Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 39 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 39 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Contarina il giorno 28/7/1962 rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME di fiducia
avverso la sentenza in data 13/2/2024 della Corte di Appello di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale del procedimento;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME COGNOME
letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 13 febbraio 2024 la Corte di Appello di Venezia, in accoglimento della proposta di concordato ex art. 599-bis cod. proc. pen. ed in parziale riforma della sentenza pronunciata all’esito di giudizio abbreviato in data 2 novembre 2022 dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Rovigo ha ridotto nei confronti dell’imputato NOME COGNOME il trattamento sanzionatorio allo
stesso irrogato, revocando altresì le pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dell’interdizione legale per la durata della pena.
NOME COGNOME all’esito del giudizio di primo grado era stato dichiarato colpevole dei reati di associazione per delinquere (capo A della rubrica delle imputazioni) nonché di una serie di reati in materia di violazioni finanziarie ex d.lgs. n. 74/2000 (capi B – nel quale sono stati ritenuti assorbiti i capi C, I ed R – B1, B2, 3, L, M, O, S, T ed U) commessi negli anni 2017, 2018 e 2019.
Ricorrono per Cassazione avverso la predetta sentenza i difensori dell’imputato, deducendo:
2.1. Erronea qualificazione giuridica dei fatti individuati in relazione ai capi B C, I ed R quali integranti l’art. 8 d.lgs. 74/2000 anziché l’art. 10-ter e, per l’anno 2018, quello di cui all’art. 5 d.lgs. 74/2000.
Osserva parte ricorrente che nel caso in esame risulta evidente il difetto di coerenza tra il fatto e l’editto accusatorio atteso che la sentenza oggetto di gravame si limita a considerare integrata la fattispecie delittuosa più grave senza tenere in debita considerazione le risultanze istruttorie che evidenzierebbero in maniera incontrovertibile l’integrazione al più dei reati di cui all’art. 10-ter o 5 d.lgs. 74/2000 alla luce di quanto emerge dalla consulenza contabile dei dottori COGNOME e COGNOME in data 8 marzo 2022 con relativa integrazione in data 12 aprile 2022.
2.2. Illegalità della pena applicata in riferimento agli aumenti per la continuazione interna al capo T.
Rileva parte ricorrente che nel caso in esame in sede di applicazione degli aumenti relativi alla continuazione interna per il capo T la sentenza oggetto di gravame passa da una pena quantificata in anni 1 e mesi 6 di reclusione ed euro 6.000,00 di multa a quella di anni 2 e mesi 8 di reclusione ed euro 10.000,00 di multa, mentre la sentenza di primo grado aveva previsto un aumento per la continuazione interna per il capo T quantificata in mesi 1 ed euro 500,00 per ciascuno dei 14 trasferimenti di denaro ulteriori rispetto al primo, passando da una pena di anni 2 e mesi 4 di reclusione ed euro 7.000,00 di multa a quella di anni 3 e mesi 6 di reclusione ed euro 14.000,00 di multa il tutto limitandosi ad applicare de plano il medesimo aumento di pena detentiva che già era stato applicato in sede di primo grado in assenza di qualsivoglia analisi sul punto.
2.3. Illegalità della pena applicata in riferimento agli aumenti per la continuazione.
Si duole parte ricorrente del fatto che la Corte di appello nell’applicare la pena per gli aumenti relativi per la continuazione non ha adempiuto agli obblighi indicati
dalla pronuncia della Sezioni Unite n. 47127/2021 che impone di calcolare e motivare gli aumenti di pena in modo distinto per ognuno dei reati satellite.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto del tutto generico oltre che manifestamente infondato.
Parte ricorrente si limita a contestare la corretta qualificazione giuridica de capi B, C, I ed R senza dedicare una sola parola per spiegare per quali ragioni non sarebbe configurabile in detti capi la violazione del contestato art. 8 d.lgs. n 74/2000 in luogo dei reati di cui all’art. 10-ter e, per l’anno 2018, quello di c all’art. 5 d.lgs. 74/2000, limitandosi al riguardo a richiamare il contenuto di una consulenza contabile riversata in atti.
E’, innanzitutto, appena il caso di rilevare che la questione era stata sollevata in sede di giudizio di appello ma all’udienza del 15 dicembre 2023 i difensori dell’imputato hanno rinunciato a tutti i motivi di appello ad eccezione di quello relativo al trattamento sanzionatorio.
Questa Corte di legittimità ha, da un lato, già avuto modo di préttare che «il concordato processuale non può essere unilateralmente abbandonato attraverso la riproposizione, con il ricorso per cassazione, di questioni che con lo stesso concordato siano state rinunciate (Sez. U, n. 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 28448 in motivazione; Sez. 2, Ord. n. 50062 del 16/11/2023, COGNOME, Rv. 285619) e, ancora, che «E inammissibile il ricorso per cassazione, avverso la sentenza resa all’esito del concordato sui motivi di appello ex art. 599-bis cod. proc. pen., volto a censurare la qualificazione giuridica del fatto, in quanto l’accordo delle parti in ordine ai punti concordati implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, anche se relativa a questione rilevabile di ufficio, con l’unica eccezione dell’irrogazione di una pena illegale» (In motivazione la Corte ha precisato che detto principio, elaborato con riferimento all’art. 599, comma 4, cod. proc. pen., resta applicabile all’attual concordato ex art. 599-bis cod. proc. pen., che costituisce la sostanziale riproposizione del precedente strumento deflattivo) (Sez. 6, n. 41254 del 04/07/2019, Leone, Rv. 277196).
A ciò si aggiunge, sotto il profilo della genericità del motivo di ricorso che inammissibile il ricorso per cassazione che si limita a lamentare un vizio limitandosi a rinviare genericamente al contenuto di atti processuali, senza indicarne specificamente il contenuto, al fine di consentire l’autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità.
Per solo dovere di completezza deve solo ancora rilevarsi che, comunque, il vizio dedotto nel motivo di ricorso qui in esame non si presenta con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrico rispetto al contenuto degli indicati capi di imputazione, né risulta frutto di un errore manifesto, ciò anche tenuto conto della compiuta ed accurata motivazione contenuta nella sentenza di primo grado che ha evidenziato di aver preso in considerazione le doglianze difensive sulla qualificazione giuridica dei fatti al riguardo anche alla luce delle questioni dedotte dai consulenti tecnici dell’imputato e di averle correttamente superate.
Il secondo ed il terzo motivo di ricorso che appaiono meritevoli di trattazione congiunta sono entrambi inammissibili per genericità ed al contem per carenza di interesse.
La Corte di appello risulta avere accolto la proposta di concordato negli esatti termini indicati dall’odierno ricorrente per mezzo dei propri difensori, non emergono vizi attinenti alla determinazione della pena che si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ov diversa da quella prevista dalla legge e parte ricorrente non ha indicato quale pregiudizio gliene deriverebbe dalla mancanza di motivazione sul punto.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27 novembre 2024.