Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45491 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45491 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a OTTAVIANO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SANT’ANASTASIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/02/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Motivi della decisione
COGNOME NOME NOME COGNOME NOME ricorrono con unico ricorso, a mezzo del difensore, avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli indicata in epigrafe, deducendo: 1) violazione di legge (art. 438 cod.proc.pen), in relazione alla richiesta del giudizio abbreviato condizionato che avrebbe fuorviato le aspettative dei ricorrenti; 2) violazione degli artt. 56 e 624 cod.pen., in ragione della mancata qualificazione giuridica in termini di tentativo del reato; 3) violazione dell’art. 625 bis cod.pen, quanto alla mancata concessione della circostanza attenuante speciale; 4) violazione dell’art. 62 bis cod.pen. quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Chiedono, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I ricorsi vanno dichiarati inammissibili.
3.1 ricorrenti, in concreto, non si confrontano adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità dei prevenuti, ed i ricorrenti, in concreto, non si confrontano adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I motivi 2), 3) e 4), inoltre, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
La Corte di appello ha affermato che dalle acquisizioni probatorie era rimasto GLYPH accertato che gli imputati avevano realizzato l’attività predatoria contestata, perché il bene sottratto era uscito dalla sfera di vigilanza e controllo dell’avente diritto, perché gli autori del delitto si erano allontanati con la refurtiva, dall’abitazione in cui il fatto è stato commesso; l’attenuante di cui all’art. 625 bis cod.pen., peraltro, non poteva ritenersi, essendo davvero di scarso rilievo la
laconica ammissione di responsabilità dello COGNOME, alla luce delle evidenze emerse anche nei riguardi del correo. Le circostanze attenuanti generiche, inoltre, sono state negate, motivatamente, in ragione dell’assenza di elementi da valorizzare per mitigare la pena, anche in considerazione della gravità del fatto ed alla circostanza che gli oggetti trafugati erano stati restituiti ai proprietari solo per l’intervento delle forze dell’ordine.
Anche il primo motivo è manifestamente infondato, in quanto prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità; la sentenza impugnata, in particolare, ha correttamente rilevato che il mezzo integrativo della prova richiesto (documentazione volta a dimostrare il risarcimento del danno) è stato in effetti acquisito al processo, mentre altro è la rilevanza probatoria al documento riconosciuta dal giudice.
Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
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Così deciso il 21/11/2024
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