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Ricorso in Cassazione: i motivi contro il 599-bis

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso proposto contro una sentenza di condanna per reati legati agli stupefacenti, emessa a seguito di ‘concordato in appello’ (art. 599-bis c.p.p.). La Corte chiarisce che il ricorso in cassazione è limitato a specifici vizi procedurali e non può riguardare motivi di merito rinunciati con l’accordo, confermando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: i limiti dopo il concordato in appello

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11867/2024, ha ribadito i confini molto stretti entro cui è possibile presentare un ricorso in cassazione avverso una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, ovvero il cosiddetto “concordato in appello”. Questa pronuncia chiarisce che, una volta raggiunto un accordo sulla pena, le possibilità di impugnazione si riducono drasticamente, limitandosi a vizi specifici legati alla formazione dell’accordo stesso.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato condannato per reati previsti dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, d.P.R. 309/1990). La sentenza impugnata era stata emessa dalla Corte d’Appello di Bari a seguito di un accordo tra l’imputato e la Procura Generale, secondo la procedura del concordato in appello. Nonostante l’accordo, l’imputato ha presentato ricorso alla Suprema Corte, lamentando vizi relativi alla motivazione sul trattamento sanzionatorio e sull’affermazione della sua responsabilità penale.

I limiti del ricorso in cassazione contro il concordato

La questione centrale affrontata dalla Corte è la seguente: quali motivi possono essere validamente presentati in un ricorso in cassazione contro una sentenza che ratifica un accordo tra le parti? La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che l’ambito di impugnazione sia estremamente limitato. Accettando il concordato, infatti, l’imputato rinuncia implicitamente a far valere la maggior parte delle doglianze che avrebbe potuto sollevare in un appello ordinario.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale ha dichiarato il ricorso inammissibile perché basato su motivi non consentiti. I giudici hanno spiegato che un ricorso contro una sentenza ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo se contesta:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Difetti nel consenso del Procuratore Generale alla richiesta.
3. Un contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Sono invece inammissibili le doglianze relative a motivi a cui si è rinunciato con l’accordo o alla mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.). L’unica ulteriore eccezione riguarda vizi che attengono alla determinazione della pena e che si traducono in una sanzione illegale, non semplicemente in una pena ritenuta eccessiva.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, la Corte ha sottolineato che le uniche censure proponibili sono quelle che riguardano la correttezza procedurale che ha portato all’accordo e la sua fedele trasposizione nella sentenza. Il ricorrente, nel caso di specie, aveva invece tentato di rimettere in discussione il merito della vicenda, ovvero la valutazione della sua responsabilità e l’adeguatezza della pena, argomenti che si considerano superati e rinunciati proprio in virtù dell’accordo raggiunto. Citando precedenti conformi (Sez. 2, n. 30990/2018 e Sez. 2, n. 22002/2019), la Suprema Corte ha ribadito che il patteggiamento in appello cristallizza la situazione processuale, precludendo un riesame del merito in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La decisione in esame ha un’importante implicazione pratica: chi sceglie la via del concordato in appello deve essere pienamente consapevole che sta barattando la certezza di una pena concordata con la quasi totalità delle proprie facoltà di impugnazione. Il ricorso in cassazione non può diventare uno strumento per rimettere in discussione l’accordo raggiunto. La sentenza viene quindi blindata, salvo che non emergano gravi vizi procedurali nella sua formazione o un’evidente illegalità della pena inflitta. Di conseguenza, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a sanzione della temerarietà del suo ricorso.

È sempre possibile presentare ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa dopo un ‘concordato in appello’?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammesso solo per motivi molto specifici, come vizi nella formazione della volontà delle parti, nel consenso del Procuratore Generale o se la decisione del giudice è difforme dall’accordo. Non si possono contestare questioni di merito a cui si è rinunciato.

Quali sono i motivi non ammessi per un ricorso in Cassazione contro una sentenza ex art. 599-bis c.p.p.?
Sono inammissibili i motivi relativi a questioni di merito rinunciate con l’accordo, come la valutazione della responsabilità o l’adeguatezza della pena. È inammissibile anche la doglianza relativa alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p.

Cosa succede se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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