Ricorso in Cassazione Inammissibile: Quando la Rivalutazione dei Fatti è Preclusa
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità, ribadendo un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione inammissibile è la conseguenza inevitabile quando l’impugnazione si fonda su una semplice richiesta di rivalutazione delle prove. Questo caso, riguardante una condanna per danneggiamento, dimostra come la Suprema Corte non possa trasformarsi in un terzo grado di merito.
I Fatti del Processo e la Doppia Conforme
Il percorso processuale ha visto un imputato condannato sia in primo grado che in appello. La Corte d’Appello di Napoli aveva confermato la sentenza di condanna, realizzando quella che in gergo tecnico viene definita “doppia conforme”. La decisione si basava su una pluralità di elementi probatori considerati solidi e convergenti: le dichiarazioni ritenute attendibili della persona offesa, ulteriormente suffragate da filmati di videosorveglianza acquisiti agli atti. Secondo i giudici di merito, queste prove dimostravano in modo chiaro la responsabilità penale dell’imputato.
Il motivo del ricorso in Cassazione inammissibile
Nonostante la doppia pronuncia di condanna, l’imputato ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione. Il motivo principale sollevato riguardava la presunta violazione delle norme sulla valutazione della prova (art. 192 c.p.p.) e un vizio di motivazione. In sostanza, la difesa contestava l’attendibilità della persona offesa e chiedeva alla Suprema Corte una nuova e diversa lettura degli elementi probatori, sperando in un esito diverso. L’obiettivo era scardinare la ricostruzione dei fatti accolta dai giudici di merito.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, spiegando in modo netto le ragioni. Il punto centrale è la natura stessa del giudizio di Cassazione, che è un giudizio di “legittimità” e non di “merito”. Questo significa che la Corte non può riesaminare i fatti o decidere quale versione sia più credibile; il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria.
Nel caso specifico, il ricorso è stato giudicato “articolato esclusivamente in fatto”. L’imputato non ha evidenziato un errore di diritto o un’illogicità manifesta nel ragionamento dei giudici d’appello, ma ha semplicemente proposto una propria interpretazione delle prove. I giudici di legittimità hanno sottolineato che la motivazione della Corte d’Appello era “esaustiva e conforme alle risultanze processuali”, basata su apprezzamenti di fatto che non possono essere sindacati in sede di Cassazione. Pertanto, tentare di ottenere una “rilettura degli elementi probatori” è un’operazione estranea ai poteri della Suprema Corte.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza è un monito importante: un ricorso in Cassazione deve essere fondato su vizi di legittimità concreti e non può essere un pretesto per un terzo grado di giudizio. Quando le sentenze di primo e secondo grado sono ben motivate e basate su prove solide (come testimonianze corroborate da video), un ricorso che si limita a contestare la valutazione dei fatti ha probabilità quasi nulle di successo. Anzi, come in questo caso, porta a una dichiarazione di inammissibilità con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, aggravando la posizione del ricorrente.
Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si basava esclusivamente su una richiesta di rivalutazione dei fatti e delle prove, un’attività che non rientra nei poteri della Corte di Cassazione, la quale svolge unicamente un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge.
Quali erano le prove a carico del ricorrente?
La condanna si fondava su due elementi principali: le dichiarazioni attendibili rese dalla persona offesa (la vittima del reato) e i filmati di un sistema di videosorveglianza che corroboravano tali dichiarazioni.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito dell’inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22176 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22176 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/07/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, considerato che l’unico motivo di ricorso con cui si lamenta violazione degli artt. 192, cod. proc. pen. e 635, cod. pen. nonché vizio di motivazione in ordine all’attendibilità della persona offesa è articolato esclusivamente in fatto e, quindi, proposto al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità, restando estranei ai poter della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi probatori posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti. I giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la pluralità di elementi (le attendibili dichiarazioni rese dalla persona offesa suffragate dai filmati di videosorveglianza in atti) idonei a dimostrare la penale responsabilità del ricorrente (vedi pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata), ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2024
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