Ricorso in Cassazione Inammissibile: Quando la Corte non Rientra nel Merito
L’ordinanza n. 2970/2024 della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di quando un ricorso in Cassazione inammissibile viene rigettato, sottolineando la netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. Questo principio è fondamentale per comprendere i limiti dell’intervento della Suprema Corte, la quale non può sostituirsi al giudice di primo o secondo grado nella valutazione delle prove e nella ricostruzione dei fatti.
Il Caso in Esame
Un imputato, precedentemente assolto dal Tribunale di Roma dal reato di minaccia aggravata (art. 612, comma 2, c.p.) per la “particolare tenuità del fatto”, decideva di impugnare tale sentenza proponendo ricorso direttamente alla Corte di Cassazione. Nei motivi del ricorso, lamentava vizi di motivazione e la violazione di norme processuali, in particolare relative alla valutazione delle prove (art. 192 c.p.p.).
La decisione sul ricorso in Cassazione inammissibile
La Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso in Cassazione inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: il ricorso presentato non sollevava questioni di legittimità, ma mirava a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti. Il ricorrente, in sostanza, chiedeva alla Cassazione di “rileggere” gli elementi di prova in modo diverso da come aveva fatto il Tribunale, un’attività che esula completamente dai poteri della Corte Suprema.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha specificato che il motivo di ricorso era duplice. In primo luogo, era meramente riproduttivo di censure già esaminate e respinte correttamente dal giudice di merito. In secondo luogo, e in modo più decisivo, l’appello tendeva a una “non consentita ricostruzione dei fatti” basata su criteri di valutazione alternativi a quelli, logicamente e giuridicamente corretti, adottati nella sentenza impugnata.
Citando un principio espresso dalle Sezioni Unite (sentenza n. 6402 del 1997), la Corte ha ribadito che la valutazione degli elementi di fatto è riservata in via esclusiva al giudice di merito. Alla Corte di Cassazione spetta solo il compito di verificare che la motivazione del giudice inferiore sia logica, coerente e non viziata da errori di diritto. Non può, quindi, procedere a una nuova interpretazione delle prove. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile.
Le Conclusioni e le Conseguenze Pratiche
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato due conseguenze significative per il ricorrente. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, il versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista per chi adisce la Suprema Corte con ricorsi manifestamente infondati o inammissibili.
Questa ordinanza conferma un caposaldo del nostro sistema processuale: chi si rivolge alla Corte di Cassazione deve contestare l’errata applicazione della legge o vizi logici macroscopici nella motivazione, non tentare di ottenere una terza valutazione nel merito della vicenda.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare errori di diritto, tentava di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività che è di competenza esclusiva del giudice di merito e non della Corte di Cassazione.
Cosa significa che la Corte di Cassazione non può effettuare una “rilettura” dei fatti?
Significa che la Corte di Cassazione non riesamina le prove (come testimonianze o documenti) per decidere come si sono svolti i fatti. Il suo compito è solo controllare che la sentenza del giudice precedente abbia applicato correttamente la legge e sia motivata in modo logico e non contraddittorio.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2970 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2970 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/02/2023 del TRIBUNALE di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui il Tribunale di Roma l’ha assolto dal reato di cui all’art. 612, comma 2 cod. pen., per la particolare tenuità del fatto;
che l’unico motivo di ricorso – con il quale il ricorrente deduce i vizi d motivazione e di inosservanza di norme processuali, in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. – è inammissibile poiché, oltre a essere riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici, tende a ottenere una non consentita ricostruzione dei fatti, mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento; che esula d poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto post a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (cfr. Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 22.11.2023.