Ricorso in Cassazione: quando la genericità porta all’inammissibilità
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione offre spunti fondamentali per comprendere i requisiti di ammissibilità del ricorso in Cassazione nel processo penale. Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte ha ribadito un principio cruciale: la mera riproposizione di argomenti già esaminati e respinti nei gradi precedenti, senza un confronto critico con la decisione impugnata, rende il ricorso generico e, di conseguenza, inammissibile. Analizziamo il caso per capire le implicazioni pratiche di questa decisione.
I fatti di causa
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Firenze, che aveva confermato la condanna di un individuo per il reato di evasione. L’imputato, secondo l’accusa, non si era recato nel luogo di lavoro autorizzato, violando così le prescrizioni imposte.
Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, basando le proprie argomentazioni principalmente su due motivi: uno di natura procedurale, relativo all’utilizzo delle dichiarazioni testimoniali, e uno di merito, contestando la valutazione delle prove che avevano portato alla condanna.
Il ricorso in Cassazione: i motivi di impugnazione
I motivi del ricorso si articolavano su due punti principali:
1. Utilizzo delle dichiarazioni predibattimentali: La difesa contestava le modalità con cui erano state utilizzate le dichiarazioni rese da un testimone prima del dibattimento per contestare la sua deposizione in aula. Secondo il ricorrente, tale utilizzo era illegittimo.
2. Valutazione della prova: Il secondo motivo criticava la motivazione della Corte d’Appello, sostenendo che non avesse adeguatamente provato la sussistenza del reato di evasione, basandosi su una deposizione testimoniale che escludeva la presenza dell’imputato sul luogo di lavoro.
La decisione della Suprema Corte sul ricorso in Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.
Le motivazioni
La Corte ha smontato entrambi i motivi di ricorso con argomentazioni nette e basate su principi consolidati.
Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno chiarito che le dichiarazioni predibattimentali possono essere legittimamente utilizzate per le contestazioni a un testimone che mostri difficoltà nel ricordare. Se il testimone, in dibattimento, conferma la veridicità di quelle sue precedenti dichiarazioni, esse vengono a tutti gli effetti ‘assorbite’ dalla testimonianza e possono essere utilizzate dal giudice per la sua decisione. Il motivo è stato quindi ritenuto manifestamente infondato.
Sul secondo motivo, la Corte ha rilevato una palese genericità. Il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse questioni di merito già ampiamente e puntualmente trattate dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, infatti, aveva spiegato in modo congruo e logico perché riteneva provato il reato di evasione, basandosi proprio sulla testimonianza che escludeva la presenza dell’imputato nel luogo autorizzato. La Cassazione ha ricordato che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti (valutazione di merito), ma di verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Riproporre le stesse argomentazioni senza un confronto critico ed effettivo con la decisione del giudice di merito non costituisce un valido motivo di ricorso, ma solo un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione dei fatti.
Le conclusioni
Questa ordinanza è un monito importante per chiunque intenda presentare un ricorso in Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione di merito. È indispensabile che i motivi del ricorso siano specifici, critici e focalizzati a denunciare un errore di diritto o un vizio logico manifesto nella motivazione della sentenza impugnata. La semplice riproposizione di tesi difensive già respinte, senza evidenziare dove e perché il giudice d’appello ha sbagliato nel suo ragionamento giuridico, è destinata a sfociare in una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile, tra le altre ragioni, quando i motivi presentati sono generici, ossia si limitano a riproporre le stesse questioni già affrontate e motivate dal giudice precedente, senza un confronto critico ed effettivo con la decisione impugnata.
Le dichiarazioni fatte da un testimone prima del processo possono essere utilizzate in dibattimento?
Sì, le dichiarazioni predibattimentali possono essere utilizzate per le contestazioni a un testimone che in aula manifesti difficoltà a ricordare. Se il testimone ne afferma la veridicità, tali dichiarazioni si considerano confermate e possono essere recepite e utilizzate dal giudice come se fossero state rese direttamente in dibattimento.
Cosa comporta una dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo viene stabilito dal giudice.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35753 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35753 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/02/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il primo motivo è manifestamente infondato, atteso che le dichiarazioni predibattimentali utilizzate per le contestazioni al testimone che manifesti genuina difficoltà di elaborazione del ricordo, ove lo stesso ne affermi la veridicità, devono ritenersi confermate e, in quanto tali, possono essere recepite ed utilizzate come se rese direttamente in dibattimento (cfr., Sez. 2, n. 35428 del 08/05/2018, Caia, Rv. 273455);
ritenuto che il secondo motivo è affetto da genericità rispetto alla puntuale motivazione della Corte di appello di Firenze, che, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, ha congruamente motivato sulle ragioni della ritenuta sussistenza del reato di evasione, sulla base della deposizione testimoniale che ha escluso che l’imputato si fosse recato sul luogo di lavoro autorizzato;
ritenuto che la riproposizione delle medesime questioni affrontate in modo approfondito con motivazione puntuale, in assenza di un confronto effettivo con le valutazioni del giudice di merito, non è ammissibile in sede di legittimità, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n. 44882 del 18.7.2014, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, Rv. 260608);
rilevato che dalla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il giorno il 9 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidepte