Ricorso in Cassazione Inammissibile: Quando la Valutazione dei Fatti Non Può Essere Contestata
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità, ribadendo un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: alla Suprema Corte non spetta riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge. Analizziamo una decisione che ha dichiarato un ricorso in Cassazione inammissibile proprio perché fondato su contestazioni relative alla valutazione delle prove, un’area riservata esclusivamente ai giudici di merito.
I Fatti del Caso
Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di furto in abitazione, previsto dall’art. 624-bis del codice penale. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione della Corte d’Appello, proponeva ricorso per Cassazione. Il suo unico motivo di doglianza riguardava un presunto vizio di motivazione relativo alla sua individuazione come autore del reato. In sostanza, egli contestava il modo in cui i giudici avevano valutato gli elementi di prova che avevano portato al suo riconoscimento, chiedendo alla Suprema Corte una sorta di “rilettura” delle prove a suo favore.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con la presente ordinanza, ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. I giudici hanno sottolineato che il tentativo dell’imputato di ottenere una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali esula completamente dai poteri della Corte. La Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono rivalutare le prove, ma un organo che controlla la legittimità della decisione impugnata, ovvero la corretta applicazione delle norme giuridiche e la logicità della motivazione.
Il Principio del Ricorso in Cassazione Inammissibile per Motivi di Fatto
La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Proporre alla Corte di Cassazione una ricostruzione dei fatti diversa da quella accolta dai giudici di merito, per quanto possa apparire più adeguata o plausibile al ricorrente, non integra un vizio di legittimità. Trasforma, invece, il ricorso in una richiesta di un nuovo giudizio sul fatto, che è inammissibile in sede di legittimità.
Le Motivazioni
La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello del tutto esente da vizi logici. La responsabilità penale dell’imputato era stata affermata sulla base di elementi solidi, concordi e inequivoci. Tra questi:
1. Il Riconoscimento Certo: I Carabinieri, acquisiti i filmati di un sistema di videosorveglianza vicino al luogo del furto, avevano riconosciuto con certezza nell’uomo a bordo della bicicletta rubata la persona del ricorrente.
2. Il Ritrovamento della Refurtiva: A seguito del fermo, era stato lo stesso imputato a collaborare, permettendo agli agenti di ritrovare la refurtiva presso l’abitazione di sua nonna.
3. L’Irrilevanza della Prova Contraria: La difesa aveva evidenziato una discrepanza tra la capigliatura dell’imputato al momento del fatto e quella ritratta nella sua foto sulla carta d’identità. La Corte ha considerato tale circostanza irrilevante, poiché la foto risaliva a quattro anni prima e la capigliatura è un aspetto fisico mutevole e facilmente modificabile.
Questi elementi, valutati complessivamente, hanno fornito un quadro probatorio solido, la cui valutazione non può essere messa in discussione davanti alla Corte di Cassazione.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma con chiarezza i confini del giudizio in Cassazione. Il ricorso in Cassazione inammissibile è la sanzione processuale per chi tenta di superare tali confini, chiedendo ai giudici di legittimità una nuova valutazione del merito della vicenda. La decisione ha come implicazione pratica quella di condannare il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per aver intrapreso un’impugnazione priva dei requisiti di legge. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò serve da monito: il ricorso per Cassazione deve essere fondato esclusivamente su questioni di diritto o su vizi di motivazione evidenti e macroscopici, non su un semplice disaccordo con la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di primo e secondo grado.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove, come un filmato di videosorveglianza?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che non può effettuare una “rilettura” degli elementi di fatto. La valutazione delle prove è riservata in via esclusiva al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’imputato ha presentato contestazioni riguardanti la valutazione dei fatti (la sua identificazione), proponendo una diversa interpretazione delle prove, cosa che non rientra nei poteri della Corte di Cassazione.
Quali elementi sono stati considerati sufficienti per confermare la condanna per furto?
La condanna è stata confermata sulla base di elementi concordi e inequivoci: il riconoscimento certo da parte dei carabinieri tramite filmati di videosorveglianza, il ritrovamento della refurtiva presso l’abitazione della nonna dell’imputato a seguito della sua collaborazione, e l’irrilevanza della differenza di capigliatura rispetto a una vecchia foto della carta d’identità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12951 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12951 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 12/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN PIETRO VERNOTICO il 15/12/1977
avverso la sentenza del 08/05/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce che ha confermato la condanna dell’imputato per il reato di furto in abitazione di cui all’art. 624 bis cod. pen.
Considerato che il primo ed unico motivo di ricorso, che denunzia vizio di motivazione relativamente all’individuazione dell’imputato, è costituito da mere doglianze in punto di fatto. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249651, in motivazione; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, .3akani, Rv. 216260).
Ritenuto che il suddetto motivo di ricorso è, altresì, manifestamente infondato perché con motivazione esente dai descritti vizi logici, la Corte territoriale ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pagg. 1 e 2) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini dell’affermazione della responsabilità. Quest’ultima è infatti fondata su concordi ed inequivoci elementi, come, ad esempio, il fatto che i carabinieri di Melendugno, ricevuta la denuncia di furto presentata dalla persona offesa e acquisiti i filmati registrati dal sistema di videosorveglianza di un’abitazione vicina, riconoscevano, con certezza, nella persona del ricorrente l’uomo che percorreva la strada a bordo della bicicletta oggetto di furto. Rileva, inoltre, come proprio grazie alla collaborazione del Calabro, fermato dagli agenti, la refurtiva veniva rinvenuta presso l’abitazione della nonna dello stesso. Infine, si ribadisce l’irrilevanza ai fini probatori della circostanza, valorizzata dalla difesa, che il ricorrente nella fotografia della carta d’identità avesse più capelli rispetto al momento del fatto, tenuto conto che la stessa risale a ben quattro anni prima del furto e che la capigliatura è una fattezza fisica mutevole nel tempo e facilmente modificabile.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 marzo 2025 GLYPH