Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33750 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33750 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/10/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma con cui NOME era stato condanNOME in ordine al reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90.
L’imputato, per mezzo del proprio difensore, ricorre per la cassazione della sentenza di appello con due distinti motivi: inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità assoluta, ed in particolare deduce la violazione della norma di cui all’art. 552 lettera c) cod. proc. pen. per carenza di chiarezza e precisione nell’enunciazione dell’imputazione nel decreto di citazione a giudizio; violazione di legge in ordine al trattamento sanzioNOMErio e al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
3. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo di ricorso è inerente a violazioni di legge deducibili e non dedotte in precedenza. Tale motivo di ricorso non è deducibile in sede di legittimità, perché non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare siccome non devolute con la dovuta specificità alla sua cognizione, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (cfr. l’art. 606, comma 3, cod. proc pen. quanto alla violazione di legge; si vedano, con specifico riferimento al vizio di motivazione, Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745 – 01; Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, COGNOME).
Il secondo motivo, inerente al trattamento sanzioNOMErio, è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non è scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata ed è privo della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congr riferimenti alla motivazione dell’atto impugNOME (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
I giudici del gravame del merito, infatti, hanno dato correttamente conto della valutazione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. ai fini della determinazione del trattamento sanzioNOMErio, riconoscendo la congruità della pena inflitta all’entità del fatto sulla base dei seguenti elementi: quantitativo di droga detenuto ai fini
di spaccio, le specifiche modalità del fatto, l’intensità del dolo, l’organizzazione, carichi pendenti recenti in capo all’imputato che hanno ostacolato ad un giudizio prognostico di futura astensione dalla commissione di ulteriori delitti.
Va ricordato, infatti, che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 41702 del 20/09/2004, Nuciforo, Rv. 230278). Il giudice del merito esercita la discrezionalità che la legge gli conferisce, attraverso l’enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 1 cod. pen. (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008, COGNOME, Rv. 239754). Il sindacato di legittimità sussiste solo quando la quantificazione costituisca il frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico.
4. Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla RAGIONE_SOCIALE delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. peri.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2024
Il Consigliere estensore ente,