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Ricorso in Cassazione: motivi aspecifici e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per reati fallimentari. La decisione si fonda sulla manifesta infondatezza e sulla aspecificità dei motivi di appello, evidenziando come la mancata adeguata critica alla sentenza impugnata renda il ricorso in Cassazione non esaminabile nel merito. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Quando la Genericità dei Motivi Porta all’Inammissibilità

Un ricorso in Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, un’occasione cruciale per contestare una condanna. Tuttavia, l’accesso a questo giudizio di legittimità è subordinato a regole procedurali molto stringenti. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come la mancata osservanza di tali regole, in particolare la presentazione di motivi di ricorso generici o ‘aspecifici’, conduca inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguenze economiche per il ricorrente.

I Fatti del Caso

Il caso in esame riguarda un imprenditore condannato in primo e secondo grado per una serie di reati fallimentari previsti dalla Legge Fallimentare (R.D. 267/1942). La Corte di Appello di Roma, pur riformando parzialmente la decisione di primo grado per rideterminare la pena, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato. Contro questa sentenza, l’imprenditore ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

L’Analisi del Ricorso in Cassazione

L’imprenditore ha basato il suo ricorso in Cassazione su due argomentazioni principali:

Primo Motivo: Violazione di Legge sulla Responsabilità Penale

Il ricorrente contestava la correttezza giuridica della decisione della Corte d’Appello riguardo all’affermazione della sua responsabilità. Sosteneva che i giudici di merito avessero commesso un errore nell’applicare la legge ai fatti accertati.

Secondo Motivo: Errata Quantificazione della Pena e Mancata Sospensione Condizionale

Il secondo punto del ricorso lamentava una violazione di legge nella determinazione dell’entità della pena e, soprattutto, nella mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Le Motivazioni della Decisione della Suprema Corte sul Ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi e li ha rigettati, dichiarando il ricorso inammissibile. Le motivazioni sono un compendio di principi fondamentali della procedura penale.

Il primo motivo è stato giudicato ‘manifestamente infondato’. La Suprema Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione logica, coerente e priva di vizi, spiegando in modo esauriente le ragioni del proprio convincimento sulla colpevolezza dell’imputato. In questi casi, la Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la correttezza giuridica del ragionamento del giudice.

Il secondo motivo è stato invece qualificato come ‘aspecifico’. Questo è il punto cruciale della decisione. La Corte ha spiegato che il ricorrente si è limitato a presentare un ‘proprio approccio critico’ alla sentenza, senza però adeguarsi a quanto richiesto dall’art. 581 del codice di procedura penale. In altre parole, non ha esplicitato in modo puntuale e argomentato le ragioni per cui il ragionamento della Corte d’Appello sulla pena e sulla sospensione condizionale sarebbe stato errato. Un motivo di ricorso non può essere una generica lamentela, ma deve consistere in una critica specifica e circostanziata della decisione impugnata.

È interessante notare che la Corte ha rilevato un ‘errore materiale’ da parte dei giudici d’appello: nella motivazione della loro sentenza avevano riconosciuto i presupposti per la sospensione condizionale, ma avevano poi ‘dimenticato’ di inserirla nel dispositivo finale. Tuttavia, questo errore non è bastato a ‘salvare’ il ricorso, poiché la sua aspecificità lo rendeva comunque inammissibile a priori.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La decisione finale è stata la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Questa pronuncia comporta non solo la definitività della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. È un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Per questo motivo, chi intende presentare un ricorso deve formulare censure specifiche, dettagliate e pertinenti, dimostrando dove e perché il giudice precedente ha sbagliato. Una critica generica o astratta, come avvenuto nel caso di specie, è destinata a essere dichiarata inammissibile, con un aggravio di spese per il condannato.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché i motivi presentati erano in parte manifestamente infondati e in parte aspecifici. In particolare, il secondo motivo non criticava in modo puntuale e argomentato la sentenza impugnata, violando i requisiti di specificità richiesti dall’articolo 581 del codice di procedura penale.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘aspecifico’?
Significa che il motivo è formulato in maniera generica, senza un confronto critico e dettagliato con le argomentazioni contenute nella decisione che si contesta. In pratica, il ricorrente si limita a esporre una propria tesi senza spiegare specificamente perché il ragionamento del giudice precedente sarebbe errato.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in Cassazione?
Quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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