Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8535 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8535 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/10/2022 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 15 marzo 2022, emessa a seguito di giudizio abbreviato, con cui NOME era stato condannato alla pena di mesi otto, giorni 20 di reclusione ed euro cento di multa in relazione al reato di cui agli artt. 62 e 625, comma primo, n. 2, cod. pen..
L’imputato, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso tale sentenza, proponendo tre motivi di impugnazione.
2.1. Vizio di motivazione in relazione alla ritenuta attendibilità della persona offesa.
2.2. Violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza e vizio di motivazione.
2.3. Vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante della destrezza di cui all’art. 625, n. 4, cod. pen..
3. Il ricorso è inammissibile.
Con riferimento al primo motivo di ricorso, la Corte d’appello ha dato conto adeguatamente, come meglio specificato nella parte in fatto della sentenza, delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (Sez. 1, n. 30348 del 10/07/2008, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, dep. 2004, Elia, Rv. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità.
Le deduzioni e le doglianze espresse dal ricorrente, benché inscenate sotto la prospettazione di violazioni di legge o di vizi della motivazione, si sviluppano tutt nell’orbita delle censure di merito: a fronte della ricostruzione e della valutazione delle emergenze investigative, operata dal Giudice a quo, il difensore non offre la compiuta rappresentazione e dimostrazione di alcuna evidenza (infedelmente rappresentata dal giudicante) di per sé dotata di univoca, oggettiva e immediata valenza esplicativa, tale, cioè, da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati, bensì oppone la propria valutazione e la propria ricostruzione dei fatti di causa e del merito del procedimento (Sez. 1, n. 47499 del 29/11/2007, COGNOME, Rv. 238333; Sez. F, n. 37368 del 13/09/2007, Torino, Rv. 237302).
La Corte di appello ha riconosciuto la fondatezza dell’impianto accusatorio, evidenziando che, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la persona offesa COGNOME NOME aveva dichiarato di essersi appena accorta del furto del telefonino,
presumibilmente avvenuto nella vicina ed affollata piazza di Fontana di Trevi, un attimo prima di essere stata contattata dalle forze di Polizia; ha sottolineato, peraltro che l’imputato non aveva giustificato il possesso del telefonino della COGNOME, da lui detenuto nel suo zaino.
A fronte della motivazione ampia e congrua sopra esposta sulla configurabilità del reato contestato e sull’attribuzione del medesimo al NOME, la tesi difensiva appare contraddetta dalle evenienze illustrate nell’ampio apparato argomentativo.
Il ricorrente, d’altronde, non si confronta con la predetta dettagliata ed esauriente descrizione delle fasi della vicenda, compiutamente rappresentata dalla Corte capitolina e si limita a sminuire la valenza probatoria dei predetti plurimi elementi di fatto, non fornendo elementi utili a contrastare l’impianto accusatorio e a dimostrare la fondatezza della tesi difensiva.
In ordine al secondo motivo di ricorso, va ricordato che, nel caso in cui nel capo di imputazione siano contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l’imputato in condizioni di difendersi dal fatto poi ritenuto in sentenza, non sussiste viola zione del principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza e ciò tanto nell’ipotesi d riqualificazione del furto in ricettazione, quanto in quella opposta di riqualificazion della ricettazione come furto (Sez. 2, n. 18729 del 14/04/2016, COGNOME, Rv. 266758).
Dall’esame della fattispecie non emerge la dedotta violazione di tale principio, perché il capo di imputazione conteneva tutti gli elementi caratterizzanti la vicenda criminosa, per cui il COGNOME (che aveva chiesto di essere giudicato con le forme del rito abbreviato) aveva avuto modo di difendersi adeguatamente.
Il terzo motivo di ricorso non aveva formato oggetto di doglianza nell’atto di appello.
Ebbene, non sono deducibili con il ricorso per Cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura a priori un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745).
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ragioni di esonero – al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammend Così deciso in Roma il 14 febbraio 2024.