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Ricorso in Cassazione inammissibile: no a nuova pena

La Corte di Cassazione, con ordinanza 45023/2024, ha dichiarato un ricorso in Cassazione inammissibile proposto da un imputato condannato per furto. La Corte ha ribadito che il suo giudizio non può vertere su una nuova valutazione dei fatti o sulla congruità della pena, se le decisioni dei giudici di merito sono sorrette da una motivazione logica e adeguata. L’inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione Inammissibile: Quando la Valutazione dei Fatti è Definitiva

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità, chiarendo perché un ricorso in Cassazione inammissibile non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. La Suprema Corte ha delineato con fermezza i confini tra la valutazione dei fatti, riservata ai giudici di merito, e il controllo sulla corretta applicazione della legge, sua esclusiva competenza.

Il caso: un furto e la doppia condanna

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di furto, ai sensi dell’art. 624 del codice penale. La sentenza di primo grado è stata confermata dalla Corte d’Appello di Torino, la quale ha ritenuto provata la responsabilità penale dell’imputato sulla base di una ricostruzione dei fatti e di una valutazione del materiale probatorio ritenute congrue e coerenti.

Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, articolando le sue doglianze su due punti principali:
1. Una presunta errata valutazione dei fatti e delle prove, mascherata da vizio di legittimità.
2. Una critica alla determinazione della pena, ritenuta eccessiva.

Il ricorso in Cassazione inammissibile e i limiti del giudizio

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale che meritano di essere analizzati.

La valutazione dei fatti non è sindacabile in Cassazione

Il primo motivo del ricorso, pur prospettando apparentemente un vizio di legittimità, mirava in realtà a ottenere una nuova e diversa ricostruzione dei fatti. La Suprema Corte ha ribadito che tale operazione è preclusa nel giudizio di cassazione. Il suo compito non è quello di riesaminare le prove e decidere se l’imputato sia colpevole o innocente, ma solo di verificare se i giudici dei gradi precedenti abbiano seguito un percorso logico-giuridico corretto per giungere alla loro conclusione. Nel caso di specie, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano fornito una motivazione “congrua e adeguata”, esente da vizi logici e basata su corretti criteri di inferenza e massime di esperienza.

La determinazione della pena: un giudizio non arbitrario

Anche il secondo motivo, relativo alla quantificazione della pena, è stato respinto. La Corte ha osservato che la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato la sua decisione, evidenziando la gravità del fatto, le specifiche modalità di realizzazione del furto e la “particolare scaltrezza” dimostrata dall’imputato. La Cassazione ha richiamato la propria giurisprudenza costante (tra cui la sentenza n. 5582/2014), secondo cui è inammissibile una censura che miri a una nuova valutazione della congruità della pena, a meno che la determinazione non sia frutto di “mero arbitrio o di un ragionamento illogico”.

Le motivazioni della Corte

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi sulla chiara distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Le contestazioni del ricorrente non sollevavano reali vizi di legge, ma tentavano di indurre la Corte a una rivalutazione dei fatti e della congruità della pena, attività che esulano dalle sue competenze. La motivazione dei giudici d’appello è stata giudicata completa, coerente e priva di vizi logici, rendendo così l’impugnazione un mero tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio nel merito, non consentito dall’ordinamento.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è giudice della legge, non del fatto. Un ricorso, per essere ammissibile, deve denunciare errori nell’applicazione delle norme giuridiche o vizi logici manifesti nella motivazione, non può limitarsi a proporre una lettura alternativa delle prove o a contestare l’entità della pena se questa è stata giustificata in modo non arbitrario. La decisione comporta per il ricorrente la condanna definitiva, il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte ha stabilito che la ricostruzione dei fatti e la valutazione del materiale probatorio sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il ricorso in Cassazione è inammissibile se si limita a contestare tale valutazione quando è logicamente motivata.

Si può contestare in Cassazione la quantità della pena ritenuta troppo alta?
No, a meno che la decisione del giudice non sia palesemente arbitraria o basata su un ragionamento illogico. La Cassazione non può effettuare una nuova valutazione sulla congruità della pena se quella precedente è stata motivata in modo coerente con la gravità del fatto e le modalità dell’azione.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
L’imputato viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito nell’ordinanza. Di conseguenza, la sentenza di condanna impugnata diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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