Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31377 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31377 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME NOME NOME a MARSALA il DATA_NASCITA
NOME NOME a MARSALA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/07/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che gli imputati COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Palermo ha parzialmente riformato la sentenza emessa dal Tribunale di Marsala, dichiarando non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME in ordine al reato a lui ascritto al capo 8 perché estinto pe prescrizione, rideterminando la pena allo stesso inflitta per i restanti capi in anni quattr e mesi cinque di reclusione ed euro 1000,00 di multa e confermando nel resto l’appellata sentenza;
Premesso che gli imputati hanno presentato due distinti ricorsi, che presentano alcuni dei motivi sovrapponibili, motivi che, quindi, potranno avere una risposta unica;
Rilevato che il primo motivo dei ricorsi – con cui entrambi i ricorrenti denunziano inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché illogicità della motivazione in relazione all’utilizzazione delle testimonianze de relato – è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (pagg. 4 e 5 della sentenza impugnata), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di ur a critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
Rilevato che il secondo motivo del ricorso di COGNOME NOME e il quarto di COGNOME NOME – con cui entrambi i ricorrenti denunziano inosservanza o erronea applicazione della legge penale circa il riconoscimento della circostanza aggravante ex art. 625 n. 2 cod. pen. – sono versati in fatto e aspecifici, dal momento che contrappongono all’argomentazione di cui alle pagg. 6 e 7 della sentenza impugnata, una mera asserzione, secondo cui l’istruttoria dibattimentale non avrebbe provato l’effrazione;
Rilevato che il terzo motivo del ricorso di COGNOME NOME e rl quinto di COGNOME NOME – con cui entrambi i ricorrenti denunziano inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 62 bis cod. pen. – non sono consentiti in sede d legittimità e sono manifestamente infondati in presenza (si veda pagine 10 e 11 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevab dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunqu rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione;
Rilevato che il quarto motivo del ricorso di COGNOME NOME e il sesto di COGNOME NOME – con cui entrambi i ricorrenti denunziano inosservanza dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. quanto al trattamento sanzioNOMErio inflitto – non sono consentit
in sede di legittimità e sono manifestamente infondati perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che, nella specie, l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si vedano, in particolare pagg. 1 11 della sentenza impugnata);
Rilevato che il secondo motivo del ricorso di COGNOME NOME – che denunzia inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché illogicità della motivazione in relazione all’interpretazione delle conversazioni captate in riferimento all’art. 624 bis cod. pen. – e il terzo motivo del medesimo ricorso – con cui COGNOME NOME denunzia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. in riferimento all’art. 648 cod pen. per insussistenza dell’elemento soggettivo o, in subordine, per il mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 648 comma 2 cod. pen. – sono manifestamente infondati e generici giacché 1) il tema delle intercettazioni e della sussistenza del reato di cui all’art. 648 cod. pen. sono trattati maniera del tutto generica; 2) la questione del riconoscimento dell’art. 648, comma 2, cod. pen. è affrontata anch’essa in termini vaghi e, soprattutto, distonici con quello che scrive la Corte di merito, laddove quest’ultima ha correttamente individuato quale debba essere – ed in quali casi – il significato contra reum del valore dei beni;
Rilevato che il quinto motivo di ricorso di COGNOME NOME, corrispondente al settimo motivo di ricorso di COGNOME NOME – con cui i ricorrenti lamentano violazione di legge quanto al diniego della sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità sono manifestamente infondati in quanto la Corte distrettuale, allorché ha valorizzato i precedenti penali degli imputati (pag.11 della sentenza impugnata), ha fatto riferimento ad un parametro utile nel giudizio da svolgersi per l’applicazione della sanzione sostitutiva;
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 10 aprile 2024.