Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 227 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 227 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANIA il 23/06/1977
avverso la sentenza del 31/01/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che sia il primo motivo di ricorso – con cui la difesa deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’ipotesi della “desistenza”, di cui all’art. 56, comma 3, cod. pen. -, è manifestamente infondato avendo la Corte territoriale correttamente dato séguito ai principio di diritto, più volte ribadito d questa Corte, secondo cui nei reati di danno a forma libera, come l’estorsione, la desistenza volontaria, che presuppone un tentativo incompiuto, non è configurabile una volta che siano posti in essere gli atti da cui origina il meccanismo causale capace di produrre l’evento, rispetto ai quali può operare, se il soggetto agente tiene una condotta attiva che valga a scongiurare l’evento, la diminuente per il cosiddetto recesso attivo (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 16054 del 20.3.2018, Natalizio; Sez. 2, n. 51514 del 5.12.2013, COGNOME, Sez. 5, n. 50079 del 15.5.2017, COGNOME; Sez. 5, n. 18322 del 30.1.2017, COGNOME; Sez. 2, n. 24551 dell’8.5.2015, Supino, Rv, 264226; Sez. 2, n. 16054 del 20/03/2018, Natalizio, Rv. 272677 – 01);
rilevato che, in ogni caso, la Corte d’appello ha motivato sul punto (cfr., pag. 6 della sentenza) dando conto del fatto che la richiesta estorsiva era già pervenuta alla vittima anche con toni ultimativi (cfr., ivi) dovendosi perciò ritenere già in quel momento superata la soglia del tentativo punibile;
considerato che il secondo motivo del ricorso è a sua volta formulato in termini non consentiti in sede di legittimità risolvendosi in una difforme interpretazione degli elementi probatori acquisiti rispetto a quella sposata dai giudici di merito che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ravvisare gli elementi costitutivi della fattispec incriminatrice contestata; né è consentito al giudice di legittimità procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata ovvero l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, anche qualora indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati da giudice del merito (cfr., Sez. 6 – , n. 5465 del 04/11/2020, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507; cfr., ancora, Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, COGNOME, Rv. 234148);
ritenuto, in particolare, che i giudici d’appello (cfr., pag. 4 della sentenza) hanno motivato in termini insindacabili in questa sede circa l’identificazione dell’odierno ricorrente essendo d’altra parte appena il caso di ribadire che, ai fini dell’identificazione degli interlocutori coinvolti in conversazioni intercettate,
giudice ben può utilizzare le dichiarazioni degli ufficiali e agenti di polizia giudiziar che abbiano asserito di aver riconosciuto le voci di taluni imputati, così come qualsiasi altra circostanza o elemento che suffraghi detto riconoscimento, incombendo sulla parte che lo contesti l’onere di allegare oggettivi elementi sintomatici di segno contrario (cfr., Sez. 2, n. 12858 del 27/01/2017, COGNOME, Rv. 269900 – 01; Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013, COGNOME, Rv. 259478 – 01; cfr., anche, Sez. 6 – , n. 27911 del 23/09/2020, COGNOME, Rv. 279623 – 01; Sez. 5 – , n. 20610 del 09/03/2021, COGNOME, Rv. 281265 – 01, in cui la Corte ha spiegato che, in tema di intercettazioni telefoniche, qualora sia contestata l’identificazione delle persone colloquianti, il giudice non deve necessariamente disporre una perizia fonica, ma può trarre il proprio convincimento da altre circostanze – quali i contenuti delle conversazioni intercettate; il riconoscimento delle voci da parte del personale della polizia giudiziaria; le intestazioni formali delle schede telefoniche – elementi tutti che consentano di risalire con certezza all’identità degli interlocutori, mentre incombe sulla parte che contesti il riconoscimento l’onere di allegare oggettivi elementi sintomatici di segno contrario);
ritenuto che, pertanto, in particolare, pur avendo formalmente lamentato vizi riconducibili alle categorie di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., l difesa finisce per contestare l’esito della valutazione delle prove acquisite rappresentando, così, una diversa lettura dei dati processuali e un diverso giudizio di rilevanza e attendibilità delle fonti di prova (con particolare riferimento al valore di prova diretta attribuito dai giudici di merito al riconoscimento della voce del ricorrente compiuto dal sovraintende, e poi avallato dall’apposito accertamento tecnico), che, invece, esulano dal sindacato rimesso a questa Corte, dovendosi a tal riguardo sottolineare come il controllo di legittimità concerne il rapporto tra motivazione e decisione, e non già il rapporto tra prova e decisione, sicché non sono consentite tutte quelle censure che sollecitano un differente apprezzamento dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, dell credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento, poiché tutto ciò è “fatto”, riservato al giudice del merito (così, efficacemente, Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965; nel medesimo senso, da ultimo, v. Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna dell, ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
dichiara inammissibile il ricorso e condannala ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso, in Roma, il 3 dicembre 2024.