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Ricorso in Cassazione: i motivi inammissibili

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di lieve entità. I motivi del ricorso in Cassazione sono stati giudicati generici e ripetitivi di questioni già valutate in appello, ribadendo che la Suprema Corte non può riesaminare i fatti ma solo la corretta applicazione della legge.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Quando i Motivi Vengono Ritenuti Inammissibili

Il ricorso in Cassazione rappresenta l’ultimo baluardo della difesa nel processo penale, ma le sue porte sono strette e ben definite. Non è una terza istanza per riesaminare i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come motivi generici o ripetitivi portino inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità, chiudendo definitivamente il caso. Analizziamo insieme questa decisione per capire i limiti e le finalità del giudizio di legittimità.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli stupefacenti. La condanna, emessa dal Tribunale a seguito di un giudizio abbreviato, era stata pienamente confermata dalla Corte di Appello di Roma.

L’imputato, non rassegnato alla decisione, ha proposto ricorso in Cassazione affidandosi a due principali motivi di doglianza:
1. Una presunta illogicità della motivazione della sentenza d’appello, laddove aveva ritenuto provata la destinazione della sostanza allo spaccio.
2. Una contraddizione tra il quantitativo di stupefacente indicato in sentenza e quello risultante dalla consulenza tossicologica agli atti.

In sostanza, la difesa mirava a contestare la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti operate dai giudici di merito.

La Decisione della Corte: un Ricorso in Cassazione Inammissibile

La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno sottolineato che i motivi presentati dall’imputato non erano ammissibili in sede di legittimità. Essi, infatti, non denunciavano un vero e proprio errore di diritto, ma si limitavano a riproporre le stesse censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte di Appello.

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un’occasione per ottenere una nuova valutazione del materiale probatorio. Il ricorrente non si era confrontato specificamente con le argomentazioni giuridiche della Corte territoriale, ma aveva semplicemente manifestato il proprio dissenso sulla ricostruzione dei fatti, un’operazione preclusa in questa sede.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha spiegato in modo chiaro perché i motivi del ricorso non potevano essere accolti.

In primo luogo, le critiche relative alla destinazione della sostanza a fini di spaccio e alla presunta contraddizione sul quantitativo sono state qualificate come censure di merito. Si tratta di questioni che attengono all’analisi dei fatti e delle prove, un compito che spetta esclusivamente ai giudici dei primi due gradi di giudizio (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione interviene solo se la motivazione della sentenza impugnata è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente, circostanze non riscontrate nel caso di specie.

In secondo luogo, anche la critica implicita al trattamento sanzionatorio è stata respinta. La quantificazione della pena è un’attività che rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. In sede di legittimità, tale decisione può essere sindacata solo se è frutto di puro arbitrio o se si fonda su una motivazione palesemente illogica. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che i giudici d’appello avessero assolto al loro onere motivazionale, spiegando adeguatamente le ragioni della pena inflitta.

Le Conclusioni

La pronuncia si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione riafferma con forza la funzione della Corte di Cassazione quale giudice della legge e non del fatto. Per avere successo, un ricorso in Cassazione deve individuare precisi vizi di legittimità nella sentenza impugnata (come l’errata applicazione di una norma o un difetto grave di motivazione), non limitarsi a proporre una lettura alternativa delle prove o a esprimere un generico dissenso con la decisione dei giudici di merito.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una mera riproposizione di censure già esaminate e respinte dalla Corte di Appello. Non denunciavano vizi di legittimità, ma miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione.

È possibile contestare l’entità della pena in Cassazione?
No, di regola non è possibile. La determinazione della pena (trattamento sanzionatorio) rientra nella discrezionalità del giudice di merito e può essere contestata in Cassazione solo se la decisione è arbitraria o basata su una motivazione manifestamente illogica, cosa che non è stata riscontrata in questo caso.

Quali tipi di critiche non sono ammesse nel giudizio di Cassazione?
Non sono ammesse le critiche che riguardano la valutazione dei fatti e delle prove (giudizio di merito). Ad esempio, contestare la conclusione del giudice sulla destinazione allo spaccio di una sostanza o su un presunto contrasto tra la sentenza e una perizia sono considerate censure di merito e, come tali, non possono essere esaminate dalla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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