Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2802 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2802 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOME COGNOME nato in Bangladesh il 01-01-1987, NOME COGNOME nato in Bangladesh il 12-06-1989, NOME COGNOME nato in Bangladesh il 07-02-1986, avverso l’ordinanza del 19-02-2024 del Tribunale di Trieste; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; udito l’avvocato NOME COGNOME, sostituto processuale dell’avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia dei ricorrenti, il quale ha insistito nell’accoglimento dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 19 febbraio 2024 il Tribunale del Riesame di Trieste confermava il decreto del 29 gennaio 2024 (emesso a seguito di un precedente annullamento dell’originario decreto del 22 dicembre 2023), con il quale il G.I.P. del Tribunale di Trieste aveva disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto del reato di cui all’art. 10 quater del d. Igs. n. 74 del 2000, ascritto agli indagati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Avverso l’ordinanza del Tribunale triestino, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, tramite i loro comuni difensori di fiducia, avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto atto di appello cautelare, rispetto al quale, con provvedimento del 30 marzo 2024, il Tribunale del Riesame ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte di cassazione, evidenziando che avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame è previsto, come mezzo di impugnazione, solo il ricorso per cassazione.
2.1. L’impugnazione è affidata a tre doglianze.
Con la prima, la difesa contesta l’omessa declaratoria di incompetenza territoriale del Tribunale di Trieste, rilevando, in primo luogo, che il delitto d indebita compensazione costituisce un reato non istantaneo, ma a consumazione eventualmente prolungata, che si consuma nel momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato, per cui, rispetto alla posizione di NOME, andava dichiarata la competenza per territorio del Tribunale di Venezia, in quanto i pagamenti degli F24 sono tutti avvenuti presso la filiale dell’Unicredit di Venezia, mentre, quanto a NOME COGNOME e a NOME COGNOME, il Tribunale competente sarebbe quello di Gorizia, essendo i pagamenti avvenuti presso la filiale di Intesa San Paolo di Monfalcone. Ciò posto, si eccepisce in ogni caso l’erronea applicazione dell’art. 12 cod. proc. pen., esistendo un’evidente connessione tra le aziende coinvolte nel procedimento pendente presso il Tribunale di Trieste e le indagini in corso presso l’Autorità giudiziaria di Vallo della Lucania, riguardanti un meccanismo fraudolento incentrato sulla società cartiera Tax and ) Legai, cui fanno capo anche le società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
Con il secondo motivo, si eccepisce la nullità del decreto di sequestro integrato, rilevandosi che il G.I.P. non ha emesso un nuovo decreto, ma si è limitato a integrare l’originario decreto, che tuttavia era stato annullato.
Con il terzo motivo, oggetto di critica è il giudizio sul fumus commistidelicti, rispetto al quale si osserva, dopo un’ampia ricognizione della normativa che ha istituito il credito di imposta per la formazione 4.0, che le verifiche dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza non sono state supportate né da apposita consulenza tecnica, né dal parere del Ministero dello sviluppo economico, unico
organismo statale in grado di stabilire se un determinato corso di formazione erogato e fruito dal dipendente sia sussumibile o meno nelle categorie previste dalla legge, essendo in realtà emerso dalla documentazione prodotta dalla difesa che lo svolgimento dei corsi è legittimamente avvenuto a distanza attraverso collegamenti in video dei dipendenti con il personale docente, dunque con modalità “aula virtuale”, il che rende non sostenibile l’affermazione secondo cui le prestazioni erogate fossero inesistenti, stanti la comprovata partecipazione dei dipendenti ai corsi formativi e la coincidenza tra le prestazioni concretamente rese, in termini di formazione in materia tecnologica, e la descrizione delle singole fatture. A ciò si aggiunge che le fatture risultano contabilizzate e debitamente saldate e che le somme liquide presenti sul conto al momento del sequestro sono il frutto di nuova finanza e/o accrediti effettuati da terzi clienti della società.
Da ultimo, si censura il giudizio sul periculum in mora, eccependosi che, nonostante l’integrazione operata dal G.I.P., è rimasto il difetto di motivazione circa la necessità dell’applicazione della misura cautelare reale, avendo al riguardo il Tribunale travalicato i suoi poteri, integrando indebitamente le inconsistenti argomentazioni del G.I.P., peraltro con affermazioni erronee e contraddittorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili, in quanto proposti da difensori non iscritti nell’albo speciale dei difensori abilitati al patrocinio dinanzi alla Corte di cassazione, dovendosi evidentemente fare riferimento ai difensori che hanno sottoscritto l’atto di impugnazione e non potendosi attribuire valore sanante alla successiva nomina da parte dei ricorrenti, intervenuta solo il 23 luglio 2024, dell’avvocato NOME COGNOME abilitata al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori.
Né rileva in senso contrario la circostanza che l’atto di impugnazione originariamente proposto dai difensori dei ricorrenti non fosse il ricorso per cassazione, dovendosi in tal senso richiamare la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 42385 del 17/09/2019, Rv. 277208), secondo cui, in tema di impugnazioni, la conversione in ricorso per cassazione dell’istanza presentata al giudice del merito e redatta da avvocato non abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori non impedisce la dichiarazione di inammissibilità ai sensi dell’art. 613 cod. proc. pen., in quanto il principio di conservazione degli atti processuali, sotteso al meccanismo della conversione, non giustifica la deroga ai requisiti formali e sostanziali previsti per ciascun mezzo di gravame. A ciò deve solo aggiungersi che la conversione dell’appello in ricorso per cassazione è stata legittima, posto che, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., il rimedio previsto per le ordinanze che decidono le istanze di riesame reale è il ricorso per cassazione.
Ne consegue che le impugnazioni proposte nell’interesse di NOME COGNOME, NOME e NOME devono essere dichiarate inammissibili, da ciò conseguendo l’onere per ciascun ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sos le spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione de causa di inammissibilità”, si dispone infine che ciascun ricorrente versi la somm determinata in via equitativa, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 08.10.2024