Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37508 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37508 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/12/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
COGNOME
che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 16/12/2024, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa dal giudice di primo grado )di condanna alla pena di mesi sei di arresto nei confronti di COGNOME NOME per il reato di i all’art. 10, comma 2, DL 14/2017, conv. in I. 18 aprile 2 48, per aver, prima che decorso il periodo di inibizione di nove mesi previsto provvedimento del questore di Napoli emesso in data 14/10/2020, contravvenuto agli obblighi previsti al suddetto provvedimento in data 18/11/2020 (capo A).
2.Avverso la suddetta sentenza ricorre per cassazione l’imputato COGNOME NOME deducendo, con un unico motivo di ricorso, violazione di legge per mancanza dei presupposti sulla base de quali il questore può disporre il divieto di accesso. In particolare, specifica che l’art. 10 14/2017 prevede il c.d. divieto aggravato o rafforzato nei confronti di coloro che ris denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti per alcuno dei delitti contro la persona o contro il patrimonio. Evidenzia tuttavia che, nel di specie, il giudice a quo ha richiamato i precedenti provvedimenti di divieto di accesso alle aree urbane, senza fare cenno a precedenti condanne o denunce per reati contro la persona il patrimonio.
Evidenzia inoltre che il provvedimento emesso dal questore non è stato convalidato dal giudice per le indagini preliminari e che la norma violata fa richiamo, per quanto compatib all’art. 6, commi 2 bis, 3 e 4 della L.401/1989.
Il Procuratore generale presso questa Corte con réquisitoria scritta ha chiesto dichiara l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Le censure non sono state dedotte con i motivi di appello, che concernevano esclusivamente il mancato riconoscimento della tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131 bis pen. o l’inoffensività in concreto del fatto ai sensi dell’art. 49 cod. pen. (primo mot trattamento sanzionatorio e il diniego delle circostanze attenuanti generiche (secondo motivo)
Le censure sono pertanto inammissibili, a norma dell’art. 606 comma, 3 cod. proc. pen.
Si è, infatti, anche recentemente ) ribadito che non sono deducibili con il ricorso per Cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimen un punto della decisione rispetto al quale si configura a priori un inevitabile difetto di moti per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (Sez. 2 19194 del 06/05/2025, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 19005 del 27/03/2025, L., non massimata; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316).
2.11 ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 09/10/2025