Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8988 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8988 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Ragusa il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 05/05/2023 del Tribunale di Ragusa udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con provvedimento dell’8 agosto 2022 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ragusa ha disposto sequestro preventivo della somma di euro 25.000,00 nei confronti di NOME COGNOME, indagata in ordine al reato di cui all’art. 316-ter cod. pen.
NOME COGNOME ha, quindi, avanzato istanza di riesame avverso detto provvedimento di sequestro argomentando in ordine all’insussistenza del fumus commissi delicti, istanza rigettata dal Tribunale del Riesame di Ragusa con ordinanza del 6 settembre 2022.
La Corte di RAGIONE_SOCIALEzione, con sentenza del 20 dicembre 2022, ha disposto l’annullamento con rinvio di detta ordinanza, esclusivamente in relazione «al tema della rettifica dell’autodichiarazione con riguardo al dato dei ricavi non contabilizzati» (pag. 4 della sentenza rescindente).
NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 5 maggio 2023 con la quale il Tribunale di Ragusa ha nuovamente rigettato il riesame avanzato dall’indagata.
La ricorrente, con l’unico motivo di impugnazione, lamenta erronea applicazione della legge penale nonché carenza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora.
5.1. I giudici del riesame, omettendo di motivare in ordine alla falsità della rettifica della dichiarazione dei redditi presentata dall’indagata, avrebbero violato l’inderogabile obbligo di uniformarsi alla sentenza di annullamento con rinvio.
Il Tribunale, con motivazione apodittica, avrebbe omesso di valutare la documentazione prodotta dalla difesa attestate l’erroneità della indicazione dei ricavi dichiarati ai fini dello studio di settore e la conseguente veridicità della rettifica della dichiarazione dei redditi prodotta dalla ricorrente.
5.2. La difesa lamenta, inoltre, che il Tribunale avrebbe proceduto alla riqualificazione del fatto nel reato di cui all’art. 640-bis cod. pen. senza tenere conto che il Pubblico Ministero ha già esercitato l’azione penale in relazione al reato di cui all’art. 316-ter cod. pen.
5.3. La ricorrente eccepisce, infine, l’irragionevolezza della motivazione con la quale il Tribunale ha ritenuto la sussistenza del periculum in mora in quanto le somme oggetto di sequestro costituirebbero profitto del reato, senza tenere conto del fatto che, nel caso di specie, il profitto sarebbe costituito dal tasso agevolato con cui le somme finanziate sono state erogate.
Non sussisterebbe, peraltro, alcun periculum in mora in quanto la ricorrente starebbe pagando le rate conseguenti al finanziamento ottenuto, circostanza che avrebbe indotto il pubblico ministero ad autorizzare il dissequestro delle somme subordinato all’estinzione del finanziamento, proprio sul rilievo del fatto che la COGNOME ha continuato a corrispondere le rate pregresse, dissequestro successivamente non effettuato a causa delle condizioni di salute della ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo di ricorso ha ad oggetto doglianze in parte non consentite ed in parte manifestamente infondate.
La doglianza con la quale la ricorrente eccepisce la violazione dell’obbligo di uniformarsi alla sentenza di annullamento ed il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti è al contempo manifestamente
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infondata e non consentita perché involgente non violazioni di legge ma difetti di motivazione.
2.1. Appare necessario, preliminarmente, ribadire che avverso le ordinanze emesse a norma dell’art. 324 cod. proc. pen. in materia di sequestro preventivo, il ricorso in RAGIONE_SOCIALEzione è ammesso solo per violazione di legge, per censurare, cioè, errores in iudicando o errores in procedendo commessi dal giudice di merito, la cui decisione risulti di conseguenza radicalmente viziata.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il difetto di motivazione integra gli estremi della violazione di legge solo quando l’apparato argomentativo che dovrebbe giustificare il provvedimento o manchi del tutto o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dall’organo investito del procedimento (vedi Sez. U. n. 5876 del 13/02/2004, Ferazzi, Rv. 226710- 01; Sez. U. n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224611- 01), inidoneità non ravvisabile nel caso oggetto di scrutino.
2.2. Ciò posto, occorre prendere atto che il ricorrente, pur lamentando formalmente violazione di legge e motivazione apparente, contesta in realtà la concreta ricostruzione della vicenda resa dal Tribunale.
Le doglianze difensive sono, ictu ocu/i, riferibili ad una motivazione, non già meramente apparente, ma ritenuta illogica e non condivisa dal ricorrente e, quindi, dedotte per ragioni escluse dal sindacato della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione in materia di misure cautelari reali.
2.3. Il Tribunale ha ritenuto la sussistenza del fumus del reato di cui all’art. 640-bis cod. pen. a seguito di approfondita valutazione della doglianza con la quale la difesa aveva affermato l’insussistenza del reato desumibile dalla presentazione da parte della COGNOME di una dichiarazione di rettifica concernente i familiari a carico ed il quadro RG.
I giudici del riesame, con motivazione articolata e coerente con le risultanze indiziarie, hanno rimarcato che la documentazione allegata dalla difesa non è idonea ad escludere l’ipotizzata falsità dei ricavi indicati nella richiesta rettificata e, di conseguenza, a far venire meno il fumus del reato contestato alla COGNOME; il Tribunale ha, inoltre, correttamente affermato che l’accertamento della falsità o veridicità dell’ammontare dei ricavi cui è stato commisurato il finanziamento pubblico è questione attinente il merito della vicenda processuale e quindi estranea alla cognizione dei giudici del riesame (vedi pagg. 6 e 7 dell’ordinanza impugnata, argomentazioni che non possono esser rivalutate, in
sede di legittimità, non essendo riconducibili né all’area semantica della motivazione “assente” né a quella della motivazione “apparente”.
Deve essere affermato, in conclusione, che il provvedimento impugnato non è affetto da violazione di legge, neanche sub specie carenza assoluta di motivazione nei termini sopra precisati con conseguente manifesta infondatezza della doglianza.
La censura con la quale la ricorrente lamenta la diversa qualificazione giuridica del fatto da parte del Tribunale del riesame è manifestamente infondata.
Il Collegio intende ribadire il principio di diritto secondo cui il giudice, sia in sede di applicazione della misura che in sede di riesame o di appello, può modificare la qualificazione giuridica attribuita dal pubblico ministero al fatto, fermo restando che l’eventuale modifica non produce effetti oltre il procedimento incidentale (vedi Sez. 2, n. 9948 del 23/01/2020, P., Rv. 279211-02; Sez. 6, n. 16202 del 11/03/2021, Voza, Rv. 280900 – 02; da ultimo Sez. 2, n. 40414 del 22/06/2023, COGNOME, non massimata)
L’ulteriore doglianza con la quale la ricorrente lamenta vizio di motivazione alla sussistenza del periculum in mora non è consentita in quanto tale doglianza non era stata proposta il primo ricorso dedotto dalla COGNOME con conseguente preclusione, nel giudizio di rinvio, di questioni inerenti al periculum in mora, perché non in connessione essenziale con la parte annullata relativa ai gravi indizi di reità.
Deve essere ribadito, in proposito, che la sentenza rescindente della Corte di cassazione, da cui origina il giudizio di rinvio, determina una preclusione con riguardo a tutte le questioni non attinte dalla decisione di annullamento. È, pertanto, inammissibile la proposizione nel giudizio di rinvio di una questione che attiene ad un punto della decisione non interessato dal ricorso e che, pur potendo essere dedotta, non è stata in precedenza sollevata, in applicazione del principio della formazione progressiva del giudicato di cui all’art. 624 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 35031 del 10/06/2016, COGNOME, Rv. 267893 – 01; da ultimo Sez. 6, n. 41135 del 21/09/2023, COGNOME, non massimata).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
((R
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 24 novembre 2023
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