Ricorso in Cassazione: Quando le Doglianze di Fatto Portano all’Inammissibilità
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del nostro ordinamento: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel quale si possono ridiscutere i fatti, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge. Il caso in esame riguarda un imputato che ha visto il suo ricorso respinto perché basato su contestazioni fattuali, in particolare relative al diniego di una pena sostitutiva.
I Fatti del Caso: il Diniego della Pena Sostitutiva
La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte d’Appello di Bari. L’imputato, dopo la condanna, aveva proposto appello, ma i giudici di secondo grado avevano confermato la decisione. In particolare, la Corte d’Appello aveva negato all’imputato l’applicazione di una pena sostitutiva, ritenendola inadeguata a realizzare la finalità punitiva della sanzione. Questa decisione era fondata su un giudizio di pericolosità sociale dell’imputato, formulato sulla base dei suoi precedenti penali.
La Decisione sul Ricorso in Cassazione
Contro la sentenza d’appello, l’imputato ha presentato un ricorso in Cassazione. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione di tale decisione risiede nella natura stessa dei motivi presentati dal ricorrente. Essi non contestavano un errore di diritto commesso dai giudici d’appello, ma miravano a una nuova valutazione dei fatti e delle circostanze personali dell’imputato, un’attività che esula completamente dalle competenze della Corte di Cassazione.
La Distinzione tra Questione di Fatto e Questione di Diritto
Il punto centrale della pronuncia è la netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. I primi due gradi di giudizio (Tribunale e Corte d’Appello) si occupano di accertare i fatti e di applicare ad essi le norme giuridiche. La Corte di Cassazione, invece, interviene solo per verificare che la legge sia stata interpretata e applicata correttamente, senza poter entrare nel merito delle prove o della ricostruzione fattuale. I motivi del ricorrente sono stati qualificati come “mere doglianze in punto di fatto”, e come tali, non ammessi in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha specificato che la scelta di negare l’applicazione della pena sostitutiva non è censurabile. I giudici di merito avevano esercitato il loro potere discrezionale, motivando adeguatamente la decisione sulla base di elementi concreti: la pericolosità sociale dell’imputato e i suoi precedenti. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, a meno che la motivazione di questi ultimi non sia manifestamente illogica, contraddittoria o inesistente. Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta logica e coerente con gli elementi a disposizione.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La declaratoria di inammissibilità del ricorso ha comportato due conseguenze significative per il ricorrente. In primo luogo, la condanna è diventata definitiva. In secondo luogo, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: un ricorso in Cassazione deve essere fondato su precise violazioni di legge e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere una terza valutazione dei fatti. Tentare questa strada non solo è inutile, ma comporta anche ulteriori costi economici per chi lo propone.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi proposti non riguardavano errori di diritto, ma erano semplici contestazioni sulla valutazione dei fatti (definite “mere doglianze in punto di fatto”), che non possono essere riesaminate dalla Corte di Cassazione.
Quale decisione era stata contestata con il ricorso?
Il ricorrente contestava la decisione della Corte d’Appello di negargli l’applicazione di una pena sostitutiva, decisione basata su un giudizio di pericolosità sociale fondato sui suoi precedenti.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47512 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47512 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 18/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN SEVERO il 22/01/1994
avverso la sentenza del 17/11/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME COGNOME dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso, avverso la sentenza indicata in oggetto, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto;
Considerato che non è censurabile la scelta di denegare l’applicazione della pena sostitutiva ritenuta inidonea a realizzare la finalità punitiva alla luce del giudizio di pericolosità sociale dell’imputato formulato alla stregua dei suoi precedenti;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 novembre 2024