Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4105 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4105 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a REGGIO CALABRIA il 14/10/1955
NOME nato a SORIANELLO il 11/10/1958
avverso la sentenza del 18/01/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi di COGNOME Vittorio e COGNOME NOME;
considerato, quanto al ricorso di COGNOME COGNOME, che il primo motivo, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità, non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pag. 4-6 della sentenza impugnata, a proposito del contenuto delle intercettazioni rivelativo della malafede del ricorrente nella ricezione di oggetti antichi di sicura provenienza illecita);
che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, COGNOME, Rv. 207944);
che i successivi motivi, inerenti al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed agli aumenti di pena in continuazione, non possono essere valutati in questa sede in quanto risultavano genericamente dedotti con l’atto di appello a fronte del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva contestata;
che i reati, stante l’inammissibilità del ricorso, non sono prescritti anche tenuto conto della recidiva specifica contestata ed applicata, né lo erano al momento della pronuncia della sentenza impugnata;
considerato, quanto al ricorso di NOMECOGNOME che il primo motivo è manifestamente infondato in quanto la Corte di appello, a fg. 4, della sentenza impugnata, ha espressamente affermato come fosse emersa la responsabilità del ricorrente per il reato di associazione per delinquere poi dichiarato prescritto;
ritenuto, quanto al secondo motivo, che denuncia violazione di legge, in relazione all’art. 192 comma 3, cod. proc. pen., in ordine alla valutazione del contenuto delle intercettazioni telefoniche, è manifestamente infondato, in quanto la violazione dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., non può essere dedotta né quale violazione di legge ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., né ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., poiché il rispetto delle indicazioni ivi contenute non è previsto a pena di nullità, inutilizzabilità inammissibilità o decadenza;
che, pertanto, la violazione di tale disposizione può essere fatta valere soltanto nei limiti indicati dalla lett. e) dell’art. 606 cod. proc. pen., ossia com mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando tali
lacune risultino dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravame;
che l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità, se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite;
che, pertanto, il motivo è manifestamente infondato, alla stregua della corretta e non illogica argomentazione di cui alle pagg. 6 e 7 della sentenza impugnata, dove è stata illustrata la sussistenza del dolo del ricorrente;
che i difensori degli imputati erano stati presenti all’udienza di trattazione del processo di appello, come la sentenza ha dato atto a fg. 7, sicché non vi era stata alcuna violazione delle prerogative difensive per effetto della mancata notifica della istanza di trattazione orale;
che i reati non erano prescritti alla data della sentenza di appello, tenuto conto della recidiva specifica contestata ed applicata, della quale il ricorrente non ha tenuto conto;
rilevato, pertanto, che i ricorsi, essendosi superata ogni ulteriore argomentazione – anche in relazione al contenuto della memoria depositata devono essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 29/10/2024.