Ricorso in Cassazione: Guida Pratica ai Motivi di Inammissibilità
Il Ricorso in Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento e, per sua natura, è uno strumento estremamente tecnico. Non è un terzo processo sui fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge da parte dei giudici di merito. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso, se non correttamente impostato, rischi di essere dichiarato inammissibile, chiudendo definitivamente la porta a ogni ulteriore discussione. Analizziamo il caso per comprendere gli errori da evitare.
I Fatti di Causa
Un soggetto, condannato in primo e secondo grado per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.), decide di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. I suoi avvocati basano l’impugnazione su due motivi principali: il primo contesta l’affermazione di responsabilità, sostenendo un’errata valutazione delle prove; il secondo solleva, per la prima volta, la questione dell’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
L’Analisi del Ricorso in Cassazione
La Corte Suprema esamina entrambi i motivi, ma si ferma a un’analisi preliminare, senza entrare nel merito delle questioni. La ragione è semplice: entrambi i motivi presentano vizi procedurali che li rendono, appunto, inammissibili. Questo passaggio è fondamentale per capire la logica che governa il giudizio di legittimità e l’importanza di una strategia difensiva ben pianificata fin dai primi gradi di giudizio.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La decisione della Corte si articola su due binari distinti, uno per ciascun motivo di ricorso, offrendo principi di diritto di grande rilevanza pratica.
Il Primo Motivo: La Reiterazione non è un Ricorso Valido
Il primo motivo viene giudicato inammissibile perché considerato una ‘pedissequa reiterazione’ di argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione chiarisce che il ricorso non può essere una semplice riproposizione delle stesse doglianze. Deve, invece, consistere in una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata, evidenziando precisi errori di diritto o vizi di motivazione.
Inoltre, la Corte coglie l’occasione per ribadire un principio consolidato in tema di ricettazione: ai fini della condanna, non è necessaria la prova positiva che l’imputato non sia stato un concorrente nel reato presupposto (ad esempio, il furto). È sufficiente che non emerga la prova del contrario. Di conseguenza, l’argomentazione dell’imputato viene considerata infondata anche nel merito giuridico.
Il Secondo Motivo: Le Novità non sono Ammesse nel Ricorso in Cassazione
Anche il secondo motivo viene dichiarato inammissibile, ma per una ragione diversa: la novità della censura. La richiesta di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non era mai stata avanzata nel giudizio di appello. La legge (art. 606, comma 3, c.p.p.) stabilisce chiaramente che non possono essere dedotti in Cassazione motivi diversi da quelli enunciati nei motivi di appello.
La Corte sottolinea che, se una determinata norma (in questo caso l’art. 131-bis c.p.) era già in vigore al momento del giudizio di appello, la parte aveva l’onere di sollevare la questione in quella sede. Non avendolo fatto, ha perso la possibilità di discuterne in Cassazione. Il giudice di merito, inoltre, non ha l’obbligo di pronunciarsi d’ufficio su tale causa di non punibilità se non vi è una specifica richiesta di parte.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un vademecum su come non si deve impostare un Ricorso in Cassazione. Emerge con chiarezza che l’impugnazione di legittimità richiede:
1. Specificità: I motivi devono criticare puntualmente la sentenza di secondo grado, non limitarsi a ripetere argomenti già spesi.
2. Tempestività: Tutte le questioni giuridiche rilevanti devono essere sollevate non appena possibile, ovvero nel primo grado di giudizio utile. Introdurre ‘novità’ in Cassazione è una strategia destinata al fallimento.
3. Correttezza Giuridica: I motivi devono basarsi su solidi principi di diritto e sulla giurisprudenza consolidata.
In definitiva, il ricorso è stato respinto non perché le argomentazioni fossero necessariamente sbagliate nel merito, ma perché sono state presentate nel modo e nel momento sbagliato, a riprova del fatto che nel processo penale la forma è, molto spesso, sostanza.
Per una condanna per ricettazione, è necessario provare che l’imputato non ha partecipato al reato originario?
No, secondo la giurisprudenza consolidata, non è richiesta la prova positiva che l’imputato non sia stato concorrente nel reato presupposto. È sufficiente che non emergano elementi di prova che dimostrino il contrario, ovvero il suo concorso.
È possibile presentare un motivo di ricorso per la prima volta in Cassazione?
No, l’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale vieta di dedurre in Cassazione motivi che non siano già stati enunciati nei motivi di appello. La questione, se disponibile, deve essere sollevata nel grado di giudizio precedente.
Cosa succede se un motivo di ricorso è una semplice ripetizione di quanto già sostenuto in appello?
Il ricorso viene considerato inammissibile. I motivi devono essere specifici e configurarsi come una critica argomentata contro la sentenza impugnata, non come una mera e pedissequa reiterazione di doglianze già esaminate e respinte dal giudice precedente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22406 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22406 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PIEDIMONTE MATESE il 10/11/1989
avverso la sentenza del 31/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOMECOGNOME
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che deduce violazione di legge e difetto di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il delitto di cui all’art. 648 cod. pen., avendo l’odierno ricorrente concorso alla realizzazione del reato presupposto, non è consentito perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito a pag. 3 della sentenza impugnata, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso; in particolare, va rilevato come non risulta alcun inversione dell’onere della prova poiché, secondo i principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità e correttamente applicati dai giudici di merito, «ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione non occorre la prova positiva che l’imputato non sia stato concorrente nel delitto presupposto, essendo sufficiente che non emerga la prova del contrario» (ex multis: Sez. 2, Sentenza n. 4434 del 24/11/2021, dep. 2022, Desideri Rv. 282955 – 01);
considerato che il secondo motivo di ricorso, non è consentito in sede di legittimità perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pag. 2), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
che “in tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all’art. 606, comma terzo, cod. proc. pen., se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza impugnata, né sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilità” (Sez. 3, n. 19207 del 16/03/2017, COGNOME, Rv. 269913, Sez. 3 n. 19207);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, il 18 marzo 2025.