Ricorso in Cassazione: Quando l’Appello Diventa Inammissibile
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di approfondire un tema cruciale della procedura penale: i limiti del ricorso in Cassazione. Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, condannato in primo e secondo grado per concorso in lesioni aggravate e porto di oggetti atti ad offendere. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: la Cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un organo di legittimità che vigila sulla corretta applicazione della legge.
I Fatti del Caso
Il ricorrente era stato condannato dalla Corte d’Appello di Messina per aver partecipato a un’aggressione. Secondo i giudici di merito, pur non essendo l’esecutore materiale, aveva agito come ‘agevolatore e complice’ dei coimputati, rafforzandone il proposito criminoso. La condanna si basava su diverse prove, tra cui le dichiarazioni della persona offesa e le immagini di un sistema di videosorveglianza. Insoddisfatto della sentenza, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte Suprema ha respinto tutti i motivi del ricorso, dichiarandolo integralmente inammissibile. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su argomentazioni precise che delineano chiaramente il perimetro del giudizio di legittimità.
Le Motivazioni: Analisi dei Limiti del Ricorso in Cassazione
Le motivazioni della Corte sono un vero e proprio vademecum sui motivi di inammissibilità di un ricorso. Vediamole nel dettaglio.
Il Divieto di ‘Rilettura’ dei Fatti
Il primo motivo di ricorso contestava la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti operate dai giudici di merito. La Cassazione ha prontamente dichiarato questo motivo inammissibile. La Corte ha ricordato che il suo ruolo non è quello di effettuare una ‘rilettura’ degli elementi di fatto (come testimonianze o filmati). Se il giudice di merito ha motivato la sua decisione in modo logico e senza contraddizioni, basandosi sulle prove disponibili, la Cassazione non può intervenire per offrire una valutazione alternativa. Questo potere è riservato esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.
La Reiterazione dei Motivi d’Appello e la Complicità nel Reato
Anche il secondo e terzo motivo sono stati giudicati inammissibili. L’imputato lamentava un’errata applicazione delle norme sulla complicità (art. 110 c.p.), sostenendo che la sua condotta non fosse stata un contributo causale rilevante. La Corte ha osservato che tali doglianze erano una mera riproposizione di argomenti già presentati e congruamente respinti dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva spiegato in modo esauriente perché l’imputato fosse stato considerato complice, avendo rafforzato l’intento criminale degli altri. Ripetere gli stessi argomenti in Cassazione senza sollevare reali vizi di legittimità rende il ricorso inammissibile.
La Discrezionalità del Giudice nella Graduazione della Pena
Infine, il ricorrente contestava l’eccessività della pena inflitta. Anche su questo punto, la Cassazione ha chiuso la porta. La determinazione della pena (il cosiddetto trattamento sanzionatorio) rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che la stabilisce seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere, etc.). Il ricorso in Cassazione non può contestare l’entità della pena, a meno che la motivazione del giudice sia manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente, cosa che non è avvenuta nel caso di specie.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è emblematica perché riafferma con forza la natura del giudizio di Cassazione. Non è una terza istanza per rivedere il merito della vicenda, ma un baluardo della corretta interpretazione e applicazione del diritto. Per chi intende affrontare questo ultimo grado di giudizio, è fondamentale comprendere che i motivi di ricorso devono concentrarsi esclusivamente su questioni di legittimità: violazioni di legge o vizi logici della motivazione. Tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove o contestare la discrezionalità del giudice sulla pena si traduce, come in questo caso, in una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e al pagamento di una sanzione pecuniaria.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove, come le testimonianze o i video, per dimostrare la propria innocenza?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove. Il suo compito è verificare che i giudici di primo e secondo grado abbiano applicato correttamente la legge e motivato la loro decisione in modo logico, non di stabilire nuovamente come si sono svolti i fatti.
Cosa succede se un motivo di ricorso in Cassazione è identico a uno già presentato e respinto in appello?
Se il motivo è una semplice ripetizione di un’argomentazione già valutata e respinta in modo congruo dalla Corte d’Appello, la Corte di Cassazione lo considera inammissibile, in quanto non presenta nuove questioni di legittimità da esaminare.
La Corte di Cassazione può ridurre una pena considerata troppo alta?
No, non direttamente. La determinazione della pena (trattamento sanzionatorio) è un potere discrezionale del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la decisione sulla pena è palesemente illogica, priva di motivazione o basata su un’errata applicazione della legge, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19286 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19286 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/06/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Messina ne ha confermato la condanna per il concorso nei reati aggravati di cui agli artt. 582 c.p. e 4 I. 110/1975;
Considerato che il primo motivo di ricorso, il quale denuncia violazione di legge e vizi di motivazione in ordine alla declaratoria di responsabilità dell’imputato, è indeducibile in questa sede in quanto tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento tramite un congruo riferimento al materiale probatorio in atti – specie in relazione alla credibilità soggettiva e all’attendibilità intrinseca delle dichiarazioni della persona offesa, per di più suffragate dalle immagini del sistema di videosorveglianza – non potendosi quindi che rilevare la preclusione, per la Corte di cassazione, del potere di ‘rilettura’ degli elementi di fatto a base della decisione, essendo la loro valutazione, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (ex multis Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944).
Considerato che il secondo e il terzo motivo di ricorso, con cui si lamentano violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla ritenuta idoneità della condotta contestata a costituire un contributo causale apprezzabile ai sensi dell’art. 110 c.p., anche in relazione alla mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’alt 116 c.p., sono indeducibili in questa sede in quanto reiterativi di doglianze già prospettate in sede di appello ed ivi congruamente disattese, avendo la Corte territoriale dato atto, con motivazione esente da vizi logici, delle ragioni di fatto e di diritto a base della propria decisione adeguatamente valorizzando le circostanze del caso concreto ai fini del riconoscimento dell’imputato quale agevolatore e complice dei coimputati, dei quali ha invero rafforzato il proposito criminoso.
Considerato che il quarto motivo di ricorso, che contesta l’eccessività del trattamento sanzionatorio, non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p.; circostanza certo ravvisabile nel caso di specie in quanto l’onere argomentativo del giudice risulta
adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 5 della sentenza impugnata).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27 marzo 2024
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