LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso in Cassazione: inammissibile se ripetitivo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20843/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso in materia ambientale. La decisione si fonda sul principio per cui la mera ripetizione dei motivi già presentati in appello, senza un’analisi critica della sentenza impugnata, rende il ricorso in Cassazione non accoglibile. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Perché la Semplice Ripetizione dei Motivi Porta all’Inammissibilità

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultima spiaggia per chi cerca di ribaltare una condanna. Tuttavia, non è un’opportunità per ridiscutere l’intero processo. La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 20843 del 2024, ci ricorda una regola fondamentale: il ricorso non può essere una semplice fotocopia dell’atto di appello. Se i motivi non sono specifici e non si confrontano criticamente con la decisione precedente, l’esito è segnato: l’inammissibilità.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per reati ambientali, specificamente per violazioni legate alla gestione dei rifiuti (ai sensi del D.Lgs. 152/06). La Corte di Appello di Palermo aveva confermato la sentenza del Tribunale di Sciacca. Non rassegnato, l’imputato decideva di tentare l’ultima carta, proponendo ricorso alla Suprema Corte di Cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa aveva articolato il ricorso su quattro punti principali, cercando di smontare la condanna:

1. Errata valutazione delle prove: Si sosteneva che i giudici avessero travisato le prove (verbali e fotografie), le quali avrebbero dimostrato solo un modesto e occasionale accumulo di rifiuti, non un reato strutturato.
2. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Secondo la difesa, il fatto era talmente lieve (art. 131 bis c.p.) da non meritare una condanna penale, considerando anche il successivo ripristino dell’area.
3. Estinzione del reato per avvenuta bonifica: Si contestava che, nonostante l’area fosse stata bonificata, i giudici non avessero dichiarato l’estinzione del reato come previsto dalla normativa ambientale (art. 318 ter D.Lgs. 152/06).
4. Errata determinazione della pena: Infine, si lamentava che la pena fosse stata calcolata senza un’adeguata valutazione dei criteri previsti dall’art. 133 del codice penale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione: Il Principio della Specificità del Ricorso

La Corte di Cassazione non è entrata nel merito delle questioni sollevate. Ha, invece, bloccato il ricorso sul nascere, dichiarandolo inammissibile. La motivazione è netta e rappresenta un importante monito per la prassi legale.

I giudici hanno rilevato che tutti e quattro i motivi presentati non erano altro che una “pedissequa riproposizione” dei motivi già avanzati nell’atto di appello. In altre parole, la difesa si era limitata a copiare e incollare le stesse argomentazioni, senza elaborare una critica specifica e puntuale contro le ragioni esposte dalla Corte di Appello nella sua sentenza.

Il ricorso in Cassazione, spiega la Corte, non è un terzo grado di giudizio dove si possono ripresentare le stesse lamentele. È un giudizio di legittimità, il cui scopo è verificare se i giudici dei gradi precedenti hanno applicato correttamente la legge. Per questo, chi ricorre ha l’onere di spiegare perché la decisione impugnata è sbagliata, confrontandosi direttamente con le motivazioni di quella sentenza. Limitarsi a ripetere le proprie ragioni, ignorando quelle del giudice, rende l’impugnazione generica e, quindi, inammissibile.

Inoltre, per il primo motivo relativo al travisamento delle prove, la Corte ha sottolineato un’ulteriore mancanza: la difesa non aveva allegato al ricorso i documenti che si assumevano travisati, impedendo di fatto alla Corte di verificare la fondatezza della censura.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio procedurale cruciale: il ricorso in Cassazione deve essere un atto mirato e specifico. Non basta essere convinti della propria innocenza; è necessario dimostrare, con argomenti giuridici precisi, dove e come la Corte di Appello ha sbagliato nel suo ragionamento. La pigrizia processuale, consistente nel riproporre gli stessi argomenti senza un’analisi critica della sentenza che si intende demolire, non solo è inefficace, ma comporta anche conseguenze economiche. L’imputato, infatti, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende, proprio a causa della palese infondatezza e superficialità del suo ricorso.

Perché un ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una semplice e letterale ripetizione di quelli già esposti e respinti nel precedente giudizio di appello, senza alcun confronto critico con le motivazioni della sentenza impugnata.

Cosa significa che un ricorso è una ‘pedissequa riproposizione’ dei motivi d’appello?
Significa che l’atto di ricorso si limita a copiare e incollare le argomentazioni del precedente atto di appello, senza sviluppare nuove censure specifiche contro la logica giuridica seguita dal giudice d’appello per respingere quegli stessi argomenti.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, in questo caso 3.000 euro, in favore della Cassa delle Ammende, come sanzione per aver avviato un’impugnazione senza fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati