Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24023 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24023 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BATTIPAGLIA il 18/03/2003
avverso la sentenza del 23/09/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME nonché la memoria tardivamente depositata in data 28/05/2025;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, in punto di prova della penale responsabilità per il reato di cui agli artt. 110 e 628, primo e terzo comma, cod. pen., oltre ad essere privo dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen., non è consentito in questa sede;
che, invero, la mancanza di specificità dei motivi deve essere apprezzata non solo intrinsecamente, ovverosia per la genericità e indeterminatezza delle ragioni di fatto e diritto a sostegno della censura, ma anche estrinsecamente, per l’apparenza degli stessi allorquando, non essendovi correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione e/o risolvendosi nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, omettano di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, inoltre, le doglianze difensive tendono a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01), in presenza di una motivazione logica, articolata e ricostruttiva, in modo del tutto privo di aporie, del quadro indiziario convergente a carico del ricorrente;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente vagliato e disatteso, con argomentazioni esenti da criticità giustificative, le doglianze difensive dell’appello, meramente riprodotte in questa sede (si vedano, in particolare, pagg. 5 – 7 sulla pienezza di prova del concorso nella rapina, con considerazione specifica delle doglianze difensive ed analisi coordinata e unitaria della prova indiziaria a carico del ricorrente, in assenza di elementi a supporto della versione alternativa);
osservato che il secondo motivo di ricorso è del tutto generico, mancando qualsiasi confronto con la motivazione della sentenza ha chiarito come l’esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 112, n.4, cod. pen. non incide quoad ad poenam, attesa la ricorrenza delle altre circostanze aggravanti contestate, con particolare riferimento all’uso dell’arma; motivazione che si caratterizza perché corretta in diritto ed immune da manifesta illogicità, sicché deve essere ribadito il principio di diritto secondo il quale nel giudizio di cassazione è comunque
inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico
(Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 39716 del
12/07/2018, COGNOME Rv. 273819-01, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del
27/04/2017, COGNOME Rv. 271243-01; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014,
COGNOME, Rv. 259142-01);
considerato che la memoria del 28/05/2025 è tardiva e non deve essere
conseguentemente esaminata;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, il 3 giugno 2025.