inflitta.

Questi argomenti, tuttavia, non hanno superato il vaglio preliminare della Suprema Corte.

I limiti del Ricorso in Cassazione

La decisione della Corte di Cassazione si fonda su principi consolidati della procedura penale che definiscono i confini del suo intervento. Il ricorso è stato giudicato inammissibile non per un’analisi nel merito delle questioni, ma per difetti strutturali nei motivi proposti.

La contestazione sui fatti: un limite invalicabile

Il primo e più importante motivo di inammissibilità riguarda la natura del giudizio di Cassazione. La Corte non è un “terzo grado di merito”, ma un giudice di “legittimità”. Ciò significa che il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi precedenti, non riesaminare le prove o ricostruire i fatti. La richiesta della ricorrente di una “valutazione alternativa della vicenda” è stata considerata un tentativo di invadere la sfera del giudizio di merito, attività preclusa in questa sede.

La genericità delle altre doglianze

Anche le censure relative alle attenuanti generiche e alla severità della pena sono state respinte. La Corte ha rilevato che tali doglianze erano “prive di specificità” e si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello. Per un ricorso efficace, non è sufficiente ripetere le proprie tesi, ma è necessario individuare vizi logici o giuridici specifici nella motivazione della sentenza impugnata.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21840/2024, ha ribadito con fermezza il suo ruolo. Ha evidenziato che la censura sulla responsabilità penale era formulata in termini “assai generici” e “versata in punto di fatto”, scontrandosi con la consolidata giurisprudenza di legittimità. I giudici di merito avevano già sviluppato un’argomentazione “non manifestamente illogica” per fondare la condanna, e tale valutazione non poteva essere messa in discussione.

Per quanto riguarda le altre questioni, la Corte ha sottolineato che si trattava di una “mera riproduzione” di profili già “adeguatamente vagliati e disattesi con corretti e non illogici argomenti dal giudice di merito”. Di fronte a motivi così formulati, la Corte non può fare altro che dichiarare l’inammissibilità del ricorso.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della decisione

Questa pronuncia offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma che la redazione di un ricorso in Cassazione richiede un’elevata specializzazione tecnica, focalizzata sulla ricerca di vizi di legge e non su una sterile riproposizione di argomenti fattuali. In secondo luogo, una declaratoria di inammissibilità ha conseguenze economiche dirette per il ricorrente: oltre alla condanna al pagamento delle spese processuali, la Corte ha inflitto una sanzione pecuniaria di 3.000 euro da versare alla Cassa delle ammende. Infine, con questa decisione, la sentenza di condanna diventa definitiva, chiudendo irrevocabilmente la vicenda processuale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano in parte volti a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività non consentita in Cassazione, e in parte erano generici e semplici ripetizioni di argomenti già correttamente respinti dalla Corte d’Appello.

Cosa significa che la Cassazione è ‘giudice di legittimità’ e non ‘di merito’?
Significa che la Corte di Cassazione ha il compito di verificare se i giudici dei gradi precedenti hanno applicato correttamente le norme di legge e se la motivazione della sentenza è logica e non contraddittoria. Non può, invece, riesaminare le prove o decidere quale ricostruzione dei fatti sia più credibile.

Quali sono state le conseguenze per la persona che ha presentato il ricorso?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, la condanna è diventata definitiva. Inoltre, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese del processo e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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