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Ricorso in Cassazione inammissibile: i limiti del giudizio

Con la sentenza n. 52146/2019, la Corte di Cassazione Penale, Sez. II, ha dichiarato un ricorso in Cassazione inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: la Suprema Corte non può riesaminare i fatti o le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità). Il caso riguardava una condanna per rapina, ma i motivi del ricorso miravano a una ‘rilettura’ delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte ha inoltre confermato che la valutazione della pena è una prerogativa del giudice di merito.

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Pubblicato il 8 luglio 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Ricorso in Cassazione Inammissibile: Quando le Prove non si Possono Ridiscutere

Presentare un ricorso alla Suprema Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma i suoi poteri sono ben definiti e limitati. Non si tratta di un ‘terzo processo’ dove si possono rimettere in discussione i fatti. Un ricorso in Cassazione inammissibile è la conseguenza diretta del tentativo di superare questi confini. La sentenza n. 52146/2019 della Seconda Sezione Penale ce lo ricorda con grande chiarezza, delineando la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.

I Fatti di Causa

Due individui venivano condannati in primo grado e in appello per i reati di rapina aggravata e lesioni personali aggravate ai danni di una persona anziana. L’accusa era quella di aver fatto cadere a terra la vittima per sottrarle una collanina d’oro. I giudici di merito, basandosi principalmente sulla testimonianza della persona offesa, avevano ritenuto provata la responsabilità penale di entrambi gli imputati.

I Motivi del Ricorso degli Imputati

Contro la sentenza della Corte d’Appello, gli imputati proponevano ricorso per Cassazione, articolando diverse censure:

* Un imputato sosteneva la violazione di legge e il vizio di motivazione, affermando che le dichiarazioni del co-imputato dimostravano come egli fosse l’unico aggressore, mentre il ricorrente aveva solo tentato di separarli. Contestava inoltre la sussistenza delle aggravanti e la congruità della pena.
* L’altro imputato lamentava unicamente il vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio, ritenendo che la pena, seppur vicina al minimo, avrebbe potuto essere ulteriormente ridotta.

Ricorso in Cassazione Inammissibile: La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un giudice del fatto. Le censure proposte dagli imputati, infatti, non denunciavano un vero vizio di legittimità (come un’errata applicazione della legge o una motivazione inesistente o manifestamente illogica), ma miravano a ottenere una ‘rilettura’ degli elementi di prova e una diversa ricostruzione dei fatti. Questo tipo di valutazione è riservato in via esclusiva ai giudici di primo e secondo grado.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha spiegato che la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito era basata su un percorso logico e coerente, fondato sulla valutazione dell’attendibilità della persona offesa e sull’inattendibilità delle dichiarazioni di uno degli imputati. Prospettare una valutazione alternativa e più favorevole delle risultanze processuali è un’attività che esula completamente dai poteri della Cassazione. È precluso al Giudice di legittimità rileggere gli elementi di fatto o adottare nuovi parametri di valutazione delle prove, preferendoli a quelli del giudice di merito.

Anche le doglianze sul trattamento sanzionatorio sono state ritenute inammissibili. La graduazione della pena, ha ricordato la Corte, rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, che la esercita secondo i criteri degli artt. 132 e 133 c.p. Una motivazione dettagliata è richiesta solo se la pena si discosta notevolmente dalla media edittale. Nel caso di specie, essendo la pena vicina al minimo, espressioni come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’ sono state ritenute sufficienti a dar conto dell’esercizio corretto del potere discrezionale.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce con fermezza un concetto cruciale per chiunque si approcci al sistema giudiziario: il ricorso in Cassazione non è una terza occasione per processare i fatti. Il suo scopo è garantire l’uniforme e corretta applicazione della legge su tutto il territorio nazionale (funzione nomofilattica). Qualsiasi ricorso che tenti di trasformare la Suprema Corte in un giudice di merito, chiedendo una nuova valutazione delle prove o una diversa interpretazione delle testimonianze, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove di un processo?
No. Un ricorso che chiede una nuova valutazione delle prove o una ‘rilettura’ dei fatti è considerato inammissibile, perché tali attività sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Quali sono i limiti del giudizio della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità: controlla che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza non sia mancante, contraddittoria o manifestamente illogica. Non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici dei gradi precedenti.

Il giudice deve sempre motivare in modo approfondito la quantità della pena inflitta?
No. Secondo la giurisprudenza, una motivazione specifica e dettagliata è necessaria solo quando la pena è di gran lunga superiore alla misura media prevista dalla legge per quel reato. Se la pena è vicina al minimo edittale, sono sufficienti espressioni sintetiche come ‘pena congrua’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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