Ricorso in Cassazione: Quando e Perché Viene Dichiarato Inammissibile
Presentare un ricorso in Cassazione rappresenta l’ultima via di impugnazione nel processo penale, un momento cruciale in cui si può contestare una sentenza per soli motivi di legittimità. Tuttavia, la sua efficacia dipende da una formulazione rigorosa e pertinente. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come motivi di ricorso generici, errati o non specificati portino inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
I Fatti del Processo
Il caso in esame riguarda un imputato condannato in primo e secondo grado per il reato di sostituzione di persona, previsto dall’art. 494 del codice penale. Non soddisfatto della decisione della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, articolando tre distinti motivi di doglianza: il primo relativo a una presunta illegalità della pena, il secondo sulla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), e il terzo concernente il complessivo trattamento sanzionatorio.
L’Analisi della Corte sul Ricorso in Cassazione
La Corte di Cassazione ha esaminato i tre motivi, rigettandoli tutti e dichiarando il ricorso inammissibile. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa decisione, che costituiscono un vademecum per la corretta redazione di un atto di impugnazione.
Il Primo Motivo: L’Erronea Denuncia sull’Illegalità della Pena
Il ricorrente lamentava l’illegalità della pena inflitta, ma ha commesso un errore macroscopico: ha richiamato l’art. 8 del D.Lgs. 74/2000, una norma relativa ai reati tributari, del tutto estranea al reato di sostituzione di persona per cui era stato condannato. La Corte ha sottolineato come, anche a voler interpretare la censura come diretta all’art. 494 c.p., il motivo fosse manifestamente infondato. Il giudice di merito, infatti, aveva adeguatamente motivato la quantificazione della pena, esercitando la propria discrezionalità nel rispetto dei principi stabiliti dagli artt. 132 e 133 del codice penale.
Il Secondo Motivo: L’Aspecificità della Censura sulla Particolare Tenuità del Fatto
Con il secondo motivo, si contestava la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. La Corte lo ha giudicato ‘aspecifico’. Questo significa che il ricorrente non ha seguito le regole procedurali (art. 581 c.p.p.), omettendo di esplicitare in modo chiaro e puntuale il ragionamento della sentenza impugnata e le ragioni specifiche per cui lo riteneva errato. Invece di un confronto critico con la decisione, ha presentato un approccio soggettivo, insufficiente per attivare il sindacato di legittimità.
Il Terzo Motivo: L’Infondatezza del Vizio di Motivazione sul Trattamento Sanzionatorio
L’ultima doglianza riguardava il trattamento sanzionatorio nel suo complesso, in particolare il diniego delle attenuanti generiche. Anche questo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il giudice di merito non è tenuto a prendere in esame e a confutare ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole. È sufficiente che motivi la sua decisione basandosi sugli elementi ritenuti decisivi, la cui valutazione assorbe e supera implicitamente tutti gli altri.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte si fonda su principi cardine della procedura penale e del giudizio di legittimità. In primo luogo, la discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena è ampia e non sindacabile in Cassazione se la motivazione è logica e non contraddittoria. Criticare la pena senza evidenziare vizi logici evidenti o violazioni di legge si traduce in un tentativo, non consentito, di ottenere una nuova valutazione del merito.
In secondo luogo, la specificità dei motivi di ricorso è un requisito essenziale. Non basta esprimere un generico dissenso; è necessario un confronto argomentato con la sentenza impugnata, pena l’inammissibilità dell’atto. Infine, la Corte conferma che la motivazione sulla pena può essere sintetica, purché coerente con i criteri di legge.
Conclusioni
L’ordinanza in esame è un monito sull’importanza della precisione tecnica e della pertinenza giuridica nella redazione di un ricorso in Cassazione. Errori normativi, critiche generiche e la mancata aderenza ai requisiti formali non solo rendono l’impugnazione inutile, ma comportano anche conseguenze economiche significative per il ricorrente, condannato al pagamento delle spese processuali, di una sanzione alla Cassa delle ammende e alla rifusione delle spese della parte civile.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati giudicati manifestamente infondati (basati su norme errate o su critiche generiche non ammesse in sede di legittimità) e aspecifici (privi di un confronto critico e dettagliato con la decisione impugnata, come richiesto dalla legge processuale).
Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘aspecifico’?
Significa che il ricorrente non ha spiegato in modo chiaro e puntuale le ragioni per cui contesta la sentenza della Corte d’Appello. Invece di una critica argomentata e basata sulla decisione stessa, ha presentato un approccio soggettivo e generico, violando il requisito di specificità dei motivi previsto dall’art. 581 del codice di procedura penale.
Il giudice di merito deve giustificare ogni singolo aspetto della pena?
No. Secondo la giurisprudenza costante della Corte di Cassazione, il giudice di merito, nel motivare la pena e il diniego delle attenuanti generiche, non è obbligato a considerare analiticamente tutti gli elementi presentati dalle parti. È sufficiente che fondi la sua decisione su quelli ritenuti decisivi, poiché tale valutazione assorbe e supera implicitamente tutti gli altri.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6030 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6030 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GELA il 15/11/1963
avverso la sentenza del 21/06/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
‘.
Ritenuto che NOME NOME NOME ricorre avverso la sentenza Corte di Appello di Bologna che ha confermato la condanna dell’imputato per il reato di sostituzione di persona (artt. 81 e 494 cod. pen.)
Lette le conclusioni e nota spese del difensore e procuratore speciale, avv. NOME COGNOME pervenute in data 20 dicembre 2024 nell’interesse della costituita parte civile;
Considerato che il primo motivo- con cui il ricorrente denunzia violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’illegalità della pena – è manifestamente infondato atteso che il ricorrente non solo erroneamente richiama l’art.8 del D.Igs. 74/2000 laddove si procede per il reato di cui all’art.494 cod. pen., ma anche considerando la censura come rivolta all’art. 494 cod. pen. anche in tal caso è manifestamente infondato non ravvisandosi una ipotesi di pena illegale: con motivazione esente dai descritti vizi logici, il giudice di merito ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si veda, in particolare, pag. 4) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini dell’affermazione della responsabilità; secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.
Considerato che il secondo motivo – con cui il ricorrente denunzia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’art. 131bis c.p. – è aspecifico in quanto il ricorrente ha mancato di adeguarsi all’attuale disposto di cui all’art. 581 cod. proc. pen., perché ha seguito un proprio approccio critico, omettendo, tuttavia, di esplicitare il ragionamento sulla cui base muoveva censure alla decisione avversata.
Considerato che il terzo motivo – con cui il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al complessivo trattamento sanzionatorio è manifestamente infondato in (si veda pag. 4 della sentenza impugnata) in presenza di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826 – 01; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane e altri, Rv. 248244).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
Alla pronuncia consegue anche la condanna alla rifusione delle spese di parte civile, liquidate come da dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, il ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi euro 1500,00, oltre accessori di legge.
Il con e estensore
Così deciso il 15 gennaio 2025
Il Presiderte