Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11856 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11856 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PATTI il 04/02/1977
avverso la sentenza del 18/04/2024 del TRIBUNALE di COGNOME
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG 39117/24 -Udienza del 26 febbraio 2025 -Consigliere COGNOME
Considerato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Patti, che, in parziale riforma della sentenza del Giudice di Pace di Naso, ha assolto l’imputato perché il fatto non sussiste per il reato di cui all’ad 612 cod.pen., mentre ha confermato l condanna per il reato di diffamazione.
Precisato che non si è tenuto conto della memoria depositata dal difensore della parte civile perché essa è stata depositata tardivamente, senza il rispetto del termine di cui all’ar 611, comma 1, ultimo periodo, cod. proc. pen. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, si tratta di un termine previsto a pena di decadenza che, ove non rispettato, determina l’impossibilità di considerare il contenuto degli atti intempestivamente depositati (Sez. 1, n 13597 del 22/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269673; Sez. 1, n. 8960 del 07/02/2012 , COGNOME, Rv. 252215).
Rilevato che il primo motivo di ricorso – con cui si lamenta violazione di legge per non avere il Tribunale operato una corretta valutazione circa l’effettiva portata offensiv dell’espressione ritenuta diffamatoria- è inammissibile perché mancava il corrispondente motivo di appello. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso perché non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttament omesso di pronunciare siccome non devolute con la dovuta specificità alla sua cognizione, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o ch sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (cfr. l’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. quanto alla violazione di legge; si vedano, con specifico riferimento al vizio di motivazione, Sez. 2, 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745 – 01; Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, COGNOME).
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso – che lamenta il mancato accoglimento della richiesta di assoluzione per particolare tenuità del fatto a norma dell’art 131 bis cod.pen. manifestamente infondato in quanto la causa di esclusione della punibilità richiesta non si applica ai reati di competenza del Giudice di Pace. Sul punto è ormai consolidato l’orientamento della Suprema Corte in questa direzione, data la specialità della disciplina contenuta nell’art.34 D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. Ciò infatti ha portato alla conclusione secondo cui, nel rapporto tra le due norme in questione, non deve farsi applicazione del criterio di specialità, ma deve piuttosto prevalere la peculiarità del complessivo sistema sostanziale e processuale introdotto in relazione ai reati di competenza del giudice di pace, nel cui ambito la tenuità del fatto svolge un ruolo anche in funzione conciliativa. (Sez. U, Sentenza n. 53683 del 22/06/2017, Rv. 271587 – 01, Sez. 5, Sentenza n. 54173 del 28/11/2016, Rv. 268754 – 01, Sez. 5, Sentenza n. 47518 del 15/09/2016, Rv. 268452 – 01).
Rilevato che il terzo motivo di ricorso – con cui ci si duole della omessa motivazione in merito alla richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti generiche – è parimenti inammissibile perché manifestamente infondato giacché la Corte di appello ha adeguatamente motivato sul punto, facendo riferimento agli indici di natura personale e fattuale che hanno imposto di non accedere al trattamento di favore. Tale interpretazione è ispirata alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il giudice, quando rigetta la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli ma può limitarsi a fare riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti (Sez. 3, 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane e altri, Rv. 248244). D’altra parte il ricorso è, in parte qua, inammissibile anche perché generico, in quanto non evidenzia .quali sarebbero i presupposti di fatto che il Tribunale avrebbe pretermesso e che, se considerati, avrebbero dovuto condurre alla concessione delle circostanze attenuanti generiche. Infine vi è anche da dire che la censura si risolve in una doglianza di ordine motivazionale, che non può trovare sede nel giudizio di appello per reati di competenza del Giudice di pace a norma dell’art 606 comma 2 bis cod. proc. pen.
Considerato che il quarto motivo di ricorso – che lamenta la mancata concessione della sospensione condizionale della pena e della non menzione – è inammissibile in quanto la sospensione condizionale della pena non può essere applicata ai reati del Giudice di Pace a norma dell’art.60 del d.lgs. 274/ 2000. Quanto alla non menzione, Sez. 5, n. 18259 del 23/01/2019 ,Rv. 276769 – 01 ha condivisibilmente sostenuto che, nel procedimento davanti al giudice di pace, l’istituto della non menzione non ha ragion d’essere, in quanto i relati provvedimenti non rientrano nel novero di quelli che devono essere riportati nel certificato penale.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La tardività del deposito della memoria della parte civile impedisce la condanna dell’imputato alla rifusione delle spese sostenute.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Nulla per le spese di parte civile.
Così deciso il 26 febbraio 2025
Il consiglier GLYPH stensore
Il Presidente