Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26929 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26929 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Caivano il 08/12/1967;
avverso l’ordinanza del 10/03/2025 del Tribunale di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte trasmesse il 19 maggio 2025 dal Pubblico ministero, in persona d sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha chiesto dichiarars l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni scritte trasmesse a mezzo p.e.c. in data 15 giugno 2025 dal difenso dell’imputato ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’annullamento della ordina impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza impugnata, il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame del ordinanza coercitiva di natura detentiva, ha confermato integralmente l’ordinanza emessa il 2 febbraio precedente dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo tribunale, in relazio ai delitti di (capo 1) tentata estorsione aggravata (anche dal metodo mafioso utilizzato intimorire le vittime) commessa in concorso e (capo 2) estorsione in concorso, fatto sempr aggravato dal metodo mafioso, usato per intimorire le vittime. Reati commessi, il primo il aprile 2024, il secondo il 2 agosto successivo.
Ricorre per cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell’indagato, deducendo i motivi in appresso sinteticamente descritti ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. pen.:
2.1. Violazione della legge penale, sostanziale e processuale; vizi della motivazio (denunziati in maniera promiscua) ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avere il tribunale confermato i gravi indizi di colpevolezza, già positivamente scrutinati dal G per il conato estorsivo descritto al capo 1, senza tener conto delle doglianze difensive svolt punto di manifestazione univoca di un serio intento intimidatorio, non potendo ritenersi t l’espressione verbale “volevo fargli una imbasciata” rivolta al fratello del titolare dell’ese macelleria presente sul posto.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce i medesimi vizi in ordine alla identificaz dell’autore della condotta descritta al capo 1, in quanto il ricorrente NOME COGNOME non è riconosciuto in foto dalla persona offesa, né il colloquio successivamente intercettato in carc può svolgere alcuna funzione integrativa di un quadro indiziario molto labile.
2.3. Ancora in riferimento al conato estorsivo descritto al capo 1, avrebbe errato il trib nel non riconoscere la desistenza volontaria, in quanto alcun fattore esterno ha impedito realizzazione dell’evento minacciato, che lo stesso agente non ha voluto evidentemente consumare.
2.4. I medesimi vizi sono pure denunziati in riferimento alla riconosciuta aggravante d metodo mafioso, non avendo l’agente evocato alcuna consorteria egemone sul territorio.
2.5. Ancora i medesimi vizi sono denunziati quanto al riconoscimento della gravità indiziar per l’ipotesi di estorsione consumata contestata al capo 2, in quanto la stessa vicenda estorsi contestata è negata dalle stesse persone offese.
2.6. Infine, sempre gli stessi vizi sono denunziati quanto alla riconosciuta aggravante metodo mafioso contestata in relazione alla estorsione consumata descritta al capo 2, avendo le persone offese negato sul punto ogni modalità evocativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Tutti i. motivi di ricorso, sotto i suggestivi riverberi. diaframmatici della violazion legge penale e dei vizi di motivazione (denunciati peraltro in maniera inammissibilmente promiscua) celano in realtà la richiesta di un differente apprezzamento di circostanze di mero fatto; non si confrontano inoltre con la motivazione precisa e puntuale della ordinanza impugnata ed indugiano nella iterazione degli argomenti già prospettati al giudice della cautela e da quest motivatamente respinti.
1.1. In tema di apprezzamento della gravità indiziaria per i fatti emersi all’attenzio investigativa per effetto delle dichiarazioni rese dalla persona offesa (capo 1) e del conversazioni intercettate tra gli indagati colloquianti (capi 1 e 2) -ove chiaro è il riferiment richieste estorsive comunicate in forme criptiche alle vittime da esponenti del gruppo camorristico che esercita sul territorio l’assoggettamento omertoso- il tribunale del riesame h esplicitamente trattato e disatteso, con adeguata motivazione, gli argomenti “di merito” oggi riproposti con i motivi di ricorso, con la conseguenza che la struttura giustificativa dell’ordina qui impugnata si salda con il provvedimento genetico per formare un unico complessivo corpo argomentativo, avendo i giudici del gravame, esaminato le censure proposte dall’odierna parte ricorrente con criteri omogenei a quelli del primo giudice, in tal modo concordando nell’analisi nella valutazione degli elementi di gravità indiziaria posti a fondamento della decisione stessa Del resto, appare del tutto fallace la deduzione del vizio di omessa motivazione sui punti specificamente dedotti in udienza camerale di riesame, ove l’ordinanza dia atto delle deduzioni difensive svolte in udienza camerale di riesame ed a queste offra compiuta risposta argomentativa.
1.2. Quanto alla diversa “lettura” che delle conversazioni intercettate in carcere (sal colloqui) il ricorrente ha offerto al giudice del riesame (capi 1 e 2), il motivo pretende anc una volta dalla Corte di legittimità un differente apprezzamento della fonte diretta. Il che re precluso laddove, come nella fattispecie, il giudice del merito abbia sostenuto quella “lettura ritenuta gravemente indiziante con argomentazioni logiche che non appaiono manifestamente illogiche. Il tribunale del riesame ha infatti specificamente argomentato circa la costrizione subi dall’esercente, che si è visto richiedere una prestazione onerosa in forme ultimative, chiaramente intellegibili come tali in quel contesto territoriale. Sul punto, il Collegio intende dar segui giurisprudenza che stima inammissibile la richiesta di un nuovo apprezzamento della “prova” nella sede di legittimità (Sez. 1, n. 25939 del 29/04/2024, L., Rv. 286599: Allorquando la ordinanza impugnata abbia, infatti, interpretato fatti comunicativi, l’individuazione del conte in cui si è svolto il colloquio e dei riferimenti personali in esso contenuti, onde ricostr significato di un’affermazione e identificare le persone alle quali abbiano fatto riferiment colloquianti, costituisce attività propria del giudizio di merito, censurabile in sede di legit solo quando si sia fondata su criteri logicamente inaccettabili o abbia applicato tali criteri in m scorretto).
1.3. Quanto rappresentato dal Collegio di merito rende altresì contezza, per le nequivoche modalità della minaccia ed il contesto in cui le vicende sono maturate, della concreta integrazion
della aggravante del metodo mafioso contestata (capi 1. e 2), avendo l’agente, usato modalità
tipiche, in quel contesto territoriale, della criminalità mafiosa ed avendo indotto l’offe percepire come tale la intimazione sofferta, tanto da indurre le vittime a non denunziare
l’accaduto.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che la disposizione, oggi inserita nella organica complessità codicistica in ragione del principio della riserva di codice enfaticamente enunciat
all’art. 3 bis cod. pen., secondo gli auspici di chiara dottrina ispirata alla teorica general diritto penale, ha natura oggettiva e risponde, nello stigmatizzare un “metodo” e non un fatto,
alla avvertita esigenza di prevedere un trattamento sanzionatorio più severo, tutte le volte in c l’evocazione della rappresentata (e non necessariamente esistente) contiguità ad una
organizzazione mafiosa pone la vittima in una condizione di soggezione ulteriore rispetto a quella solitamente derivata dalla condizione di vittima di estorsione (Sez. 2, n. 19245 del 30/3/2017,
Rv. 269938). Non occorre, dunque, che alla evocata contiguità, rappresentata in questo caso dalle modalità e dal contesto, corrisponda una concreta e verificata origine mafiosa della
minaccia, dovendo il giudice viceversa limitarsi a controllare (nella verosimiglianza offerta da dato dichiarativo) che quella evocazione sia effettivamente funzionale a creare nella vittima una
condizione di assoggettamento particolare, come riflesso del prospettato pericolo di trovarsi a dover fronteggiare le istanze prevaricatrici di un gruppo criminale mafioso, piuttosto che quelle di un criminale comune (Sez. 2, n. 5727, del 29/1/2019, non massinnata).
Ricorrono pertanto i presupposti di fatto, opportunamente valorizzati dal giudice di merito, per il riconoscimento della aggravante ad effetto speciale contestata nella sua morfologia di metodo.
Il ricorso, che non pone questioni sulla valutazione di sussistenza delle esigenze cautelari o sulla scelta della misura, va pertanto dichiarato inammissibile.
2.1. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, per la parte privata ricorrent la condanna, ai sensi dell’art. 616 del codice di rito, al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in euro tremila.
2.2. Ai sensi del comma 1-ter dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., il direttore dell’is di detenzione è onerato di dare comunicazione al detenuto del contenuto del presente provvedimento.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.. Così deciso il 20 giugno 2025.