Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36757 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36757 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/01/2025 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, che ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Palermo, con cui è stato ritenuto responsabile del concorso nel delitto di cui all’art. 497 bis, secondo comma, cod. pen. e condannato alla pena ritenuta di giustizia;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso – che contesta la violazione di legge e la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità – è generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso – che contesta la mancata derubricazione del fatto nell’ipotesi meno grave di cui all’art. 497 bis, primo comma, cod. pen. – è aspecifico e manifestamente infondato, atteso che ha seguito un proprio approccio critico, omettendo, tuttavia, di esplicitare il ragionamento sulla cui base muoveva censure al provvedimento impugnato, la cui motivazione risulta priva di vizi logici e degli asseriti difetti. Sul punto, occor ribadire che in sede di legittimità non sono consentite doglianze che censurino la persuasività, l’adeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitino una differente comparazione dei significati da attribuire alle prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilit dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (ex plur., Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020 Ud., dep. 2021, F.; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; pronunzie che trovano precedenti conformi in Sez. 5, n. 12634 del 22/03/2006, COGNOME, Rv. 233780; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507);
Ritenuto che il terzo motivo di ricorso – che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche – è manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 5 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che facci
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549 – 02; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826 – 01; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, COGNOME e altri, Rv. 248244);
Ritenuto che il quarto motivo di ricorso – che contesta l’eccessività della pena -è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; e che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti;
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.